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12 ott 2017

"Refoli di parole" di Elvio Angeletti: la preziosa semplicità dell'autentica poesia



“Tra i respiri della natura
    mi porgo, aspettando
      caldi refoli di parole
       che mi tolgano
la maglia grigia dell’inverno!”



Un ritratto di fanciulla sfumata ed eterea, dell’artista Cesy Miriel Ciotti, apre la nuova silloge poetica di Elvio AngelettiRefoli di parole”(INTERMEDIA Edizioni) i cui versi mostrano palesemente una preziosa semplicità di un’atmosfera quasi magica, fortemente empatica.
Il refolo è sinonimo di soffio e di conseguenza dello Spirito, dell’influsso spirituale di origine celeste che improvviso si alza o si placa, generando nell’intimo del poeta, il Verbo; esso è il sovrano del campo sottile, intermediario tra la terra e il cielo, penetra, infrange e purifica “Ho creato un’immagine/fatta di parole e di sogni/ che fulgidi rapiscono i respiri”.
Una versatilità che non si fissa su particolari tematiche e non impone a un percorso di vita alcuna regola né costrizione ma lo vive in tutte le sue manifestazioni, non esitando ad avvolgerlo in un alone di poesia. Ogni verso riconduce al sollievo, a un’emozione gioiosa o sofferta nonché al ricordo “Il vivere mio sarà un ritornello/che ricorderà tutti i giorni/chi mi ha regalato una carezza”ove l’io poetico parla di sé ma è perfettamente in grado di parlare per tutti, sconfigge il tempo e lo ferma con grazia “ Nei momenti/dei miei giorni senza confini/sbaraglio i battiti del tempo[,]/come chiodi appesi nel vuoto/a sostenere la mia mente assonnata”.
In ogni lirica, stile e linguaggio sono visivi e descrittivi, misurano una profonda umanità, sottolineano un alto valore di simbolo morale ed evidenziano quella compostezza formale propria della personalità di Elvio Angeletti . Ciò che maggiormente si evince è che in tale poetica la ragione del sentimento è ben determinata a farsi valere, cercando nelle estasi segrete dell’anima qualunque battito, colore o luce che attenui l’angoscia mentale di quanto nel mondo possa indebolire la nostra serenità. Il poeta non fugge dalle amarezze cosmiche ma riesce a trasfigurarle in autentica poesia e coerenza figurativa, scegliendo parole e aggettivi che evocano profumi e istantanee di condivisa intimità. Le parole nascono e si rafforzano dall’introiezione dei diversi aspetti della natura, conferendo al verso uno strano fascino e una grande suggestione.
Credo fermamente che la poesia per Angeletti sia un’ancora di salvezza poiché, rimodellando su proprie immagini ideali il suo senso, a volte di frustrazione, la stessa diviene terreno fertile per risposte semplici a interrogativi esistenziali, in una struttura meno possibile articolata e dunque comprensibile al massimo.
Non meno importante è l’elemento spirituale che pervade la silloge. Infatti, secondo l’esperienza religiosa, la divinità può apparire accompagnata dal dolce mormorio  del vento o nel fragore della tempesta “Mi tolgo/il cappello e le scarpe/ e guardando il soffitto/cerco una preghiera”. Quello spazio vuoto ove soffia il vento è un potente simbolo di energia; è nella trasformazione del vento che nasce una nuova luce, risplende e dilegua le tenebre.  
Mi sovviene una stupenda citazione della poetessa Alda Merini: “la poesia è la pelle del poeta”e  trovo che sia un riferimento perfetto per tale personalità di artista sensibile ed emotivamente attento al vagheggiamento della bellezza e del sogno, in cui egli ama indugiarsi con profonda armonia e  particolare simbiosi; allo stesso tempo, mi piace pensare che possa avere una qualche parentela di pensiero e di spiritualità con il libanese Khalil Gibran.




10 set 2017

"Versi d'autunno" di Antonio Damiano: una stagione che incede silenziosa fuori e dentro di noi





“Fa' così, caro Lucilio: rivendica a te il possesso di te stesso, e il tempo, che finora ti veniva sottratto apertamente, oppure rubato, oppure ti sfuggiva, raccoglilo e conservalo”


(Seneca - Il valore del tempo- Epistula ad Lucilium, 1)






Versi d’autunno” (Genesi Editrice- marzo 2016) è una silloge poetica di Antonio Damiano che ha meritatamente conseguito il 1° Premio dell’Area poeti della tradizione, alla V Edizione del Concorso Letterario “I Murazzi” di Torino. Si tratta di un’opera eccellente, ricca di maturi spasimi e attese crepuscolari, in un attento scandaglio interiore verso un consapevole bilancio di un vissuto che si dipana nel tempo e scorre come “solinga attesa”:“La vita è già passata[;] è già oltre[…]Ma cosa mai posso fare[…]così vecchio[,]/Così stanco[…]”.
Attraverso l’intera poetica si profilano continui, il senso della caducità della vita, degli sforzi umani e un rapido trasformarsi di ogni esperienza, percepita con travolgente trasporto nella costante e inestinguibile emozione del ricordo. Per originaria accezione, nella parola “autunno” risuonano sia la lentezza irrimediabile di luci sparenti, di cieli amplissimi che si spengono sia il godere del nostro tempo migliore, quello della pienezza dell’essere; una stagione che incede silenziosa fuori e dentro di noi di cui il poeta si rende cantore. Dal fluire e svanire delle cose si alza, unica, anelata fonte di salvezza e d’eternità l’Arte, intesa come creazione poetica; in essa implodono tutti i tormenti e tutte le estasi, mettendo a nudo il sentimento più intimo del poetaOgnuno ha un’isola nel cuore [,] un’Itaca/Lontana[,]che traluce nei suoi occhi/Sospesa nel ricordo[.] E lo accompagna[…]”.
Il Nostro si sente pervaso dalla lacerante coscienza di avere ormai irrimediabilmente dietro di sé quell’Eden di intatta innocenza, di totale identità tra io e natura, di perfetta comunione tra fantasia e realtà, al quale da adulti si cerca sempre, ahimè senza speranza, di fare ritorno “ Non c’è ritorno verso quello che vorrei[,] / Che riluce nei miei occhi con immagini/ Beate dell’implume primavera[.] / E nube senza vento ristagna sui miei giorni[,] / Offuscando il tempo dell’immemore stagione”.
La natura si mitizza nella memoria e assurge a serbatoio di purezza incontaminabile, perpetua promessa di conforto persino alle incongruenze inferte dallo scambio sociale.
Sfondo privilegiato è la Campania, sua terra d’origine: riserva di bellezza con i suoi paesaggi e tradizioni, che nel verso ritornano attraverso la voce della saggezza, per ricomporre frammenti e smorzare l’angoscia di un allontanamento che la vita ha imposto ma che è anche occasione di raccoglimento, garante di autenticità e distanza salutare dall’inevitabile grigiore della routine quotidiana, in un “perenne divenire”… “La stagione appen si muove nei suoi lenti/Mutamenti [;] cresce e si distende[,] cangia/ E trascolora[…]”.
Il verso, ritmato delicatamente dalla pulsione al ritorno e un io poetico depositario della memoria, sottolineano la fugacità e la precarietà dell’esistenza umana: “È il Tempo il signore della vita”. Appaiono evidenti i richiami al “Sentimento del Tempo” ungarettiano mentre la particolare nostalgia, rappresentata dal ricordo della giovinezza trascorsa, le relazioni intersoggettive e il nido familiare, rimandano alla pascoliana “Myricae”.
Lo stile è contrassegnato da grande raffinatezza formale e si esplica in una puntigliosa fedeltà al ritmo e all’impasto musicale con frequenti enjambements, di qui un verso lungo segnato da naturali e armoniose cesure che ascrivono questa silloge tra le migliori nella vastità delle opere poetiche contemporanee. La continuità degli echi, la multiforme e sfaccettata vitalità di spunti e voci creano un universo elegiaco dove la desolazione del presente, accompagnata dallo spirito malinconico del passato, ricorda le liriche di stampo ovidiano.
Per cogliere al meglio il segreto della poetica di Damiano, occorre avvicinarsi al suo con-sentire, cioè sentire insieme agli altri, presago di un indebolimento dell’individuo di fronte all’incombere di una decadenza di valori, prediligendo i più elevati beni intrinseci verso un anelito di fraterna intesa umana, che possano contrastare le paurose incognite di un’epoca distratta e disorientata. Non esiste un vero e proprio antidoto alla nostalgia, il poeta è più che consapevole delle tante malinconie che ritornano, che danno il senso, non della perdita, ma di quell'eterna ciclicità di cui tutti facciamo parte e a cui tutti tendiamo. La stanchezza crepuscolare non si delinea come un segno di sconfitta e di rinuncia ma si dissolve in un’aurea di sofferta dignità, in attesa di raggiungere quella “terra promessa”… “Allorquando la luce terrena si spegne”. Il poeta sembra chiudersi in se stesso, non più desideroso di udire i rumori del tempo, eppure questo tempo non lo trova distratto  o indifferente, al contrario: i suoi versi tendono a disseppellire quella fede che dona a ogni uomo la possibilità di sollevarsi al di sopra del mondo e delle sue miserie, per comprendere meglio la vita ed anche la morte.







30 giu 2017

L'eterno viaggiatore di Emanuele Aloisi: sfide e prove degli eroi di ogni tempo



Rotta rischiosa è la vita; noi spesso in balìa di tempeste
traversiamo momenti più tristi di un naufragio.
E mentre sta la Fortuna al timone del nostro destino,
senza certezza, come sul mare, navighiamo;
è per taluni felice il viaggio, cattivo per altri,
ma tutti approderemo al sotterraneo porto.”


(“ Il nostro viaggio” epigramma di Pallada di Alessandria)




L’opera “L’eterno viaggiatore” di Emanuele Aloisi, recentemente pubblicata con la Casa Editrice Kimerik, è un componimento poetico d’impronta classica, un poemetto diviso in  dodici canti e, quantunque sia difficile collocarlo in uno specifico genere letterario, rievoca la tradizione orale dell’epica e dell’epigramma, con accenni alla poesia didascalica.
Il mito, i simboli e gli archetipi della ricerca interiore in un verso che, a fronte di una soggettività poetica, si snoda lungo i tópoi del viaggio e dei suoi tanti eroi, tematiche care all’arte greca e latina, quali strumenti di esortazione e di riflessione sulla propria e altrui esistenza nonché sul senso della vita e del perché accadano tristi frangenti “Ardito viaggia il peregrino eroe/ alla scoperta di se stesso […]”. Il poeta, con animo commosso ed empatico ascolto, dà voce a tragici eventi dell’umanità, passati e presenti, spinto da un senso di fraterna carità verso i deboli e i derelitti di ogni epoca.
Partendo dall’ardito peregrinare di Ulisse, eroe epico per eccellenza, il Nostro tocca luoghi e attraversa cronologie  storiche, utilizza realtà e simbolo per tratteggiare le sfide e le prove con cui gli eroi di ogni tempo s’imbattono. Le sue liriche si affidano soprattutto alla forza delle immagini, profuse di quei moti dell’animo che affrontano profonde questioni morali quali i peggior mostri della vita: Olocausto e campi di concentramento, sacrificio dei cristiani, guerre, oppressioni fino agli accadimenti dei nostri giorni: terremoti, calamità naturali, emergenza dell’immigrazione, sconforti e precarietà “Anonimo l’eroe[,] cha ha sulla pelle/ un numero cifrato[…]” “ […] la scia di sangue nel destino/di un pesce gigantesco che sprofonda[…]”. Supportato dalla brevitas del componimento, il poema intende evocare sentimenti ed emozioni profonde, identificandosi con la modernità e la sottigliezza di una forma espressiva ricca di sottintesi e di sfumature ove pathos e pietas si fondono per dar vita a una colorita e viva metafora della vita; un complicato e imprevedibile itinerario di un tempo dato all'uomo per la conquista della vera immagine di sé, attraverso il mistero delle umane sorti. C’è solo la necessità di sopravvivere e l’approdo è solo una speranza per coloro che la vita usa per un proprio disegno, spesso oscuro a tutti salvo che alla Divina Provvidenza []ascende al cielo tra le braccia aperte/di un padre lieto di abbracciare il figlio/e togliergli l’arpione dal suo collo”.
L’eterno viaggiatore è un’opera raffinata e preziosa in cui la pregnanza di ogni singolo verso, comprensivo e universale, contiene anche un alto valore pedagogico, di fresca originalità e rilevanza formale su temi di vasta portata. Un plauso a Emanuele Aloisi per questa sua esperienza letteraria particolarmente elaborata, segno di una personalità di eccelsa sensibilità oltre che risultato tangibile di una cultura umanistica e di una grande passione per la poesia, consegnando al lettore mirabili squarci di dolore e di umano compianto senza mai abbandonare la fiducia e la speranza di poter superare anche il più aspro dei destini

22 giu 2017

" La panchina innamorata" di Maria Giovanna Bonaiuti, una poetessa che intinge la penna nella solitudine e raggiunge l'armonia





La raccolta in versi “La panchina innamorata” (Writerseditor) di Maria Giovanna Bonaiuti, poetessa e scrittrice di origini toscane ma residente nella città marchigiana di Fermo, offre uno spaccato significativo di come la presenza misteriosa e complessa della natura con i suoi tanti abitanti senza voce, possa attivare l’immaginazione e acuire i nostri sensi. La sua figura ondeggia dinanzi alla nostra fantasia, apparendoci ora una donna malinconica e nostalgica, ora una vera e propria “guerriera della luce” coelhiana, per la quale la semplicità e l’ umiltà sono l’espressione di una poetica di grande etica e rispetto verso l’uomo e l’intero universo. Una panchina di pietra è simbolicamente il punto di osservazione o, probabilmente, di attesa di un tempo dedicato all’amore e alla bellezza di quelle piccole cose che divengono grandi e frutto di speranza quando il sentiero della vita vacilla “Sulla panchina[,]logora di infinite storie/narrate da rari passanti sgomenti[,] c’è scritto[:] /”SEI MIA”.
La nota distintiva dei versi è data dalla fusione di motivi intimistici più volte reiterati, quali la solitudine e la fragilità, con l’idea dello spirito di spaziale evasione e insieme di umano approfondimento, suggerita dal leggero respiro paesaggistico e dalla confortante presenza degli animali “ […]L’ho visto[:] / era lì[,] un piccolo pipistrello aggrappato alla tenda del balcone[…] /Stelle vagabonde del cielo lo avevano accompagnato perché/accarezzasse lievemente la mia solitudine”.
Il linguaggio, tra fughe e ritorni, risalta una fitta galleria di alberi, fiori e animali. In ogni poesia trionfa la tendenza pascoliana a sentire gli animali non in quanto simboli o soggetti estetici ma come veri e propri beniamini e confidenti, perfetti mediatori tra la realtà umana e la realtà divina nonché amici con cui condividere un cammino “ Mi attende l’amico gufo[,] / con i suoi grandi occhi sorridenti”.
Uno stile denso e sinuoso, segnato da naturali e musicali cesure ove si concentrano anche esperienze arieggianti i moduli tipici della sofferenza leopardiana, da cui si generano sentimenti di solidarietà e fratellanza verso gli altriVorrei spegnere il sole con un secchio di/acqua zuccherata[,] per vedere gli uomini/che corrono in questa dolce pioggia”.
L’inclinazione della poetessa all’osservazione si esercita a intuire i particolari più minuti, le sensazioni più sottili, le atmosfere più rarefatte,  in un quadro quanto mai poetico, pregio della perspicuità di un sublime raggiunto con la massima tenuità di voce  e suoni “ Sono viandante della mia solitudine[,] /cammino con le mani in tasca/ per contrade lontane dalla mia anima[.] /Mendicante di bellezza[,] / raccolgo lacrime cadute alle stelle[…]
Versi intrisi di struggente malinconia lambiscono i ricordi; come “scritte indelebili” nel vagheggiamento passionale e romantico di una vita intera, mescolano amore e nostalgia, con atteggiamento, in fondo, abbastanza semplice in sé ma preziosamente elaborato con riferimenti metaforici. La Nostra li sviscera e li matura con fiamma sottile che sembra affocare le immagini di quel “balcone dei ricordi” che abita il cuore e la mente. La “terrazza sui tetti” è luogo privilegiato dell’anima, un “ripostiglio segreto”dove trovano riparo sicuro i sogni, “quelli irrefrenabili, inconfessabili, inarrestabili” e che non muoiono mai.
Maria Giovanna Bonaiuti coglie il mistero che si nasconde dietro le apparenze di un passato-presente e attende un “pugno d’azzurro” che stemperi i giorni e le notti più tristi,  intingendo la penna nella solitudine degli avvenimenti, delle passioni, degli affetti che hanno animato la propria vita.
I poeti, in fondo, sono messaggeri di armonie, virtù e speranze vissute in silenzio, quali risposte di una creativa solitudine, come suggeriscono gli stessi versi della grande poetessa americana Emily Dickinson: "Forse sarei più sola/ senza la mia solitudine".



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15 giu 2017

"Dimmi le parole" di Marco Fortuna - Una geometria dell'anima attraverso il tempo e lo spazio



“ Raccolgo in me mille soli,
che riemergono per solcare il limite del mio sguardo,
custode ramingo
del mio museo interiore



Dimmi le parole” di Marco Fortuna (Italic 2017) è una silloge poetica che fin dai primi versi ci offre un preciso ritratto dell’autore, poeta essenziale nonché uomo composto e riservato.
La sua poesia è un viaggio e i versi sono guida illuminata ove la parola, pervasa a tratti da un’alta liricità, adombra quella sottile trama di pensiero malinconico e senza una mappa preordinata conduce l’io poetico verso regioni dove ha fine lo stato di destabilizzazione di un vissuto, alla ricerca di uno sguardo soddisfatto e pago “ Come possono le mie parole uscire da questo labirinto/[di pensieri”. Il Nostro si sofferma e sosta sulle cose non su chi le possiede “Vedo la spiaggia come un mercato ricco di cose e povero/ di gente [,]/ con i gabbiani che a un tratto mi volano nel cuore”, toccando la soggettività dell’immagine poetica e degli echi che ogni suo verso genera nell’intimo dell’individuo, in cui le emozioni accelerano o smorzano incanti e disincanti di esperienze personali. Una vera e propria geometria dell’anima attraverso il tempo e lo spazio ove la contemplazione della bellezza è un varco, una tensione all’infinito in cui erra lo spirito umano.
Una forte carica espressiva è qui segno di una visione del mondo pacata che rifugge da tinte accese o violente e da forti contrasti mentre un intero mondo interiore si concreta in poesia che non sia un’arma bensì canto nel quale l’uomo si racconti, si plachi, si rassereni mentre la parola pregna di un potere incantatore diventi speranza di uscire dal buio, dal torbido alla luce, lungo le ali del tempo e oltre ogni spazio. Una poesia sempre in divenire  che è espressione immediata di perdurante efficacia sulla sensibilità umana.
Balenano alla fantasia del poeta paesaggi spirituali amplissimi; dalla segrete e dalle non più controllate profondità del suo spirito, irrompono intuizioni inattese, accostamenti di mondi di pensiero e di fedi diverse proiettate verso una lontana armonia “Ma da lontano e dal profondo qualcuno[,]/con forza sovrumana],[/preme sul foglio mentre scrive il mio nome[,]/mentre io rimango tra voi nell’attesa di una liberazione”.
Uno stile personalissimo per una poetica autobiografica, sincera, senza fronzoli e orpelli. Il verso è incentrato sul fluire spontaneo e si trasfigura in poesia della vita; la forma introspettiva fa leva sul valore evocativo, quasi magico, della parola, sulla sua suggestione fonica, sulle tante sfumature musicali e sul simbolismo “ Cadono sul nostro petto gli anni[,] come pioggia[…]”.
Una poetica dolce e delicata e allo stesso tempo incisiva, che eleva il linguaggio a una nuova altezza, supera il suo compito comune e diventa col suono e l’accento in essa, il mezzo per indagare  la psicologia umana, il dolore, la gioia, gli affetti familiari, persino l’amore per la propria donna.
Ritengo che i versi di Marco Fortuna qui raccolti  possano assurgere a quel carattere stilizzato di mediazione poetica quale migliore e costante richiamo dell’attenzione del lettore e di ogni sua vibrazione intima.



5 mag 2017

"Mare mosso, l'imaginoso" di Maria Luisa Mazzarini- Profondità e mistero dell'animo umano

[…] “su tracce d’inchiostro/di poesie/di foglio bianco aperto all’infinito[.]”


Mare mosso, l’imaginoso” è la recente raccolta poetica di Maria Luisa Mazzarini, edita da  EEE-book Edizioni. Leggendo quest’ultima opera si avverte la sensazione di passeggiare a braccetto con la poetessa tra scenari in piena esaltazione della memoria e dell’immaginazione, con lo sguardo innocente di una bimba, desiderosa di scoprire realtà nuove a ogni passo ”Ci ferma la bonaccia[,]/ asciughiamo le penne sulla ghiaia[.]/E le parole/raccontano di frammenti di luce/da abbracci d’acqua/e infuocata sabbia]…]”
Ritorna il tema dominante del mare e del mormorio delle acque, in singolare affinità coi movimenti elementari della attività della natura, attimi privilegiati di un’inconfondibile voce, di una cultura, di uno stile. Una poetica che si affaccia estasiata ovunque e che si ritrova nel suono di ogni luogo, a contatto con visuali che sono sorgenti di creatività; le parole danzano come note su un pentagramma e come fili di una tela intrecciano immagini che giocano abilmente tra metafore e simbolismi. La poetessa riesce sempre a stupirci con la sua potenza onirica, quasi funambola, di riconciliazione fra l’io e il mondo, fra l’arte e la vita.
Il mare, come ogni elemento fluido, sta a significare la profondità e il mistero dell’animo umano nonché manifestazione del tempo e di quell’intimità strettamente in contatto con emozioni latenti, celate o tenute a freno(Chi siamo?)/ Angoscia, inquietudine, sgomento[. ]”
Le citazioni di poeti e scrittori stranieri, all’inizio di ogni capitolo, lasciano cogliere nuovi spunti per le liriche che seguono, dalla struttura e dal linguaggio vividi e unici. Nel suo ordine fantasioso, il verso breve e sciolto impone più volte una sosta, mentre aggettivi espressivi sollecitano la poetessa a dare libero sfogo all’estro creativo, quale dono speciale e ispirazione dei suoi stessi sogni “in brulichio di stelle/ [-] punti nel buio[-] come i nostri sogni/ di Magia[,]”.
La poesia per Maria Luisa Mazzarini è integrazione completa della sua personalità, tutto ciò che vive in natura è pulsante di vita da ascoltare e rispettare mentre si risveglia e si esprime quel canto nascosto che dorme  nelle cose.  L’anima stessa si abbandona all’oblio e si spinge oltre i propri limiti; essa assorbe energia dal vento, dai fiori, dagli alberi, dagli uccelli, dalla neve, dal sole, dalla luna e dal modulare del mare, per elargirla ai versi. L’io poetico vive all’unisono col mondo circostante, sembra di respirare con il suo ritmo “[…] respiravo l’Incanto/di un mondo sommerso[,]/ ignoto/a uno sguardo distratto[.]”, mentre la struttura strofica irregolare è una tecnica originale che potenzia a dismisura la sostanza di valori umani universali così come gli elenchi d’immagini che sono identificazione, definizione e associazione di legami particolari,  ricordi o sentimenti. Attraverso il variopinto caleidoscopio delle parole, di cui molte con lettera maiuscola, assaporiamo il senso della profonda connessione tra la “Meraviglia”, lo “Spettacolo” e… la “Vita”.
Un’opera di straordinaria pienezza di vita che lascia intendere la soluzione dell’enigma della buona sopportazione di un percorso di ognuno, altrimenti invivibile; gli oscuri presentimenti e l’ineffabilità si raccolgono in un mosaico di sfumature emozionali, originano trasformazione e rigenerazione che man mano offrono allo stile ricchezza di armonie più colorite. Ogni essenza originaria è qui fascino e abbandono a una sorta di seduzione che alleggerisce la mente, esattamente come nel sogno, qui definito “origine e radice di ogni favola e futuro possibile”.
Senza cadere nella trappola dell’estetismo, assistiamo ad atmosfere surreali dannunziane ove la parola è epifania e viaggia senza seguire una logica “[…] il porto- l’orizzonte- il destino-la porta-la via” ma semplicemente suggerisce quel felice smarrimento del “dolce naufragar “che il grande Leopardi cita nei suoi ultimi versi dell’Infinito. 
Non è forse questo il compito del poeta? Ovvero cercare certezze al di là dell’imperfetto che troppo spesso corrisponde a un certo atteggiamento di vita, dove tutto risulta essere inappropriato nei confronti di quanto invece l’uomo sia destinato a raggiungere, secondo un modello divino “[…] il cuore sogna l’imprevedibile gioia[,]/ la nuova speranza[,] /l’attesa[.] … (Rivelazione)/ E incede il Giorno con passi divini”.

30 mar 2017

LE PAROLE ACCANTO di Michela Zanarella: il verso incarna una sensibilità intuitiva







La vita la inseguo/come gatta randagia/sui cornicioni/affamata di lune opalescenti/frugando con gli occhi/negli strati del cielo

  



La nuova silloge “LE PAROLE ACCANTO” è un progetto editoriale crowdfunding di Interno Poesia Editore, approdato alla pubblicazione con ampio consenso di pubblico per una poetessa di valore quale è Michela Zanarella.
Il titolo della raccolta, senza alcun dubbio, è il primo elemento di riflessione, prim’ancora di addentrarsi in una corretta interpretazione del testo. Il termine “parola” è già un’evidente articolazione di un'ispirazione poetica, manifestazione più pura dell’essere che si pensa e si esprime nel linguaggio che maggiormente predilige. Nel caso della Zanarella, la voce poetica è la natura stessa del suo essere ove il verso incarnato è essenzialmente presente e “accanto” in ogni trasformazione del suo cammino. “Trascino nel mio inchiostro/il tragitto della luce[,] /il procedere dell’infinito”.
Dai meandri della memoria affiorano le immagini della bambina diventata donna, che non lascia nel vuoto il proprio percorso di vita bensì lo colma di parole, emozioni e affettività. Una poetica della semplicità e, allo stesso tempo, maggiormente matura ed evoluta, in un periodo di transizione in cui la scoperta dell’anima e il suo diventare familiare richiedono molto tempo e ripetuti incontri. I luoghi della memoria sono quegli spazi che acquistano un particolare significato emotivo, possono fare irruzione improvvisa e smuovere impressioni tali da renderli unici, poiché sollecitano inconsuete vibrazioni interne e stimolano a un dialogo interiore. La poesia è compagna di viaggio lungo un’analisi di sensazioni e sentimenti che sono rimasti sempre fedeli alla sua terra di origine […] una terra che mi sfugge solo nella distanza/ ma che è pur sempre/radice che confina col mio sangue”. Autentica virtuosa del verso, la poetessa riscopre un singolare sodalizio con i paesaggi a lei cari; ne trae una magica e rinnovata forza per luminose immagini dal potere evocatore “Non posso dimenticare/ le sere spese ad inseguire lucciole/tra i campi […]”, che restituiscono un senso alle scelte che, nel tempo, hanno assunto una particolare pregnanza esistenziale, marcando un momento di svolta o di rinuncia; le stesse che accentuano il desiderio del ritorno a una spensieratezza propria dell’infanzia.
Una profonda e intuitiva sensibilità pervade lo stile della silloge. La ricchezza di riferimenti costanti tra il cielo, la terra e l’essere ci fa comprendere quanto stretta sia la loro correlazione in ogni ambito della vita. Sulla volta celeste si muovono il sole, il vento, le nuvole, la nebbia, i gabbiani mentre sulla terra ci sono il grano, i fili d’erba, il fiume, la pianura e le strade polverose, tutti segni di un rapporto con la natura espresso da un simbolismo preciso che è rinascita, virtù e forza spirituale. L’atteggiamento rispettoso verso un creato che si congiunge con il cielo, dove anche i silenzi e le distanze generano presenze e non ombre passive nonché il perire e il rinascere, riescono a produrre commozione in chi rivolge loro il proprio sguardo.
In particolar modo colpisce il simbolismo del grano, termine più volte ripetuto nei versi e legato al dono della vita. Non a caso ritroviamo poesie dedicate alla propria madre, ove si evince un seno materno che è possibile paragonare al seno della terra. La perennità delle stagioni e insieme le diverse trasformazioni della vita umana investono il tempo di una funzione metaforica della maturità di ogni espressione, di ogni germe di sentimento e recuperano il contatto tra l’io e quella luce che arriva dal pensiero rivolto all’azzurro del cielo, al divino, in una sorta di totale affidamento.
Allora proviamo ad incontrare l’azzurro/che sia orizzonte o confine/ e lasciamo che sia l’alba a darci risposte/dopo aver sorriso alle stelle”.
Michela Zanarella irrompe nell’anima di ognuno con dignitosa pacatezza. È superfluo aggiungere che la sua poetica è consacrata alle immagini che lei penetra, non lasciando che le scivolino addosso soltanto le sembianze di un qualcosa che è cornice di un percorso.  La sua poesia così come la sua natura, fatta di silenzi, percezioni e riservatezza, ha imparato a “custodire il tempo”, si risveglia e si esprime nel momento in cui la sua anima ha trovato il centro di quelle emozioni, non più enigmatiche bensì suscitate anche da una rielaborazione psicologica “Apro la mia pelle ai giorni […] come se fossi al primo inchino/alla vita”. La vita segue una spinta che spesso non si delinea in modo chiaro ma sembra proprio che la Nostra percepisca già quel “[…] destino/ che mi chiede dove andare/ prima di orientarsi dentro al cuore”.









25 gen 2017

Michela Zanarella: la poetessa delle "immagini"


https://www.produzionidalbasso.com/project/le-parole-accanto/



Presentazione del progetto

Interno Poesia è lieta di annunciare l’avvio di un nuovo progetto di crowdfunding per la prevendita dell’opera Le parole accanto di Michela Zanarella (prefazione di Dante Maffia). Scopo della campagna, organizzata in collaborazione con Produzioni dal Basso, è coinvolgere e rendere protagonisti lettori e scrittori in un processo partecipativo che prevede la prenotazione di una o più copie del libro in corso di edizione.
 

Invito alla lettura

Dalla prefazione di Dante Maffia
"Michela Zanarella è ormai scrittrice affermata e conosciuta, una che la poesia la scrive e la legge con attenzione e con passione e che sa coniugare la propria biografia con le accensioni che le vengono dagli altri, con atti di agnizione che sono la fermezza della sua lealtà innanzi tutto con se stessa e poi con il mondo.
Le parole accanto è un libro la cui scrittura è sapiente e pacata e riesce a cogliere sfumature essenziali capaci di illuminare aspetti reconditi della realtà e della psiche. Si avverte che l’esperienza personale, anche all’interno degli affetti più intimi, ha lasciato tracce indelebili che tornano a dettare ombre, eppure non troviamo il minimo di recriminazione, non troviamo anatemi. La poetessa ha assorbito tristezze e dolori e ne ha fatto parole di poesia con un semplicità che, come vado sostenendo da decenni, è il solo mezzo per riuscire ad ottenere della vera poesia, quella che rinnova la sostanza della realtà e perfino della verità...".
 
 
Apro la pelle ai giorni
 
Apro la pelle ai giorni
e mi faccio coraggio
oggi per domani e domani ancora
fino ad innamorarmi della notte
e poi del giorno
come se fossi al primo inchino
alla vita.
Perché non posso spaventarmi
della prima ombra che appare
o della ferita che sanguina appena.
Allora cammino a piedi scalzi
tra le cose
inciampo cado mi rialzo
e consumo gli occhi ad esplorare il cielo
pur di non perdermi nemmeno un attimo
della luce che nasce
o del sole che si spegne nella sera.
Conservo anche l’odore delle macerie
ed il peso delle lacrime
sulle guance
senza smettere di amare
quel poco che basta
per dare un senso al fiore
o al ramo che si spezza.
 
 
Vengo a respirare
 
Vengo a respirare
dai tuoi confini lontani
e ci trovo tutto l’amore che non ho mai capito
io che ti ho sentito madre troppo tardi
terra impastata nella nebbia
fatta di cielo mai limpido e in lotta con il tempo.
Poso lo sguardo dove si ferma anche il vento
nella semina che sa di grano ormai maturo
e chiudo nel cuore quel colore
che ha l’odore del pane e delle stanze di casa.
Ti sento radice che indossa le mie vene
meta che ho lasciato troppo presto
sperando di trovare altrove
il senso del mio canto.
E intanto
vado con la mente dove il fiume si sveglia
in quel silenzio che cammina tra i campi
fino a sera.
E resto tra le distanze a cercare quel poco sole
sempre incerto
che mi ricorda che un giorno farò ritorno
tra i fili d’erba e le strade di polvere
dove sono stata bambina.
 
 
Dove la brenta
 
È l’odore di nebbia
che mi rassicura.
Sto nelle schiene verdi
della mia terra
dove la Brenta
ha rami limpidi
e voci silenziose.
Mi è cresciuto in vena
quel docile orizzonte
fragile di sole
e so dove hanno fermento
le nuvole.
Legata ai vezzi del cielo
lascio che il tempo smuova
le sorti della pianura.
Se ascolto la pelle
vedo lembi di fiume
e ad un palmo la mia origine.
 
 
Mi accompagna la notte 
a Pier Paolo Pasolini
 
Mi accompagna la notte
nei vicoli vuoti di periferia
ed è un andare ardente
di silenzi
come le tue barbare verità,
strette in un vivere
troppo umano.
Le parole escono sfrontate
dietro ombre abbandonate
agli sfoghi del tempo.
Non è che buio
quello che resta
come un vento che scotta
e spaventa.
Ed io che sono partecipe
di una tempesta ancora accesa
dico che non è giusto
quel dolore che ti hanno imposto
nella sera più cupa
cuore d’inverno
tramando il tuo inferno
all’idroscalo.

 

L'autrice

Michela Zanarella è nata a Cittadella (PD) nel 1980. Dal 2007 vive e lavora a Roma. Ha pubblicato le seguenti raccolte di poesia: Credo (2006), Risvegli (2008), Vita, infinito, paradisi (2009), Sensualità (2011), Meditazioni al femminile (2012), L’estetica dell’oltre (2013), Le identità del cielo (2013). In Romania è uscita in edizione bilingue la raccolta Imensele coincidente (2015). È inclusa nell’antologia Diramazioni urbane (2016), a cura di Anna Maria Curci. Autrice di libri di narrativa e testi per il teatro, è redattrice di Periodico italiano e Laici.it. Le sue poesie sono state tradotte in inglese, francese, arabo, spagnolo, rumeno, serbo, greco, portoghese, hindi e giapponese. Ha ottenuto il Creativity Prize al Premio Internazionale Naji Naaman’s 2016. È ambasciatrice per la cultura e rappresenta l’Italia in Libano per la Fondazione Naji Naaman. È alla direzione di Writers Capital International Foundation. Socio corrispondente dell’Accademia Cosentina, fondata nel 1511 da Aulo Giano Parrasio.

 

20 nov 2016

" Ci basterà il mare": la nuova silloge poetica di Maria Luisa Mazzarini. Quando l'amore e la poesia sono richiami di anime gemelle

Maria Luisa Mazzarini e i suoi versi tornano a deliziarci con la silloge “Ci basterà il mare”, di recente pubblicazione con EEE-book. Da questa nuova esperienza poetica si evince subito il contatto con una dimensione di coscienza elevata, tesa a vivere sia il sentimento d’amore che la stessa poesia quali richiami di anime gemelle, messaggere di un sentiero di luce che rimanda a una finissima lettura simbolica di universale risonanza, verso un itinerario spirituale nel pieno rispetto emozionale dell’essere e del divenire. […] “POESIA/che sussurri versi/innamorati della Vita/e respiri/Luce d’anima […]”. L’io lirico osserva, percepisce e scopre quanto l’Amore “in un tempo-non tempo”, forse sognato e/o forse mai vissuto, possa arricchirsi dei pregi racchiusi nel desiderio di un incontro più intimo con un linguaggio e un’accezione semantica, che sono anche esperienza onirica dai toni meditativi, fino a risultare progressiva purificazione […] “un cuore/d’anima/ il MARE/ ce l’ha dentro […]
A fondamento della raffigurazione lirica si stagliano dettagli e magiche immagini del mare, della sabbia, del vento e di qualunque altra effigie della stessa dinamica della vita, di quel tutto che nasce, ritorna e s’impone silenzioso, annullando le barriere spazio-temporali mentre l'anima si avvia verso un nuovo ciclo di vita, che attende alla profondità e al mistero dell’essere umano. Una versificazione incline a una profonda confidenza che, come sabbia permeabile, aderisce alle sue forme e si modella in essa, in una ricerca di riposo, di sicurezza e di rigenerazione. “MARE/eternamente/uguale e diverso[.]/ Il tuo pensiero/ immerso in viaggi/sempre nuovi[,] /come voli d’uccelli/mai stanchi[.]/SABBIA/ in quella conchiglia/che inondi di Te/sulla riva/io sono[.]
Il connubio di levità e grazia formali trova legittimazione nel rendere in lirismo le proprie ineffabili realtà interiori, dove parola e suono sono strettamente collegati, persino intensificati da quegli spazi bianchi tra un verso e l’altro che, strutturalmente, richiamano molto l’ellissi della poesia ermetica, ove vengono concentrati attimi di silenzio e di attesa.
Nella lirica dal titolo: “Ti vedo” troviamo evidenti note di panismo dannunziano, in ogni sfumatura e modulazione la parola è evocativa, la natura coglie il richiamo attraverso gli organi di senso, qui la poetessa si espande gioiosamente in un’identificazione prima fisica poi spirituale. “Ora piove a dirotto in giardino/ sui pini e i cipressi[,] / sul colore sbiadito dei tigli[,] / sulle erbe dei campi/ lontani[.]
La voce poetica della Mazzarini è tenue, umile e tuttavia, nel suo preciso intento di sciogliere un nodo, si fa animata, fervida e ansiosa di comunicativa con i propri simili, mentre l’evidenza del concetto dell’infinito ne accresce la suggestione e l’intensità, in un sottile gioco di rispondenze interne e di sensi correlativi, di echi musicali, che legano ogni immagine a sensazioni simultanee. A dimostrazione della maturità in un personale percorso poetico, troviamo un’espressione fluida che predilige un verso denso di significati, stratificati su diversi livelli e rifugge da impalcature stilistiche. L’autrice si rivela sottile e raffinata interprete di un linguaggio quasi zen che descrive, racconta, si pone come oggetto di sguardo e infine diviene spettacolo di uno slancio appassionato verso la bellezza, che vive immortale sopra il travaglio e la caducità delle cose umane e rasserena lo spirito dell’uomo tormentato dal mistero che lo circonda “[…] un passo adagio/fino a una corsa libera/e un alzarsi in Volo/oltre/l’ultimo orizzonte?

In un tempo dolcemente e tristemente umano, venato di sospiri per infinite fragilità, la poetessa avverte anche l’eco di quel mondo che non scorre indimenticato e testimonia il suo contatto con l’inconscio collettivo, con le percezioni, le paure e le sofferenze di ognuno […] “Sangue[,] / Vitale[,] / quasi Vento di tempesta/ o lago sognante al chiaro/ di Luna[,] / ruscello di Vita nuova[.] METAFORA/ di tempi grigi e azzurri […]. “Ci basterà il mare, una silloge che rappresenta un cammino verso la completezza tra amore e spiritualità, un invito a ricordare ciò che conta davvero […] “UN ATTIMO D’AMORE” – è già felicità – 




Link per l'acquisto:

http://www.edizioniesordienti.com/poesia/368-ci-bastera-il-mare.html

19 set 2016

Una silloge poetica che rigenera lo spirito: "Si aprano le danze" di Maria Luisa Mazzarini





Maria Luisa Mazzarini, con la sua ultima sillogeSi aprano le danze(EEE-book di Piera Rossotti- marzo 2016) rigenera lo spirito. La lirica “Primavera” in apertura è certamente dedicata, tuttavia offre all’autrice lo spunto per attuare un dono nonché scopo primario della sua poetica “sotterranea [,] /chiara limpida onda/di fiume[.]/Invisibile agli occhi”, che è la sublimazione dell’essere; migliorarne e rafforzarne l’esistenza, compito e missione della sua arte. L’occhio della poetessa ha la capacità di saper leggere dentro la luce e nei colori del tempo e, di quell’antico palcoscenico che è la natura, di ogni sua forma, prospettiva, azione o movimento, ne coglie perfettamente l’anima universale. I titoli, essenziali e fulminei, proseguono in versi talvolta ridotti a singole parole che si stagliano isolate o accostate tra loro, per lo più senza punteggiatura e con un sapiente utilizzo di spazi bianchi che, intervallati, assumono a loro volta un significato preciso, rendendo leggere e uditive le strofe “Quel Sogno di poesia/di cielo e terra in armonia [.]/ Quasi farfalla
La costante ricerca di una semantica lessicale genera una purezza estrema e un mondo già di per sé completo dove risaltano timbrica, coloritura, carattere e impronta, caratteristiche di un’interessante e gradevolissima partitura poetica. Una silloge nell’insieme incredibilmente ricca di afflato morale che riassume una fisionomia poetica, umana, culturale, ideologica e religiosa; persino la terminologia con lettera maiuscola nella penna della Nostra, evidenzia l’importanza immaginativa della personificazione concepita quale rinascita di un mondo interiore, mentre ogni spettacolo della natura è afferrato con animo aperto e commosso.
Il ritmo non s’interrompe e modula così una sua invariata musicalità, il fascino di una melodia lenta e profonda che si tramuta in danza, un’intensa espressione umana di celebrazione del Creato in un assiduo ringraziamento di quel Tutto-Entità addormentato nel silenzio e tradotto nel risveglio di note ispirate che plasmano lo schema e la struttura del componimento “[…] a onorare la vita/nel Silenzio che amo[,] /di alate Parole[.]L’arte poetica è conforme alla danza, ritrova nella natura la sua origine, si trasfigura nella bellezza, nella grazia e delicatezza di un cigno, richiamando il significato primordiale del compimento di riti ancestrali, secondo cui il singolo individuo ‘trascende il suo sé corporeo, per fondersi con il suo sé spirituale’.
La permeabilità delle emozioni è parte viscerale dell’io poetico, del suo modo di percepire, del suo sentire; è come se un’immagine addormentata si risvegliasse “All’improvviso” da una qualsiasi di queste sensazioni, come se il silenzio fosse lo spazio dove è possibile coltivare sogni che nascono dall’accettazione e dalla devota affinità, dalla benevolenza di un’agàpe che allo stesso tempo è sorpresa, meraviglia e trasecolamento “[…] D’UN MIO GIARDINO/ - interiore - /segreto anche al cuore[,]. La visibilità della realtà e dell’essere, in un reciproco incrociarsi e permutare metamorfico, ha lo stesso spirito e la stessa immedesimazione della suggestiva lirica rilkiana e di alcune opere goethiane, come dire che senza l’universo e quanto noi viviamo in esso, non potrebbe esistere la poesia.
Al di là dei suoi innumerevoli contenuti, l’opera è realmente un’interpretazione allegorica di una continua preghiera che esorcizza ogni malinconia e, in particolar modo, “gli affanni del mondo”.

14 dic 2015

Un cuore in organza di Sandra Carresi: nell'intimità di un'intuizione immediata



… Perché delicato, di elevata trasparenza,
lucente, leggero e…
al tempo stesso, rigido e resistente
(Sandra Carresi)


Un cuore in organza, di recente pubblicazione con TraccePerLaMeta Edizioni, è la sesta creatura poetica di Sandra Carresi, ormai navigata poetessa nell’intimità di un’intuizione immediata, tra immagini, colori e complesse sfumature di un vissuto.
In questa sua silloge l’autrice ci rende una visione quasi alchemica della vita e, allo stesso tempo, i suoi versi ci indirizzano verso la ricerca di un equilibrio e un’armonia che emanano un fascino particolare nelle spigolosità del quotidiano di ognuno. L’attenzione ai dettagli, il sorriso della semplicità, l’amore disinteressato, il rispetto della vita e della natura, il guardarsi negli occhi senza timore, il provare ad andare oltre il comune pensiero per non bloccare le aspirazioni dell’anima, sono tutti elementi che trasmettono qualcosa di sottilmente prezioso, un pensiero dettato da un linguaggio che non è di parole ma di vibrazioni e di gesti immobili; una magia che si ripete ogni volta che si riesce a entrare nella dimensione che attraversa ogni essere creato.
Se ciò avviene, possiamo essere pronti a “giocare” con equilibri impossibili e assurdi, appartenenti a uno stato che non è certamente indulgente e che inesorabilmente prima o poi termina, “In un battito di ciglia/il giallo della vita/con l’inizio di un vagito/e l’uscita con un volo nel blu”.
Il lemma “gioco” è una dilogia che permette alla Nostra di dare maggiore forza espressiva a quel concetto di caoticità e assenza di senso che rappresenta l’irrazionalità della vita stessa, contradditoria e contraria alla logica; una denuncia, una critica a tutte le guerre, alle violenze gratuite e paradossali che la poetessa non riesce a comprendere pur impiegando tutta se stessa per trovare una “libertà dalle catene” dell’odio, della ferocia e delle tante barbarie di un mondo che si spera possa mutare  almeno con il prossimo “arrivo dell’arcobaleno”.
Nel proiettare la propria forma trascendentale su ogni spazio e immagine, osservati con il giusto silenzio, Sandra Carresi si concede un atto d’introspezione, quale chiave per aprire l'essenza d'ogni fenomeno intorno a lei. Sono proprio la saggezza della natura, la compagnia del suo cane, ogni oggetto della propria casa e le stesse presenze affettive di chi ha abbandonato questa vita, che rafforzano l’intima identificazione con un atto di poesia interiore e sono fonte di energia creativa che può essere rivolta verso se stessi, verso il prossimo e il senso della vita in genere […] “Ogni gioco/nasconde la sua/verità”. Il sentiero è graduale, l’esercizio dell’equilibrio si fa molto più sottile fino a divenire pratica di luce del momento, spirale di comprensione che via via si approfondisce; può sorgere in un attimo e rafforzarsi col tempo “Mutamenti del giorno[,] /del tempo/che fa il suo corso
Lo stile poetico è ordinato, chiaro ed elegante, con linguaggio estremamente meticoloso, contemplativo, attento a osservare nel percorso dei versi tutto e tutti con il dovuto rispetto. I termini spesso si riferiscono anche a località citate con particolari connotazioni, associate a determinate immagini atte a evocare situazioni emotive, stagionali e di efficace rilevanza nel quotidiano della poetessa.
Ogni lirica è senza alcun dubbio espressività che si nutre del profondo amore per la natura e tutte le sue rivelazioni, nella sua plasticità ogni pensiero arriva a cogliere le astrazioni presenti e passate nei sentimenti, nelle proprie impressioni e sensazioni.
La vita è ricca di messaggi velati, sebbene sia troppo spesso tutt’altro che un “girotondo”, solo la capacità di trovare in quel tendersi dell’anima, persino nelle sventure, una disciplina plasmatrice dei grandi dolori, si ha la possibilità di ascoltare e trarne così l’insegnamento migliore. Colpisce in tale poetica l’evoluzione dell’esperienza che non si disarma di fronte ai modi di agire spesso moralmente discutibili bensì si alimenta del coraggio necessario per procedere nella conoscenza autentica di sé. Siamo tutti guidati da morali diverse, ogni nostra azione risplende di differenti colori, gli stessi colori infiniti che la poetessa richiama in ogni suo verso cambiando continuamente tonalità. La natura è lo spazio-principio della molteplicità del vissuto dell’uomo, con i suoi mutamenti repentini […] “la solita primavera capricciosa” delle fasi più dolorose per i distacchi terreni, del male nel mondo e delle illusioni-delusioni nei rapporti, ma è anche dispensatrice di luce e di calore, tra gli affetti più cari, dove persino […] “le cose di casa/ a volte scricchiolano […] , perché […] “Così[,] proprio come nella vita[,] / dopo bufere [,] / e inquietudini dell’anima [,] / dal tunnel […] / una splendida luce.
La poetessa lascia indossare al suo io poetico l’organza, che sia un filato stropicciato, liscio o cangiante, è pur sempre pronta alla trasformazione e al consapevole adattamento; la ricama con particolare abilità e competenza, perché l’effetto risulti soddisfacente per un nuovo “profumo di speranza”, rilegando così un nuovo libro di vita da sfogliare,  mentre il nostro cammino si avvicina all’ultima “stanza”, quella che lei definisce “la mansarda” dove […] “non c’è polvere”, perché finalmente in pace e accanto a Dio.





10 dic 2015

Amore e libertà: binomio essenziale della poesia di Elvio Angeletti



“Nel viaggio della vita/ chi ama fotografa/il mondo”

( In viaggio)


Elvio Angeletti, pittore e poeta, in Respiri di vita (Intermedia Edizioni- 2015) è soprattutto un’anima che si confessa. Questa silloge infatti, rappresenta un vero e proprio excursus del suo Io poetico negli anni, un processo che richiede tempo e, una volta completato, conduce il Nostro a un salto nella sua stessa esperienza personale, un senso di profondità e di sollievo interiore.
Il titolo stesso racchiude parole attorno alle quali ruota un intero campo semantico; il respiro diviene parola-chiave fondamentale per comprendere il significato di ogni poesia delineandone così la vera tematica di fondo: una semplicità di vita più legata alla natura e alle proprie esigenze, dove l’amore individuale e universale è il motore propulsore per eccellenza.
Una chiave di lettura per entrare nel flusso dell’energia poetica, che altro non è che la pura essenza di un'empatia silenziosa che accresce la propria libertà, imparando a discernere cosa o chi comporta la capacità di rimanere completamente presenti alla nostra situazione interiore “Parole accese/scolpite da diamanti/nelle pagine rugose/di un diario dedicato alla vita/nascosto negli alvei remoti/della mia memoria”.
L’amore e la libertà sono un binomio essenziale della vita dell’artista; avviano e simboleggiano una predisposizione naturale e la vocazione dell'uomo verso ogni genere di relazione che ognuno costruisce attraverso le proprie esperienze affettive più significative. Affidandosi a una formazione artistica di stampo ortodosso, il poeta è in linea con i canoni generali che un’educazione regolare e volta al maggior arricchimento possibile, richiede.
Attraverso un linguaggio essenziale, affiorano paure, dubbi e domande esistenziali di un tempo che scorre e di una disillusione di fronte a un mondo “capovolto” […] “La mia immagine/esce di scena cercando il fare/nel tempo del giorno che resta” mentre il verso disegna figure umanizzate sullo sfondo del mare e del cielo della sua città di origine, Senigallia […] “I gabbiani, in volo verso/le scogliere garriscono[,] /improvvisando giochi sulle onde”.
Con stile puro e sobrio, senza laboriosi orpelli e personalissimo, dal ritmo cantilenante di alcuni versi, con ripetizioni, sospensioni e anafore, Angeletti riesce a percepire il richiamo prepotente della natura con tutto l’immenso patrimonio di opportunità e prospettive che essa è in grado di offrirgli. Dotato di un’accesa e individualissima sensibilità quasi infantile, il Nostro vive di luce e poesia, di atmosfere lontane e suggestioni senza tempo, dove i particolari dominano sull’insieme. Ogni figura retorica utilizzata viene richiamata volutamente, per lasciare interrotto un discorso o per darne maggiore evidenza o calore, in particolare quando vengono tracciate tematiche quali l’amicizia, la scomparsa di persone care ed eventi come la violenza sulla donna.
Ogni lirica è un inno alle emozioni che l’arte poetica dona, perché tramite essa, ci si avvicina e s’incontra Dio […] “L’arte/bacchetta magica/con il potere di farci innamorare e […] davanti allo stesso/Dio/farci pregare”.
I poeti sono “gente strana”, così li definisce Angeletti, “Sanno guardare/ con gli occhi dei bambini/aspettando il futuro che si spegne/mente una canzone/vibra l’anima di una radio”, come dire che la nostra storia personale è un dono e nell’offrirla possiamo anche distaccarcene, ritrovando la nostra libertà. Troppo spesso la nostra consapevolezza è focalizzata da ciò che succede all’esterno di noi anziché da ciò che avviene in noi stessi. C'è più silenzio e tuttavia molto di importante viene detto e si ascolta esattamente come la musica.
La poesia è respiro, è libertà, è volo, uno sporgersi oltre la vita e noi tutti, quanto poco respiriamo! Forse dovremmo essere maggiormente consapevoli di quel nostro respiro che ci accompagna lungo tutta la nostra esistenza. Le emozioni non sono mai minimaliste e mai potrebbero rappresentare crisi creative, la poesia è quell’emozione che, in alcuni casi diventa persino preghiera. La vita è un viaggio altalenante […] “attraversando/irripetibili tramonti rossi/ e deserti di sabbia calda/attendendo notti stellate/ad incantarmi fantasie sottili/che scivolano sul tuo corpo”.
Non occorre essere grandi per scrivere poesie, bastano l’amore e un cuore aperto, con lo sguardo su se stessi e tra i “murales” del mondo; basta fare un po’ di pulizia dentro di noi, unire desiderio, immaginazione, sforzo e tenacia per rimanere piacevolmente sorpresi di quali quadri si possano dipingere con le parole. Ritengo che Elvio Angeletti con il suo “Respiri di vita” abbia pienamente colto lo spirito di un cammino poetico, poiché prima ancora di essere artisti “Siamo anime/ nel mezzo del mondo/baciate dalla vita/che ci avvolge”.







5 mag 2015

La poesia di Rosaria Minosa: l'umiltà, il suo codice d'onore



" Il senso della vita
  è dare importanza alle piccole cose,
  per riuscire a dare un significato
  a quello che ci circonda"




Granelli di tempo di Rosaria Minosa è una raccolta poetica del marzo 2015, edita da Pubblisfera Edizioni e curata dall’Associazione Culturale GueCi di Rende (CS). Una prima raccolta poetica di un’autrice che, dopo vari riconoscimenti in concorsi letterari e due pubblicazioni di narrativa, sta iniziando anche un suo proprio percorso poetico.
Conosco personalmente Rosaria e posso confermare senza dubbio alcuno di trovarci di fronte ad una personalità che ha maturato dalle sue esperienze di vita, un preciso codice d’onore: l’umiltà. La sua vena poetica entra a piedi scalzi nel cuore di tutti per la sua grande semplicità e schiettezza.
Il granello è la migliore metafora del senso della vita e del tempo che lo rappresenta e, ancor più metafora della consapevolezza della propria debolezza e inferiorità; la poesia è il balsamo migliore per annullare ogni povertà simbolica del nostro tempo. Tematiche dai toni forti e invasivi quali la violenza, la morte, il tradimento d’amore, la società con i suoi soprusi e gli abbandoni, si contrappongono all’amore per le cose semplici e naturali; il tutto coniugato sempre con rispetto e ordine. L’accettazione del perdono vince sulla ribellione interiore, la poesia si presta all’esigenza di purezza e nobiltà d’animo, guida benevola per ogni essere umano smarrito verso una più consapevole attenzione della persona, della sua dignità, del suo onore e della sua libertà. Per Rosaria Minosa la poesia è nelle cose stesse, il particolare poetico sorregge e arricchisce di nuovi significati; nel maltempo della vita ogni cosa si colora “La vita è […] /sentire il soffio del vento sul tuo viso[,] /subito dopo il temporale[.]
Lo stile è diretto più che simbolico, un linguaggio modesto, sospirato, quasi sussurrato. Una sorta di realismo emotivo lascia trasparire un travaglio psicologico e umano della poetessa, nel realizzare che gli errori e i dolori subiti, possono rappresentare delle opportunità di crescita e comprensione, lasciando andare il risentimento “per dono” che fa all’altro ma soprattutto a sé stessa.
La figura retorica dominante è l’anafora che lega tra di loro tutti i versi e la ripetizione ne determina quasi un effetto intimo e ossessivo nella costruzione delle strofe, ne risulta un pregio impagabile della semplicità della poetessa, ne accentua la finissima sensibilità.
L’amore è inteso come comunione con gli altri, persino l’abbandono e il distacco dagli affetti più cari (la mamma, gli amici, la sua cagnetta Laila) escono da quella “nuvola” più volte citata nei versi della Minosa, per elevarsi e far scorrere la speranza, la solidarietà attraverso le memorie della sofferenza. La poesia intesa come verità-specchio che permette di mostrare il vero volto in modo che l’anima nella sua nuova percezione possa riorganizzarsi “Chiudo gli occhi/e il mio cuore si riempie d’amore[,] / affinché il giorno dopo io riesco a donarlo[.]”, sciogliere ogni nodo, lasciarsi andare affinché le parole assumano un valore terapeutico.
Altro elemento rilevante in questa silloge è il faro della fede; per l’autrice è fonte di forza e coraggio, luce che orienta il suo cammino nel tempo inesorabile verso “L’ombra” della morte, un velo che si proietta su tutto, indefinito e privo di un contorno preciso. La morte da sempre incute paura ma nel contempo libera l’anima dal fardello del corpo, dissolve il “pensiero” della mente e il “rumore” della sofferenza “Vivi nell’onestà[,] amore e rispetto per gli altri […] la morte porterà via solo il tuo corpo[,] / mentre “il tuo spirito” resterà con noi



SUSANNA POLIMANTI

Cupra Marittima, 4 maggio 2015