25 lug 2013

Un articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu


Vi presento, ospite nel mio blog, l’artista Maria Antonietta Pirrigheddu di Tempio Pausania, Sardegna.
La denominazione di “artista” è riduttiva nel caso di Mari, come tutti i suoi amici affettuosamente la chiamano, lei è un’artista autentica, a 360 gradi: pittrice su vetro, attrice di teatro, scrittrice, straordinaria trasformista nei suoi tanti sketch in pubblico, lettrice di prosa e poesie ed infine… racconta fiabe antiche e rivisitate dalla sua magica fantasia.
Ha un sito fantastico: www.lunadivetro.it, dove scrive articoli di angelologia, scienza ed attualità.
Oggi pubblico il link del suo articolo su Uriel, l’Angelo del seme, leggetelo! È un articolo molto interessante, sono certa vi piacerà. Non dimenticate di visitare i suoi Talismani fatti a mano con minuziosa maestria.



://www.lunadivetro.it/scoperte/Uriel/Uriel%2cl%27angelo_del_seme.htm

14 lug 2013

Recensione di Donna Ferula di Maria Cinus




Donna Ferula di Maria Cinus - CF Edizioni, non è semplicemente un libro autobiografico bensì un’autentica narrazione di sé, è un ritorno dell’autrice a se stessa, alla conoscenza e nostalgia di sé, dei luoghi dell’infanzia a lei cari, della sua terra di origine: la Sardegna, dove ritorna, proprietaria della vecchia casa ristrutturata, ereditata da sua nonna. Il racconto inizia e coincide con un momento ben preciso, legato al ritrovamento di un “piccolo quaderno con la copertina consunta”, tra le sue pagine “un fiore secco” di ferula e di “una foto in bianco e nero un po’ ingiallita e coi bordi sfrangiati”; ritratte nella foto, due giovani donne: la zia Caterina e sua cugina Francesca Ferula. Scorrendo la lettura si scopre una storia straordinaria nella memoria storica della zia Caterina, che concede a sua nipote di ascoltare e ripercorrere il passato; le sue parole fanno rivivere consuetudini ed emozioni infantili della scrittrice che, costeggiando ed esplorando sentieri ricchi di sapori, odori ed intime sensazioni, rivive la sua terra con il suo particolarissimo dialetto ed i suoi antichi costumi. Maria Cinus parla dell’isola come un’eroina romantica, con estremo coraggio affronta il tema della nostalgia per quella ricchezza affettiva, nonostante le difficoltà quotidiane dettate dalla povertà della sua gente. Lo stile è fresco, pulito, molto scorrevole, con estrema semplicità l’autrice attrae il lettore nella descrizione narrativa, nell'attenzione alla resa delle espressioni e dei dettagli in un insieme di elementi minuziosi e raffinati che realizzano un preziosismo quasi pittorico.
Il tema dominante della narrazione è l’amore nostalgico, che ritorna con incalzanti sequenze di flashbacks e non riesce a spezzare il legame che si è creato con quel mondo così lontano e diverso ma allo stesso tempo così vero e profondo. La scrittrice non fa economia di sentimenti; nel suo libro si percepisce forte la presenza delle sue emozioni legate alla sua terra, la tormentata volontà di avere di nuovo quello che si è perso e che non è possibile rivivere nell'ambiente attuale. La nostalgia percepita tra le righe del suo racconto è condivisibile per chiunque viva lontano dal suo paese di origine e diviene a tratti malinconia, tristezza, assenza di qualcuno ma, nello stesso tempo coraggio, a non lasciarsi sopraffare da tale struggimento e piacere nel mantenere in vita ciò o chi non esiste più, è lontano o non può tornare se non con la potente arma dell’amore.
Conosco personalmente la scrittrice Maria Cinus da poco tempo, pur avendo già percepito la purezza e la profondità del suo cuore, leggere il suo Donna Ferula è stato per me come sfogliare le pagine più profonde di un’anima, capace di tradurre ogni parola in immagini vivide e affascinanti. Il racconto che la Cinus ci presenta travalica il suo tempo presente e stabilisce una continuità tra passato, presente e futuro, affidandone la custodia alle donne, principali protagoniste di questo libro. Altro elemento incredibile è la coincidenza della parola ferula, oltre ad essere il titolo stesso del libro quale cognome della maggiore protagonista, di fatto è anche il nome che distingue la pianta erbacea tipica della Sardegna con il suo “fiore giallo a forma di ombrello”; non a caso una pianta che “cresce nei prati e nei terreni aridi, dove ci sono le pietre”. La nostalgia della scrittrice nel dolore del ritorno diviene amore intenso e assolutamente spontaneo nella sua memoria; lo stesso amore che la ricondurrà ancora sulla sua adorata isola e basterà allora “girarsi verso il cancello” e ritrovare “le due grandi querce che sono lì da anni, immote sentinelle, mentre la sua vita si svolge altrove”.



Susanna Polimanti

7 lug 2013

Recensione: Quello che resta di Francesco Casali

Con immenso piacere pubblico la mia recensione a Quello che resta di Francesco Casali




Quello che resta di Francesco Casali- Koi Press (2013) è il secondo libro dell’autore. Dopo Niente da nascondere, ancora una volta Casali riesce a stimolare sensibilità ed attenzione nel saper cogliere il particolare soggettivo, che svolge con la sua unitarietà di genere letterario sulla trattazione del dolore psichico, nel senso più vasto della parola, raggiungendo gradualmente gli aspetti più salienti del disagio nella vita interiore dell’individuo e di quel particolarissimo dolore emozionale derivante da stati affettivi complessi, sottolineati dalla sua brillante e profonda formazione esperienziale. In questa sua opera Francesco Casali tocca i precordi, esaminando nel vivo temi quali la disperazione, la rabbia e la depressione che derivano dalla separazione e dall’abbandono per la perdita di un figlio, la sofferenza fisica che si nasconde dietro un disagio mentale ed una vulnerabilità cognitiva; la scelta di una decorazione corporale quale il tatuaggio come formazione, rinforzo o cambiamento di un’identità che spesso diviene espressione di un   conflitto di processi intrapsichici; il suicidio quale ultima spiaggia, nell’incapacità di accettare e donare amore; la possessione e vessazione diabolica quali eventi osservati e vissuti dal punto di vista teologico, con autentici riferimenti a sacerdoti esorcisti, o inspiegabili e dunque,  studiati scientificamente a livello medico-psichiatrico. Quello che resta è un’opera di mediazione e psicologia transpersonale dove risalta l’ingegno analitico dell’autore che esamina, sviscera, commuove e coinvolge, tra equilibri fortemente controversi, dove le parole convivono con riferimenti in lingua, citazioni ed esperienze dirette di noti psicologi, psichiatri, assolutamente indispensabili per la narrazione di temi assai delicati.
Lo stile è nitido, estremamente scorrevole, peculiare. Francesco Casali adotta un metodo efficace che supera la semplice scrittura di contenuti, rendendo l’esposizione fine e garbata, propria dello psichismo dell’autore, un’innata sensibilità a livello mentale ed individuale che con molta diplomazia e profondità di contenuti si riversa nella conclusione del suo libro, rivelando la vera ineluttabile consapevolezza del dolore che la vita stessa comporta e nel valore di contrapposizione che il sentimento dell’amore universale può risolvere se non totalmente almeno in buona parte. Tra le righe si respirano le motivazioni più subdole che anche il noto dolore del ritorno, la nostalgia, fa  degenerare con sintomi nascosti in un incipiente disagio che ci allontana dalle emozioni più vere ed autentiche del nostro io, tanto da trasferire qualunque nostro vissuto nel mondo virtuale dei Social Network, evitando così di affrontare direttamente l’effettivo contatto di relazione interpersonale.
Trovo molto interessante anche il fatto che Casali abbia una capacità innata nel narrare episodi di dolore reale e non fittizio, anche laddove l’individuo rischia di divenire per se stesso il primo inimicus homo, lasciandosi sopraffare dal suo stesso dolore, rifiutando l’accettazione che questa impietosa sofferenza fa comunque parte del nostro essere uomini, nessuno potrebbe mai cancellarne i conseguenti effetti di afflizione e disperazione, semmai dovrebbe cercare di raggiungere tramite il dolore una qualche soglia di verità, che avvicina ogni individuo ad uno stato mentale di equilibrio e saggezza.  
Concludo la mia recensione al bellissimo libro Quello che resta con queste poche parole di Siddharta,, dove Hermann Hesse così ha scritto:« E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo. Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.»





Susanna Polimanti