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6 apr 2022

L'affascinante mondo delle fiabe di Antonio De Signoribus




Ogni nuova pubblicazione comporta inevitabilmente un lungo percorso di ricerca, studio e duro lavoro, ne è ben consapevole il Nostro Antonio De Signoribus, da sempre dedito alla stesura delle fiabe il cui genere originale, ironico e appassionato riaffiora ogni volta più incisivo in quel vasto e affascinante universo che è la cultura orale. Il suo nuovo libro “Colpa del gatto” con sottotitolo Fiabe, Fiabine e Fiabacce (Edizioni Zefiro Srl) è un’ulteriore conferma di un lavoro certosino, frutto di un’instancabile passione per la tradizione popolare. La nostra storia è intessuta di narrazioni fantastiche e le fiabe, viaggiando nel tempo e nello spazio, ne rappresentano un modello immaginifico fra i più ingegnosi soprattutto se ricche di sorprese maggiormente cruente che incuriosiscono e lasciano col fiato sospeso come nell’ultimo capitolo di quest’opera, dedicato alle ‘fiabacce’.

Le fiabe di De Signoribus veicolano messaggi simbolici che molto svelano del ruolo di un personaggio, dei privilegi di cui gode, dei poteri che incarna, dei drammi di cui soffre e il racconto di sciocchi, idioti, astuti, ingannatori e tranelli vari sono combinati nel tessuto narrativo con originalità e profondità emotiva, capace di modificare, alterare e rimodulare gli schemi, inventandone di nuovi.

Parliamo di fiabe divertenti e tristi, assurde ed edificanti, dall’interpretazione ironica e contemporanea che riflette l'anima e la coscienza delle persone; ci permettono di accomodarci e rilassarci di fronte a suggestive ambientazioni dove lo spazio si dilata, il tempo non è più un ostacolo e l’effettiva ricchezza del retaggio orale acquista nuovo vigore. Caricature comiche e grottesche propongono un messaggio universale di rispetto e di comprensione reciproca, storie all’apparenza piccole, semplici come tutte le fiabe tramandate nei secoli, il cui processo narrativo avvicina sensibilmente il piccolo lettore così come il mondo adulto. Tradizionalmente il racconto fiabesco consegna una metaforica e semplificata spiegazione della vita, ha una valenza pedagogica di rappresentazione e ascolto condiviso. Tra le righe il messaggio funzionale alla crescita del bambino, insegna a essere gentili, umili, obbedienti, rispettosi ma anche coraggiosi ed intraprendenti. Attraverso le difficoltà della vita si riceve un’indicazione di via d’uscita, di conquista e risoluzione dei problemi oltre che il godimento di uno spazio di unione familiare e spirituale. Ogni pagina si carica di una forza speciale, si snoda in trame lineari affrontate con linguaggio semplice e immediato ove il discorso diretto, arricchito da modi di dire, aneddoti e ripetizioni, mantiene viva l’attenzione del lettore-ascoltatore e lo contagia con sana allegria. La presenza dei tre elementi narrativi: protagonista, antagonista e alleato magico, solitamente rappresentato da una figura mediatrice ideale buona o cattiva e la mescolanza della realtà con l’elemento fantastico, trasformano il racconto in strumento di bontà e giustizia, capace di domare i cuori e la furia degli eventi. Generalmente, tra intrecci di esperienze quotidiane, festeggiamenti e rituali, vi operano re e regine, donne e uomini comuni nonché il consueto contadino; in lui in particolare, si riassumono tutte le risorse di furberia abitualmente attribuite e sfruttate con arguta semplicità. Quasi tutte le storie hanno un lieto fine: il bene trionfa sul male, la virtù viene premiata, l'avidità e la stupidità vengono punite senza pietà; soggetti insopportabili e creduloni vengono bonariamente scornati e castigati offrendo così un finale denso di molteplici fattori quali ingredienti di una letteratura popolare. Infine, le formule rituali di tempi e luoghi indefiniti: “C’era una volta… “tanto tempo fa, nei pressi di una chiesetta di campagna…” “E vissero felici e contenti…” ci lasciano sempre soddisfatti e appagati della nostra scelta. La letteratura di ogni regione italiana è radicata nell’oralità. Le trasformazioni sociali e il rapido cambiamento delle tendenze nell'arte ci sollecitano sempre più a proteggere e preservare l’inestimabile patrimonio dell’arte popolare affinché anche le successive trascrizioni e riscritture del folklore narrativo non cadano nell’oblio. Grazie all’opera di De Signoribus improvvisamente saremo tutti catapultati e coinvolti nella rappresentazione di un mondo meraviglioso dove si possono superare i limiti del condizionamento mentale e rompere così gli schemi della propria rigidità. Attratti e incuriositi dal titolo “Colpa del gatto”?  In fondo siamo nel mondo del tutto è possibile… senza dubbio non mancheranno ottimo intrattenimento e ironia.

 

 


14 lug 2020

Nanda Anibaldi: " La parola e la sua valenza generativa"




ma c’è un intermezzo una pagina bianca una frazione di
                                                                     secondo in cui anche il cuore si prende una pausa; c’è
                                                                      il momento della stupefazione – magia dentro le cose
                                                                                                                      


Di nuovo attratta e affascinata dalle liriche di Nanda Anibaldi, mi ritrovo a scrivere di una poetica che non si può piegare a interpretazioni semplicistiche bensì va contemplata e goduta nella totalità di una cifra stilistica identificativa. Eleganza e distinzione oltre che tante implicazioni culturali e biografiche, trasmutano nella raffinata elegia di una poetessa abilissima a coniare parole mentre si confronta con una memoria ecoica ed iconica; l’asperità e la rugosità della vita diventano veri e propri solchi nell’anima (De rugis- Il Lavoro Editoriale, 2012), operano estreme e sottili epifanie di un umanesimo di voluta impronta.
Costante interlocutore è l’autentico legame con i luoghi e ogni loro silenziosa energia, fusione letteraria ed esistenziale di quell’intimo paesaggio avvolto nel mistero, quasi uno stato di veglia di una sovramemoria o iperemnesia poetica che dà origine a momenti salienti di un io lirico dalle scoscese altezze, tra intimità sentimentali e un gran bisogno di togliersi da un mondo rumoroso e meschino “come se dovessi riprendere i giochi interrotti/i progetti irrisolti/la spensieratezza attaccata alle siepi/affilate da forbici pietose”.
Rapita dalla memoria trasvola sopra terreni noti e ignoti, con prodigiosa cronologica concentrazione, la poetessa acuisce e amplia quel dono della visività in lei costituito e preminente, mescola immagini poetiche evocative a espressioni più concrete e quotidiane.
La dorata tenerezza del ricordo avvolge e unifica quel mondo che è ingresso nel sentimento di un sublime ove si delinea la bellezza infinita di un’eredità tradizionale di cui la Anibaldi è pregevole custode. Esistono dolori che non passano mai e ingenerano conclusioni di un universo interiore di legami unici e irripetibili “Più nessuna cosa è al suo posto/tanto da far meraviglia questo inverno di luglio”. In particolare, la silloge “Fammi sapere” (AndreaLivi Editore- ottobre 2016) ripercorre la sofferenza per la perdita del fratello Arnoldo, poliedrico artista; il dolore travolge il verso in una serie di schizzi, ritratti e scene di genere “la tua assenza è presente/quando vorrei interrogarti/e avere risposte” rendendo emblematico quel senso di esclusione e di sradicamento che l’assenza genera ma che, allo stesso tempo, non smette mai di congiungere per vocazione figurativa “[…] libero da ogni laccio/per cercare le forme e levigare la materia/dentro quell’amore senza il quale/non saresti nato”.
Un incedere brillante e originale orienta il verso in un viaggio attraverso l’anima per ricercare la verità e i perché di un distacco mai superato ed esagitato tanto da traboccare continuamente in pathos quanto più autentico e profondo di un rapporto che va oltre il legame di sangue, perché appartiene a un vissuto condiviso in ogni sua forma e sfumatura “Oggi avremmo potuto parlare d’arte/la pioggia e quest’autunno di luglio/ci avrebbero indicato che e come”. Il lessico riflette la nobiltà degli affetti, anch’essi simboli della vanità e caducità della vita “ti vedrò di nuovo camminare e venirmi incontro/per dirmi del tuo viaggio”, proposizioni interrogative che sono ancora aperte ma non esigono risposta, a esprimere il dubbio, la sospensione del pensiero. Nelle sue opere si mescolano e si alternano i due motivi essenziali della labilità e della permanenza, della vita apparente e della vita vera. Dalla stessa identità di parola e spirito la Anibaldi deduce la possibilità di una redenzione del mondo attraverso la parola; le sue liriche, ricche d’intensità emotiva e commozione estetica, accentuano la maieutica personale dell’autrice che ritroviamo in tutta la sua produzione letteraria, così come nell’opera dedicata al Natale (“Scrivere il Natale” - AndreaLivi Editore febbraio 2019) ove si conferma che il linguaggio poetico non nasce dal nulla ma si può acquisire solo dopo una ricerca costante e accurata. Tra atmosfere magiche, nostalgia e assenze, la festività del Natale è pur sempre “brivido dell’emozione”, ritorna ogni volta ad ancorare tradizioni, tracce e testimonianze di un passato riflesso nel presente seppur fugace “Non rubatemi il mio natale/pieno di assenze/sui cieli decembrini/ dove si specchia la fatica/di procedere”. Inevitabilmente il peso degli anni e le ferite dell’anima modificano la sensazione del tempo sebbene la poetessa riesca perfettamente a gestirla grazie alla caratteristica distintiva dell’ironia. Le sue fughe liriche interrogano l’immagine mentre la parola sonda l’indicibile in una versificazione che ripensa e riscrive la modernità al di là di ogni convenzione letteraria e la rappresenta nel cuore della stessa senza alcuna “ovvietà”, quale innovativo salto semantico a garanzia di autenticità e versatilità.





17 giu 2020

La città senza rughe di Roberto Ritondale: romanzo premonitorio e ammonitorio





La città senza rughe” (BookRoad- maggio 2020) è il nuovo romanzo di Roberto Ritondale, redattore Ansa e scrittore talentuoso. Mi permetto di definirlo così, con cognizione di causa, poiché ho già avuto modo di valutare e motivare le sue innate doti di abilità e originalità in occasione di un concorso letterario nel lontano 2016.
Esordio della narrazione è l’anno 2030, in un contesto socio-politico proiettato nel futuro, il percorso impresso all’opera nasce dall’intelligenza emotiva e percettiva dell’autore, un ipotetico scenario ma sottolineo…  non del tutto assurdo, di una Como città-stato: una Novum Comum governata dal regime autoritario del colonnello Ebe, basato su una iuventucrazia che ha per scopo quello di metter in atto una vera e propria mutazione antropologica, un modello sociale dove dominano “smartphone e eyePhone, computer, tablet, droni e dispositivi di controllo individuale”. Trattasi di un romanzo sociologico che empaticamente riflette e racchiude in sé dubbi, ansie e paure comuni profondamente attuali quale ritratto di un universo chiuso e allucinante, una metafora perfetta di un processo tecnologico e una disuguaglianza che impoverisce le menti e le anime tutte. Tra i personaggi troviamo il colonnello Ebe, visto da tutti come dotato di grande abilità e lungimiranza ma che in realtà dimostra la pochezza di chi si affida solo al desiderio di potere, preso dalla folle convinzione di allontanare gli anziani che, a suo parere, sono ostacolo alla sopravvivenza e alla crescita dell’intera comunità, dimenticando che senza passato non esiste futuro e che quella fase avanzata di vita s’identificherà infine nella sua stessa paura del proprio divenire; la coraggiosa settantacinquenne Etilla, madre di Memo e nonna amorevole di Ezio, adolescente aspirante scienziato, Ippolita, Tespi, Ocno, Lisa, Marco Catone, Melampo, Pitteo e tanti altri, ognuno descritto da Ritondale quale protagonista di vicende avvincenti, nel susseguirsi di peripezie che accomunano in diversi stati d’animo ma con un’unica tensione narrativa, il climax finale, epifania di una sensibilità e una coscienza risvegliate che si palesa il 15 agosto 2040. Varie le tematiche toccate dall’autore: digitalizzazione, senilicidio, bullismo, immigrazione, anaffettività, solitudine, irresponsabilità e irrispettosità rendono questo testo letterario strumento di denuncia verso una società che premia le apparenze e riduce gli esseri ad automi senza una volontà propria, poiché facilmente condizionabili ai fini di interessi economici e di assoluto potere “Tutto è pronto per celebrare il valore della bellezza, la forza della disciplina, la propulsione dell’operosità produttiva, la potenza della giovinezza”.
Dal punto di vista stilistico, abbiamo a che fare con accuratezza di forma e struttura, che si sviluppa in perfetto ordine e si uniforma al migliore modello di narratologia. Nota essenziale è la perspicuità del narrare a delineare i contorni di una parola viva e spontanea, un linguaggio figurato che giova alla chiarezza e alla brevità, attraverso dialoghi spontanei, pensieri, ricordi, tra neologismi “buoni” di etimologia latina, madre della nostra stessa lingua e, a tratti opportunatamente utilizzata nella stesura; così come la non casuale scelta di nomi storici e mitologici nonché di citazioni in esergo, sono frutto di un’ispirazione ben centrata. Più che il successo di un futuristico processo evolutivo, l’autore mostra e dimostra che i nostri valori più preziosi risiedono in noi da sempre e che nessun regime può cancellare la nostra natura e la nostra etica. “La città senza rughe” sottolinea quell’impronta sensibilmente rispettosa che è amalgama ricco di esiti e suggestioni che commuovono e, allo stesso tempo, suscitano nel lettore empatia e condivisione d’intenti e di sentimenti. Tenace e costante la volontà, volta a confermare che occorre imparare dal passato progettando il futuro non distruggendo e alienando il nostro patrimonio culturale bensì conservando i più alti valori delle nostre origini, quali la poesia, la musica, gli antichi monumenti; tutto ciò che è memoria è prezioso.
Ogni regime totalitario è caratterizzato soprattutto dal tentativo di controllare capillarmente la società in tutti gli ambiti di vita “Lui promuove il nozionismo, non la cultura, come tutti gli uomini superficiali. I poeti gli fanno paura perché scavano nella mente e nell’anima, guardano oltre l’orizzonte… E con le parole i poeti costruiscono ponti”.
Il mio personale elogio verso un’opera, a mio avviso, decisamente metapsichica, soprattutto laddove esiste un chiaro messaggio premonitorio e ammonitorio riguardo il tema della vecchiaia, invitando e contribuendo ad acquisire consapevolezza che le “anime deboli che non sono utili alla nostra comunità” in realtà suggellano le virtù dell’esperienza, del buonsenso e della purezza d’animo.






28 lug 2019

La maschera di Euridice- Silvia Elena Di Donato

Silvia Elena Di Donato ha già ottenuto notevoli consensi di pubblico e di critica con la sua opera prima per la poesia “La maschera di Euridice” (Masciulli Edizioni – 2018). L’influsso culturale di una formazione umanistica nonché la sua esperienza di docente hanno sicuramente contribuito alla maturazione del linguaggio poetico e degli stilemi, inducendola a esprimere il lessema nella sua essenzialità senza però scarnificarlo. La ricezione del patrimonio della letteratura classica così come gli echi della mitologia greca delineano un paesaggio poetico molto diversificato, frammenti di esistenze di grande intensità e impatto emotivo.
Nei secoli, tanti sono i poeti e gli scrittori che hanno cantato il mito di Orfeo ed Euridice, ognuno con la sua personale interpretazione, la Di Donato ne coglie l’esperienza d’incanto e sgomento, con umiltà e sensibilità; le sue liriche sono una sorta di preparazione, un metodo di accesso alla vita mistica e a una maggiore diffusione di valori universali. La maschera come simbolo di identificazione, regola le energie spirituali sparse nel mondo e le intrappola per impedire il loro vagare, dominando e controllando il mondo invisibile: “Sola/trasfigurata in canto/penetra/la fenditura corrusca del mistero/madida del suo ultimo passo/sul crinale del grande fiume”.
Il verso è breve ma intenso, frutto di immagini folgoranti e trasparenze metaforiche, evocazioni che illuminano la comunicazione di una morale e di un insegnamento che restituisce un po’del tempo latore di bellezza. Silvia Elena Di Donato crede nella poesia e nella sua origine divina, ne difende l’incontaminatezza, riscopre quel senso della vita che colma l’abisso tra il sopra e il sotto dello spirito, fra Dio e gli uomini “Parole fresche/di albe e tormenti/sempre le stesse/sempre diverse/mistiche eterne occasioni di mondo […]”. Il suo canto è un cammino di ascesi, permeato dalla bellezza e dalla ricchezza di un’ispirazione che lei trae dal passato, quale sfondo e spinta per trasportarsi fantasticamente nel tempo evocato. Il mondo stesso, nella sua continua trasformazione, può essere letto tra le righe di detto percorso “[…] filigrane di echi di luce/fendono fasciami di nuvole/ - anfratti della mente infiniti - “e ogni intuizione del trascendente si concretizza nella pregnanza semantica di una parola sostanziale e mai banale, in una continuità di versificazione senza soste di virgole e punti mentre in alcune chiuse si evince un tono quasi epigrammatico. La luce interiore dell’autrice è immersa nella poesia che ammalia e incanta, tocca quella dimensione religiosa che è missione, cura dell’anima verso l’infinito e l’eternità[…] fra i frammenti/del tempo e della durata/parola archetipo/di eternità”. Sincerità e grandezza etica sono il lievito di ogni sua lirica. L’io poetico si abbandona senza allontanarsi dal mondo bensì ne rende tutte le sfumature più fini, i colori più delicati, donando al lettore un’atmosfera onirica “Il sogno/ ha le chiavi/ di ogni possibilità” ove il silenzio è conciliazione e potenziale creativo per una poesia che ha il compito di esplorare il mistero che è in noi, che coincide col senso del divino “E sorge nuova l’alba/ad abitare l’anima/spalancata/di pura luce assoluta/ alla meraviglia inattesa/che ne sorprende la soglia/ con passo divino” e come tale diviene un’inesauribile risorsa di pensieri profondi. “La maschera di Euridice” è una prima esperienza poetica che detta già un buon presupposto per ulteriori successi letterari.






13 lug 2019

Nanda Anibaldi e la sua poetica








Recensire opere composite, multiformi, dall'architettura complessa e articolata quali sono le liriche di Nanda Anibaldi, non è certamente un compito facile. Sin dal primo approccio si evince una poetica particolarmente vissuta, di un’artista ispirata e talentuosa. Il suo verso supera ogni concezione tradizionale, non mente bensì si allena a una verità interiore, non si delinea nell’astratto ma riavvolge e si dispiega lungo il procedere della vita. Lo stile della Nostra non è stereotipato bensì espressivo, personale, con immagini pittoriche che creano un’atmosfera intimistica, come se l’autrice volesse tenere stretto a sé ogni attimo, imprimendo la sua caratterizzante e soggettiva vocazione creativa.
Con estrema destrezza e dimestichezza, intensità e potenza d’emissione, le sue liriche approdano a un’arte di sostanza e non di sola apparenza: una sorta di specchio cognitivo che tende a sviluppare la propria coscienza.
Nella silloge “La tana del nibbio” (Firenze Libri, 1994), l’Io poetico è ispirato da moti interni dell’animo, spesso inspiegabili, legati a una pluralità di sentimenti spinti da una nuova esigenza di far luce e di raccontare le contraddizioni che, come una lama affilata penetrano nell’esistenza con lucidità e intransigenza, senza infingimenti. Significante e strategica la simbologia del rapace nibbio che sfrutta il vento più leggero - in questo caso la poesia - per uscire dalla sua tana ed elevarsi con poche battute di ali; il verso dona la capacità di liberarsi, di estraniarsi dai problemi per analizzarli con occhio critico, si distacca dal coro e si esprime in assoluta libertà: Tracce invisibili di magma/riciclate sul petto della terra/vengono cancellate/ ad ogni batter d’ali”.
La Anibaldi si pone in continua sfida, non solo con se stessa, in particolare con il discorso poetico con cui crea un confronto, giocando e utilizzando la fantasia come vitale interlocutore. Figure e immagini denotano maturità di visione e di espressione nonché una suprema saggezza di folgorazioni e di messaggi. Lei - donna smette di fuggire la sua ombra, dà un senso all’angoscia esistenziale e la domina con fortezza e coraggio: “L’intervallo di tempo/segna sconcerti/tra rivoli di pensiero/ che sciolgono l’ultima neve…Pescare il tuo/ nella tavola dei sogni/non è stato facile […] L’ho disegnato per te ma l’hai collocato nella memoria/labile/non ti servirà a proteggerti dal gioco/ ché i giocatori sono più scaltri [,] né ti aiuterà a bleffare/devi pescarne uno più grande/e metterlo come uno scafandro […]” Una poesia disvelativa che stimola domande e incontra l’alterità, abbraccia la dimensione estetica, lascia da parte il puro narcisismo per attuare il senso reale di quel poiein che è veicolo di trasformazione e cambiamento nell’attimo stesso in cui ci appare un’indomabile donna e una poetessa palazzeschiana di mirabile e ironica libertà.
Il desiderio di uno spirito che interroga il mistero:Parli e racconti/i fatti di sempre/Conosciuti/scontati/ma/li fabuli come tuoi/Il dramma si consuma/nel non avere risposta” che è ‘paradigma’ di una continua ricerca poetica, crea l’attimo per un linguaggio semantico arricchito e integrato da metafore e simbologie di alto spessore, a velare i grandi interrogativi dell’esistenza, al centro di una precisa analisi ontologica.
Sarai spaventato per le cose/che non potevi prevedere/e nel gioco ti sorprenderà/il bluff come regola” (Paradigma- Progetti editoriali srl- il lavoro editoriale, 2006)
Nella silloge “Paradigma”, una genesi biblica traccia l’ispirazione del verso per giungere a un amalgama biblico-pindarico ove notiamo un incredibile idealismo rinnovatore e rivoluzionario, pervaso da ritorni e rimeditazioni filosofiche; un’evocazione di ciò che è presenza felice e, allo stesso tempo, inevitabile consapevolezza del dileguarsi della vita e degli affetti più cari. I ricordi arrivano nei versi come bagliori di luce a sostenere i momenti più difficili, smorzando i toni di una tematica di fondo che è la stessa identità, sia retrospettiva che di continuità futura, ove il dubbio e la certezza, l’oscurità e la visione chiara, lottano a fronte delle esperienze vissute e dei ragionamenti che si evolvono nel pensiero: “Forse ti sentirò nella pioggia/quando l’acqua ha il colore del sonno/e mi scontrerò con te nella nebbia/gelatinosa/per chiederti scusa”. Un genere di poesia esegetica quale anello di collegamento tra studio e tradizioni culturali, sollecita la Anibaldi a indagare i vari contrasti tra razionalità e cuore, con una medesima funzione: trovare una densità di senso fra dimensioni diverse della realtà, tra prove e ostacoli, contrapposti alle tante nostalgie rivolte a tempi maggiormente genuini e spensierati: “Oggi ho rivisto il mare/con i colori del mio tempo/mentre la mia straneità/cammina sulle strade/ che ho già percorso”. La Nostra penetra in profondità, lo fa con critica tagliente, con le armi del paradosso e dell’ironia, trovando una sua modalità per interrogarsi e interrogare nonché per stimolare, tra l’osservazione e i meandri della mente, una logica riflessione anche su quanto rientra in un dogmatismo religioso. Non possiamo cambiare parti di noi cercando di nasconderle, tutto deve venire alla luce ed essere compreso; in altre parole, occorre diventarne amici. La poesia di Nanda Anibaldi è anche arte concettuale e, inevitabilmente, si trasfigura in catarsi di vita.

http://www.nandaanibaldi.it/index.php

19 nov 2018

LE GRANDI STORIE D'AMORE DELLA TERRA DI MARCA: Adolfo Leoni



Accade che, in una fredda serata di un sabato novembrino, ci si ritrovi con un gruppo di amici alla presentazione dell’ultimo libro di Adolfo Leoni: “LE GRANDI STORIE D’AMORE DELLA TERRA DI MARCA” (Albero Niro Editore) e si scopra che l’opera stessa è un’occasione di dialogo e confronto, al di là di ogni tempo e spazio.
Adolfo Leoni, giornalista e scrittore, è un uomo carismatico, affabulatore ed eclettico, il quale mai cessa di percorrere le vie della sua terra, traendone ispirazione per testi che, attraverso la sua creatività e perseveranza, ci donano sempre un momento formativo e particolarmente coinvolgente. I suoi racconti ci parlano di protagonisti- entità che pervadono il nostro territorio, si trasfigurano in quel tipico Genius loci alitante in scorci di paesaggi e antiche bellezze architettoniche della Terra di Marca e ne perpetuano la memoria. Ogni piccola o grande esistenza, sia bagliore o penombra, traccia in qualche modo la nostra stessa eredità storico-culturale e ne origina un legame indissolubile spesso sconosciuto, con una terra dove siamo soliti vivere distrattamente. L’autore rielabora sapientemente diverse fonti, in un’alternanza di prosa e pensiero lirico che molto si avvicina al genere letterario del prosimetro. Il  libro è un autentico omaggio alla sua terra, con cui egli si  confida, in intimo ascolto di presenze di una realtà lontana, su sentieri costellati di voci percepite nel cuore, fa rivivere nel suo immaginario figure realmente esistite o semplicemente presenti nel leggendario comune, si lascia trasportare in una ricerca interiore che scruta e si carica di una coscienza problematica, varca la soglia della complessità, si stempera in un interrogarsi sull’esistenza e, infine, raccoglie immagini di una lettura favolosa e d’intrattenimento, dove eterni sono gli interrogativi del chi siamo, dove andiamo, da dove veniamo: “Cammino per ricomporre un io scomposto[.] /Perché a noi è stato donato il giocattolo più bello [,] /che è la vita [,] che è l’intero cosmo [,] …” I dubbi si annodano nei singoli attimi indagati dal pensiero, in un linguaggio chiaro, intellegibile e profondamente comunicativo nella sua innata simbologia, si arricchiscono di etica e intuizione mentre il Nostro cantore di storie manifesta appieno la sua attitudine, si pone nella grandezza sinfonica del paesaggio, ne respira l’atmosfera, riscopre animi e sentimenti, ne impedisce ogni perdita e insignificanza proprie di una modernità controcorrente.
Il suo percorso è un lirico vagabondare, alla scoperta di luoghi e storie che ci appartengono, che sono all’origine della coscienza della nostra anima; con toni sinuosi fa echeggiare corde nascoste nell’animo del lettoreGaloppa la fantasia, si sbizzarrisce la mente, si dischiude il cuore. Non è fuga dal mondo. È dimensione parallela. Come immergersi in una realtà diversa. Pur sempre però realtà. E leggere. E immaginare. E sognare”.
Da ogni pagina si evince anche una velata sacralità per luoghi e tradizioni, che lasciano pensare a una sorta di anamnesi platonica, di quel risveglio della memoria legata al proprio territorio e chissà che non sia davvero questa la fonte da cui nasce la grande passione di Adolfo Leoni che si traduce semplicemente in amore sincero e devoto, rispetto e intimità con la propria terra. “[…] la terra parla […] / e noi invece tiriamo dritti [,] / senza accorgercene[.]… “Vorrei che altro ci parlasse [:] / quello spirito intriso nella terra[.]… Creato [,] Creatura [,] Creatore”.




10 lug 2017

"I Bucaneve di Ravensbrück" di Anna Laura Cittadino: evoluzione animica dell'amore oltre la vita.




Eppure l’amore non è solo perdita, rifiuto, mancanza; è impulso che smuove l’ordinaria sopravvivenza, è il camminare su una corda in punta di piedi sfidando la vertigine e il vuoto. È quel volo senza ali nel nostro infinito in cui è perfino possibile riconoscere il diafano riapparire delle anime”.

(Dalla Prefazione di Nuccia Martire)




Anna Laura Cittadino con I Bucaneve di Ravensbrück (Casa Editrice Kimerik – 2017) apre la via a un quesito sulla vera essenza dell’Infinito e dell’Eterno, nella veste leggera e gradevole di una relazione magica che nasconde, dietro l’apparenza di un amore improvviso e inspiegabile, la nascita di un legame karmico, un affresco quasi fiabesco di una storia d’amore che, nel tessuto narrativo, rivive il sentimento di un altro percorso molto più drammatico.
L’incontro tra un uomo e una donna, entrambi scrittori i quali, in un primo momento sembrano condividere solo la passione per una stessa arte, consente alla scrittrice di varcare la soglia di una memoria celata nell’anima, al fine di riscuotere un credito dharmico, verso identità entro cui il sentimento agisce e vive ab aeterno, sciogliendo i nodi irrisolti di un vissuto interrotto. Nella penna della Cittadino, il presente dei protagonisti, qui senza alcun nome proprio ma unicamente contraddistinti dalle forme oblique pronominali “Lui” e “Lei”, è tessuto con delicatezza di toni, sullo sfondo romantico ma non mieloso di una rielaborazione del passato; quasi una trasmigrazione di anime affini che continuano a viaggiare insieme cercando la propria metà perduta.“ […] Lui è… lui è… l’altra parte di me, l’altra metà del mio specchio, l’altra metà del mio sentire, è quel sogno che da sempre custodisco dentro e ho paura, so che mi sveglierò e lo vedrò svanire, evaporare, come una macchia d’acqua su un vestito… non può esistere”.
Due anime invisibilmente connesse, oltre le cognizioni spazio-temporali e in un ciclo infinito, si ritrovano in una nuova vita per poter risolvere ciò che era rimasto in sospeso. Chiusi i cancelli sugli orrori raccapriccianti del 1944 nel campo di concentramento femminile B2 di Birkenau, dove medici e ricercatori nazisti usavano le donne Rom-Sinti come cavie umane per esperimenti sulla sterilizzazione e per effettuare altri tipi di ricerche e, grazie soprattutto a una regressione ipnotica, le anime dei protagonisti ricordano e rivivono lo stesso grande amore di Marcin Lodz e Beatrix Cioran. È come se la loro anima, prim’ancora di incarnarsi, abbia scelto di sanare i dolori e il distacco, riscattando il proprio amore conclusosi troppo presto e non vissuto interamente “L’affanno si farà respiro e il respiro sarà il vento che gonfierà le vele del nostro cuore e ci spingerà lontano da quel tempo privo di luce che è stato il nostro passato”.
Quella vena di grazia intimamente poetica, propria di un personale procedimento stilistico e che abbiamo già trovato nei precedenti romanzi della scrittrice, riaffiora nuovamente dando vita a una continua onda lirica che fascia e avvolge il tutto, senza turbare minimamente la rappresentazione dei fatti e la purezza della trama, senza alcun dubbio particolarmente degna di nota; basti pensare  alla scena degli esperimenti e ai dialoghi che tengono avvinti alla lettura e a ciò che si svolge entro la narrazione degli avvenimenti.
La Nostra rinuncia al purismo, accettando parole di qualsiasi idioma, svolge il motivo a lei caro dell’amore primordiale, basato sulla teoria delle anime gemelle.
Gli argomenti trattati, come la regressione ipnotica e la reincarnazione, divengono non solo motivi di una celebrazione dell’amore in tutti i suoi più alti valori e un incitamento a vivere questo sentimento con forza e gioia ma costituiscono anche una retrospezione intenzionata a ripercorrere intrecci, legami, labirinti, luci e ombre di una terribile falcidia di tutte le Zigeunerinnen sopravvissute agli esperimenti nazisti.
Il romanzo “I Bucaneve di Ravensbrück” è bello, commovente e ricco di magnetismo poetico, dalla forma fluida e sintatticamente perfetta, ove ogni frase ha le sembianze di un piccolo capolavoro, per un accostarsi e sovrapporsi di immagini suggestive che lasciano trasparire un’incredibile ricchezza interiore, mediatrice di una missione estetica e spirituale d’artista.
Il Bucaneve, fiore simbolo dell’Eden, sta a dimostrare che solo l’amore, nel grande vuoto e nel gelo dell’esistenza, ha la funzione di far ritornare l’umanità al vero significato della vita, per cui deve essere sempre considerato come un’esperienza positiva “L’amore non può disorientare, se è amore”, laddove anche un percorso incompiuto diviene speranza e consolazione nonché presenza costante di quel soprannaturale che da sempre sconvolge e instilla dubbi in chi ancora non crede che l’amore vero possa avere un’evoluzione animica oltre la vita.







3 gen 2014

Recensione del saggio JANE EYRE di Lorenzo Spurio

Un'eccellente rilettura contemporanea di Lorenzo Spurio dell'intramontabile romanzo di Jane Eyre:





Jane Eyre- Una rilettura contemporanea - di Lorenzo Spurio, pubblicato nel 2011 con Edizioni Lulu è un’opera molto interessante, il suo contenuto rivela l’accuratezza di un’analisi saggistica di Lorenzo Spurio, sempre molto approfondita e degna di essere annoverata nella critica letteraria contemporanea. In questa suo testo l’autore, con sottigliezza e vivacità, coglie aspetti e tratti salienti che caratterizzano il periodo vittoriano, partendo proprio dal personaggio silenzioso ma assolutamente fondamentale della vicenda narrata da Charlotte Brontë: Bertha Mason, la moglie "pazza" di Rochester; il lato passionale e animale di Bertha mostra una quasi doppia identità della stessa Jane, da tenere nascosta e repressa secondo la concezione di quel tempo. Nel romanzo della Brontë, Jane non risulta mai schiava della passione anzi è pronta a sacrificare all’onore e al dovere lo stesso amore, eppure il coraggio e la determinazione di questa eroina rendono l’opera un vero capolavoro, sebbene a suo tempo destò un certo scalpore, urtando le idee vittoriane di delicatezza.  Interessante l’indagine, la lettura incrociata e minuziosa di Lorenzo Spurio dei quattro romanzi : Il gran mare dei Sargassi di Jean Rhys, Charlotte, l’ultimo viaggio di Jane Eyre di D.M. Thomas, Jane Slayre di Sherri Browning Erwin  e La bambinaia francese di Bianca Pitzorno, grazie ai quali l’autore ripercorre ogni spin off riguardo personaggi e contesti, esaminando e ponendo a confronto le diverse problematiche connesse a temi di razzismo coloniale, emarginazione, ribellione degli schiavi e prime reazioni verso un’emancipazione femminile, affidandosi a brani e precisi riferimenti di ogni romanzo saggiato. La sua interpretazione del romanzo Jane Eyre è sicuramente un felice risultato della sua spiccata qualità d’osservazione realistica e ironica, alle quali è solito unire intensità di temi sociali ed emozionali espressi in modo diretto e particolarmente chiaro. Il suo stile si condensa in scene, in pagine che approfondiscono o meglio, svelano altri aspetti della storia e soprattutto dei singoli caratteri, viste anche le differenti chiavi di lettura tra più romanzi. Il libro contiene anche una personale intervista dell’autore alla scrittrice Sherri Browning Erwin, la quale, con un imprevedibile sviluppo paranormale, dipinge il personaggio di Jane come una donna vampiro. Il viaggio tra le righe della comparazione tra i quattro romanzi viene infine arricchito dalla menzione delle varie realizzazioni cinematografiche e televisive dell’intramontabile protagonista del romanzo della Brontë.
Lucidità metodologica e onestà intellettuale hanno permesso allo scrittore e critico Lorenzo Spurio di realizzare al meglio un saggio breve, privo di caratteri di semplificazione bensì strutturalmente più impegnativo.
Jane Eyre è un romanzo che non conosce i segni del tempo, lei è una donna anticonvenzionale, anticonformista e progressista nell'intelletto, specie per le sue convinzioni nei confronti delle donne e nel loro ruolo nella società. Lorenzo Spurio, critico letterario che io definisco propriamente sociologico, con questo primo saggio nonché prima pubblicazione in assoluto, ci ha regalato un testo per rivivere la magia dello stile e delle ambientazioni di uno dei classici più popolari di tutti i tempi. Jane Eyre di Lorenzo Spurio con la propria “rilettura contemporanea” è un piccolo gioiello capace di fare appello al cuore con una forza senza tempo, in grado di farci dimenticare che il romanzo sia stato scritto quasi due secoli fa.



Susanna Polimanti
Cupra Marittima   02.01.2014

http://www.lulu.com/it/it/shop/lorenzo-spurio/jane-eyre-una-rilettura-contemporanea/paperback/product-16519170.html

8 dic 2012

Una valigia tutta sbagliata di Matteo Grimaldi

Matteo Grimaldi è un giovane scrittore, nativo della città L'Aquila, dove pochissimi anni fa si è abbattuto un sisma tremendo che ha messo letteralmente in ginocchio questa bella città degli Abruzzi, nonché i suoi abitanti. Abbiamo sentito parlare tanto di loro e della loro fierezza. Ho avuto il piacere di partecipare alla presentazione del libro di Matteo, organizzata dal gruppo culturale Abruzzo in lettere, domenica 2 dicembre a Giulianova. Ho conosciuto di persona Matteo e sono rimasta affascinata dalla sua luminosa sensibilità. " Bravo Matteo, questa è la tua terza pubblicazione, sono certa che nel prossimo futuro ci regalerai ancora qualcosa di tuo. Complimenti!"  

Susanna




3 dic 2012

La colpa di scrivere di Anna Laura Cittadino



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Recensione

Arthur Schopenhauer ha scritto: “Lo stile è la fisionomia dello spirito”.
Il romanzo La colpa di scrivere è un’autentica testimonianza della passione per la scrittura, propria della scrittrice Anna Laura Cittadino. Il suo stile è impeccabile, preciso, senza retorica. Il romanzo ha una notevole capacità di coinvolgimento, esercitando sul lettore un potere quasi ipnotico. La protagonista Nina ci prende per mano e ci guida attraverso il suo difficile cammino, spingendoci ad immergerci nel suo grande amore: un sentimento vero e totalizzante, ma difficile in quanto clandestino.
Un amore inteso come specchio spirituale e come via verso la conoscenza e l’arte della scrittura. Le descrizioni incantano, come dipinti divengono veri e propri personaggi e si fondono con la trama del romanzo. La natura effettiva ed espressiva è lo sfondo tratteggiato sul quale si disegna l’anima della protagonista che diviene in alcuni punti, genuina poesia.
«Lui aveva abitato il mio cuore ed era il luogo più bello che la mia memoria conservasse»… « Ma l’amore non si sceglie , non è un abito con cui vestire il cuore»… In queste frasi ho ritrovato la mano della vera essenza spirituale dell’amore, vissuto e consumato fino in fondo, ma che sottolinea i suoi valori più profondi anche quando il tradimento finale ci palesa il risentimento dell’anima di Nina e di quella sua parte creativa e disincantata sul mondo.
Il romanzo di Anna Laura Cittadino è un valore aggiunto per il nostro patrimonio culturale, un dono per la collettività, un esempio di scrittura sentita, preziosa che avvicina ogni lettore al mondo interiore dei sentimenti, dei desideri e dei sogni.
Con questo romanzo la scrittrice è riuscita a trasmettere con coraggio anche la realtà più nascosta di una società, a mio avviso, di ogni tempo: l’ignoranza, da intendersi anche come superficialità e malignità, oltre dunque il suo significato etimologico di “non conoscenza”.
La storia descritta nel romanzo rappresenta dunque una completezza di sentimenti che appartiene ad ogni individuo e che può essere superata ritrovando in noi la capacità di superare i limiti imposti dal mondo esteriore per raggiungere la vera libertà di espressione spirituale.
Considero questo romanzo come un vero e proprio dono, una trascrizione valida per ogni personale lettura di vita.


Susanna Polimanti