8 nov 2017

Il culto dei sentimenti più nobili e delicati nella poetica di Paolo Landrelli





















L'esperienza morale di ogni uomo avviene nella coscienza[…]

( Sant’Agostino d’Ippona)





Paolo Landrelli è un uomo rispettoso e riservato, un poeta di grande generosità, sensibile agli odori e ai profumi della sua terra di Calabria:“Culla di tradizioni[,]/ di dolci e caldi cuori[;]/larghi sorrisi/e lacrime di sale”; il culto dei sentimenti più nobili e delicati costituisce le note più caratteristiche di tutta la sua poetica. Dalle due sillogi:“Bombilari” in dialetto calabrese di Bombile di Ardore e “Inseguendo il nulla”, entrambe pubblicate nel 2015 rispettivamente con Arti Grafiche Edizioni e Aletti Editore, si evince un animo costantemente in bilico tra la tristezza e l'allegriae sempi[,]quando mi ment’a scriviri[,]/si miscita tristizza ed allegria”, così come costanti sono le correlazioni tra il cielo e la terra e quanto l’uomo e i suoi pensieri siano sopraffatti e intralciati nella propria condotta morale, tesa a ricercare un senso di verità che sfugge, tra l’effimero e il fugace di un cammino terreno, inevitabilmente frustrante e responsabile di una soffusa inquietudine: Inseguendo il nulla[,]/camminando sopra un filo/io vivo.”
Quelle che sono state la sua esperienza professionale e la consapevolezza di un suo ruolo istituzionale, hanno permesso a Landrelli di scandagliare certi rischiosi doppi fondi dell’animo umano che, grazie a una precisa intuizione poetica, si trasformano in fiamma sottile d’immagini, alla ricerca di un qualcosa di stabile, un punto di riferimento che si manifesta con la presenza di un dialogo con Dio Nell’amore infinito/verso il mio creatore[.]/Ogni giorno ritrovo/la forza di vivere.
Il pregio di una semplicità nello stile, in contrasto con l’artificiosità del ricercato, rende tale poetica l’espressione genuina, trasparente e diretta di una valida ispirazione lirica e di conseguenza, non legata a temi evanescenti e lattiginosi oppure a temi civili e sociali, verbosamente svolti secondo lo schema declamatorio e massificato del genere attuale. L’io lirico coglie il mondo umbratile e disperso di voci, di echi fatti di ripiegamenti, di dubbi, di indistinte e vaghe ansie, di tentativi   compiuti allo scopo di ancorare il proprio spirito alla speranza di un approdo, se non proprio a una certezza, che genera una fede percepita in un animo che sa assaporare il senso della vaghezza soggettiva, quella propria solitudine che è conquista di un alto senso di sé. La poesia, dunque, quale  esorcizzazione di falsi scopi e miraggi illusori, quale procuratrice della salute dell’anima e rifugio nella voce delle cose, dei luoghi e della natura, della celebrazione della pace operosa dei campi, dei personaggi dell’infanzia, della tristezza delle esistenze troncate, del rimpianto, delle attese, delle speranze deluse, delle vite rimaste senza conforti o semplicemente,del senso misterioso e trepido di un  tramonto o di un’aurora “Dondola il sole/danzando sul tramonto[,]// ad infiammare ancora il cielo/ con gli stessi colori dell’aurora[;]/che mistero.” Un inno commosso alla natura rigeneratrice della sua terra natia, uno sguardo indietro verso gli anni in cui la purezza dello sguardo, la semplicità delle ambizioni e la voglia di vivere non conoscevano limiti. Stupende le liriche dedicate alla mamma e a “Nonnu Carminu”, ricche del pathos della nostalgia, tra l’invisibile e il visibile sulla distanza del tempo “[…] Tu si la mamma mia[,]mi dasti ‘a vita/e a vita tua fù tutta ‘na volata […]pecchì eu ora te tegnu ‘nto cori[…]”. “Nonno[…]volgengo lo sguardo/ verso il cielo[,]pieno di luce/ troverò il tuo volto[…]”
Significativo valore divulgativo della forma poetica e filone maggiormente percorso dal Nostro è la parlata locale, ove il fascino dell’antico e del naturale è destinato a essere considerato quale elemento di un bene culturale legato alla sua stessa identità calabrese.
Sempre attenti alla creazione suggestiva, i versi si colorano di uno struggente anelito verso la serenità e il raccoglimento, vi persiste un avvicinarsi alla realtà in un’alternanza di silenzio ed espressione di fede di un sentimento ardente  nella purità di un canto: Dei dubbi miei a Dio chiedo perdono/e schiudo le ali per un altro volo; qui, lo sguardo disilluso del poeta si fa ideale contemplativo di pace, con accenti di commosso compianto verso l’ombra di un sistema inafferrabile e proteiforme […] più avanza il progresso più avanza l’orrore”.
Elemento incisivo, costante e determinante della poetica è il colloquio interiore a tu per tu con una coscienza, intesa come atto vissuto di “coscienziosità”, connotata dalla caratteristica del tendere verso la più segreta intimità, dove risuonano la voce di Dio e l’incontro con Lui.
Paolo Landrelli è consapevole dell’evidenza del rapporto esistente tra il mestiere di poeta e il mestiere di vivere: Mi trovi sempre ovunque mi nascondo[,]/sconquassi il mio corpo e la mia mente[,]/tu scavi[,]scavi sempre nel profondo[,]/io scappo[,]scappo[,]scappo inutilmente.” e raffigura l’immagine ideale del poeta che, soffrendo la passione dell’esistenza, raggiunge infine la trasfigurazione della vita: “ Poi ancora avanti[,]controvento.
Dallo sconforto alla speranza, dal disorientamento di un mondo falso alla ricerca di un mondo vero e migliore, ove la concezione poetica possa realmente divenire luogo privilegiato del linguaggio universale, fondamento dell’Essere in quanto creatura di Dio.
I poeti […]danno anima alle parole/e non abbassano gli occhi”... essi hanno l’alto incarico e l’importante missione di giustificare il senso dell’Essere.