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15 mag 2014

Ringrazio la poetessa Rosaria Minosa per questo bellissimo commento al mio libro LETTERE MAI LETTE


Ciao Susanna, non sono una recensionista ma ogni volta che leggo un libro che mi comunica emozioni, scrivo sempre il mio pensiero su un quaderno.  In Lettere mai lette come tu stessa scrivi, forse qualcuno si riconoscerà o addirittura penserà di essere il o la protagonista delle tue lettere. In queste lettere ti sei messa completamente a nudo, esprimendo emozioni, paure, angosce ma anche momenti felici di spensieratezza, ricordi legati a persone e cose, ricordi legati al tuo amico cane, ricordi di persone che non sono più presenti nella tua vita. Tutto questo scritto con una vena nostalgica per non aver mai detto quello che si ha realmente nel cuore. È proprio vero, quando le persone ci vengono a mancare oppure per un destino diverso dal nostro le strade si dividono, ci si rende conto della loro importanza, siamo assaliti da sensi di colpa. Queste lettere dovrebbero porre il lettore in uno stato di riflessione, dovrebbero farci comprendere quanto sia importante riuscire a tirare fuori le nostre emozioni e ogni nostro stato d’animo. A volte diventa difficile dire alle persone TI VOGLIO BENE come potrebbe essere facile se a dirlo non sia veramente il nostro cuore ma la voglia di apparire, di piacere agli altri, come scrivi nella lettera FANTASMA DI FUMO E PROFUMO “[…] davo senza riserve e ricevevo in cambio soltanto ciò che faceva comodo ad amici, familiari, amori vari”. In questa lettera si percepisce la tua crescita interiore, dove finalmente la tua razionalità non è più predominante ma si evincono i tuoi sentimenti puri, ora finalmente tu sai cosa vuoi dalla vita, sei pronta ad amare. Un’altra lettera bella e toccante è la lettera scritta a quel piccolo angelo biondo mai nato. In questa lettera esplode tutto l’amore che hai per la vita ma soprattutto esplode la tua fede, il credere in una vita dopo quella terrena “[…] non so perché ti scrivo questa lettera forse perché mi auguro che tutti gli angeli possano leggerla”. Fede che ritroviamo anche nella lettera UN BOXER SPECIALE “[…] ora sei lassù nel sole, nella luna […]” lettera in cui si legge l’amore che avevi per il tuo cane e tutto l’amore incondizionato che lui ti ha dato, ringraziando Dio per quei momenti. E poi ancora un’altra lettera molto significativa LA FERITA SI CHIUDE, qui è presente la consapevolezza di essere donna. Quante di noi, convinte di aver trovato l’amore della nostra vita si sono annullate, umiliate ma poi a un certo punto hanno preso coscienza di se stesse e della  propria persona; ci sentiamo finalmente donne e il mondo ci crolla addosso perché ci rendiamo conto che la persona che abbiamo accanto è un perfettamente estraneo, ci si rende conto che il nostro era un amore malato che ci ha rese schiave, un amore che ci ha annullato e non ci ha permesso di vedere con i nostri occhi ma con gli occhi degli altri. La cosa più strana è che, a distanza di anni ci si chiede - ma ero proprio io quella donna? - 
Ogni lettera scritta ci induce a una attenta riflessione come ancora in PAUSA, dove tu Susanna, ci permetti di comprendere l’importanza di captare “[…] i messaggi e i segnali che il nostro stesso corpo ci manda ogni giorno” e che, purtroppo, noi non ascoltiamo solo perché ci fa comodo. Prima di pensare ai bisogni degli altri, dobbiamo comprendere il nostro essere, solo così riusciremo veramente ad aiutare gli altri.  Susanna, la tua fede e l’amore che hai per la vita sono presenti in ogni tua lettera. Consiglio questo libro a tutte quelle donne che consapevolmente stanno vivendo un amore sbagliato. Donne, agite come ha fatto Susanna, prendete una penna e scrivete tutto quello che avete dentro, scrivete con cuore e razionalità, rileggete poi più volte quanto avete scritto, vi renderete conto che le situazioni che vi portano malessere sono tante, solo così riuscirete a venire fuori da quel tunnel prima che sia troppo tardi. GRAZIE SUSANNA PER IL TUO INSEGNAMENTO DI VITA!


ROSARIA MINOSA

Verona 27 aprile 2014

19 apr 2014

Il buio La luce L'amore di Rosaria Minosa - Tematiche intense e drammatiche

Se giudichi le persone, non hai il tempo di amarle
(Madre Teresa di Calcutta)



Il buio La luce L’amore, la seconda pubblicazione di Rosaria Minosa (Albatros 2012) è un romanzo dai toni umili e discreti che profonde sentimenti autentici. È pervaso da tematiche intense e drammatiche, socialmente molto sentite quali la malattia tumorale e l’alcolismo.
La narrazione si apre con l’esperienza di pre-morte della protagonista Patrizia che, sottoposta a un intervento all’utero, si trova a dover scegliere tra la visione del tunnel di luce di fronte a lei e il rientro nel suo corpo fisico; da qui e non solo, nasce il titolo stesso del libro “Non sentiva dolore, quel male che l’aveva soffocata era sparito. Il tunnel s’illuminava, si allargava sempre più e lei ebbe la sensazione di vedere LA LUCE […] Andare avanti significava vivere con L’AMORE, L’IMMENSO.
La decisione della donna di continuare a vivere e abbandonare quella via di luce e amore, comporta ogni vissuto successivo, inclusa l’intima sofferenza di vivere accanto a un marito dedito all’alcol ormai da parecchi anni. Rosaria Minosa ci presenta un viaggio dentro se stessi, diretto a coloro che sono destinati ad accettare con fatica ogni genere di depressione, causata dal trauma psicologico dopo una malattia, così come da tutti quei fattori inconsci determinanti emarginazione, angoscia e reazione al sociale che, il più delle volte contraddistinguono ogni alcolista. Patrizia si trova a vivere la stessa malattia tumorale che le aveva portato via anche sua madre, per ben due volte si sente menomata, tuttavia riuscirà a uscire da quell’oscuro tunnel e con tanta umiltà e dignità sarà in grado di recuperare l’amore di Stefano e il suo matrimonio.

Lo stile è privo di ogni ornamento retorico, ricco di note essenziali ed emotive. Il linguaggio è fluido e coinvolgente in un alternarsi d’immagini sempre vivide.

Un libro importante e coraggioso che affronta lo choc per l’elaborazione di una malattia, dei conflitti interiori, la mancanza di una base d’amore certa tra un uomo e una donna, lo spettro di un alcolismo che ruba tutte le caratteristiche di una persona, rendendola restìa a qualunque dialogo e comprensione. Oltre le tematiche sociali fortemente attuali, ritengo che l’essenzialità del messaggio sia l’alessitimia, già rilevata nel primo romanzo di Rosaria Minosa (Il sorriso rubato). Alla base di ogni disagio emotivo o psichico c’è sempre e comunque l’incapacità di esprimere le proprie emozioni, rimarcando ogni problematica derivante dalla sofferenza della non comprensione degli altrui e propri stati d’animo, l’assenza totale di confronto relazionale.
La caratteristica emotiva e la percezione di inadeguatezza vengono raramente espresse e sono spesso causa di insorgenza di incompatibilità caratteriale e sentimentale. Questa percezione è motivata dal conflitto tra l’immagine di sé fortemente idealizzata e l’insoddisfazione per la propria realizzazione personale.
Il buio La luce L’amore è un’incessante lezione di umiltà e stimolo all’ascolto di quanto spesso si tende a nascondere, non solo agli altri ma anche a se stessi. La storia di Patrizia e di suo marito Stefano diviene un preciso valore simbolico, delegato alla costruzione dell’autostima, dell’indispensabile amor proprio. L’autrice Rosaria Minosa, abituata a vivere nella quotidianità situazioni di disagio familiare e sociale, c’insegna ad ascoltare e ascoltarsi, a mettersi continuamente in discussione al fine di porre i principi al di sopra della personalità e di praticare una sincera umiltà.
Se non provassimo emozioni saremmo tutti separati dalla vita, Rosaria Minosa con il suo libro  insiste su tale tematica e ci esorta a viverle sempre e comunque, lasciandole fluire per conseguire la crescita e la guarigione interiore.
Infine, ogni storia e ogni amore, se debitamente e volutamente sentito e vissuto può ricondurci a ritrovare la propria dimensione “[…] dopo il BUIO, un po’ di LUCE, che porterà loro L’AMORE.”









11 apr 2014


Le poesie di Sandra Carresi: un salmo, una preghiera, un inno alla vita!




La poetessa e scrittrice Sandra Carresi ritorna ai lettori con la nuova silloge I cristalli dell’alba, del marzo 2014 per la Collana Indaco-Poesia di TraccePerLaMeta Edizioni. Il titolo della silloge poetica è già di per sé un inno alla luce e alla purezza. Il cristallo è un minerale naturale e trasparente, simbolo di purificazione, da esso s’irradiano fasci di energia luminosa; l’alba è il simbolo del nuovo giorno e del risveglio interiore, le ombre della notte si diradano e riappare quel momento affascinante e magico in cui avanza il chiarore che illumina il nostro animo e la nostra volontà.
La poetica di Sandra Carresi tocca nel vivo temi importanti quale la vita, l’amore e il dolore. I suoi versi percorrono stati d’animo reali che appartengono a tutti. Immagini semplici ma di forte impatto emotivo esprimono il progressivo indebolirsi di certezze del mondo potente e debole a un tempo; con grande equilibrio la poetessa affronta dolorose note attuali, prima fra tutte lo sgretolamento di valori del mondo contemporaneo “[…] in un secolo gonfio di valori/sbattuti in terra come falsi pudori[.]” e misura una distanza tra un passato e un presente mentre nel suo cuore il tempo non muta  “Provocante e raffinato/questo rincorrere/del tempo/che alla fine poi [,] /rimane intrecciato nelle/pieghe del mio sorriso [,] /mutando il corpo [,] / ma [,]restando fermo/ in quel gioco sottile/dell’antico temperamento [.]”
Ogni poesia riconduce a un preciso codice etico che permette alla poetessa di approdare su aspetti di disagio, episodi di violenza, condizioni di povertà e necessità di maggiore giustizia; la poetessa delinea il nostro presente con significato connotativoFeroci questi tempi/di sangue e di sale/di gelosie e vendette” che infettano e contagiano la nostra società, viziando l’aria e la luce del nostro paese.  Immagini inattese rappresentano il mondo interiore, in alcune strofe ritroviamo delicatezza di toni, in altre una pungente nostalgia. Sandra Carresi con la sua poesia supera il soggettivismo e si pone in comunione con la natura che le si apre allo sguardo come un “ventaglio”, unisce il suo cuore al cuore di ognuno. Con particolare espressività di termini sottolinea l’onestà, la dignità e l’umiltà, poiché senza di esse non può esserci la gioia che incanala le nostre energie naturali.

Il suo stile è semplice, ritmico, predilige strofe brevi che creano una trama d’infinite suggestioni ed emozioni, ne risulta un verso che diviene quasi un salmo, una preghiera, un inno alla vita.
Sandra Carresi utilizza una costruzione del verso con una particolare attenzione alla musicalità e al ritmo, una poesia dunque, che chiede di essere ascoltata e non solo letta. Anafore ricorrenti nelle diverse strofe e parole ripetute con lettera maiuscola quali Mondo, Vita e Terra, concedono ritmo incalzante e martellante, quasi a ribadire tra i versi elementi e concetti di richiamo.
In una sinestesia visiva, la poetessa geme con coloro che piangono e allo stesso tempo canta la gioia e la grida. Le sue parole incitano a ritrovare l’amore condiviso, a “[…] conservarne memoria/nella grotta della vita.” per riscoprire “[…] il sapore antico/del passato […]”.
Sandra Carresi con la sua silloge I cristalli dell’alba protende lo sguardo lontano, squarcia il silenzio, oltrepassa il filtro di ogni barriera debilitante, esce dall’ombra e si affida alla luce della rinascita, della speranza certa di ogni nuova alba. I suoi cristalli calmano i sensi, scaldano i nostri cuori e ci stimolano a non sentirci più atomi isolati bensì parte di un grande universo d’amore “La speranza unisce l’anima/ e la fame di cuore/fa di ogni burrasca/cristalli, da disegnare nel tempo”.
I cristalli dell’alba di Sandra Carresi è un testo letterario polisemico che può essere interpretato in più modi, tuttavia, le poesie ivi contenute richiamano moltissimo la poetica dannunziana, laddove una realtà difficile e dolorosa vela la luminosa bellezza di ogni anima.



SUSANNA POLIMANTI


http://www.tracceperlameta.org/tplm_edizioni/negozio/sandra-carresi-i-cristalli-dellalba/

14 feb 2014

Memorie intrusive- La nuova silloge poetica di Ilaria Celestini

La mia recensione alla silloge Memorie intrusive di Ilaria Celestini che introduco con qualche riga della Nota dell'Autrice: 

"Con Memorie intrusive ho scelto di rappresentare l'aspetto più brutale del sentimento, quello che porta al degrado di sé e dell'altro, visto come mezzo e non come fine, come strumento da vittimizzare e vittimizzante a sua volta."






Memorie intrusive è la nuova silloge poetica di Ilaria Celestini, pubblicata lo scorso gennaio con TraccePerLaMeta Edizioni. Da una prima lettura della Nota dell’Autrice nonché della Prefazione, curata dallo scrittore e critico letterario Lorenzo Spurio, ho immediatamente intuito e apprezzato il valore di questa silloge. Sin dai primi versi il nostro animo è scosso dal tema dell’abuso, del dolore e della sofferenza che ne conseguono, la stessa poetessa in apertura irrompe con i versi: “Ti parlerò del mio/dolore antico/di mani avide e spietate/ che mi fecero/ terra di conquista…” In ogni verso si evince un sentimento d’impotenza e vulnerabilità di fronte all’essenza di “memorie” ivi intese come ritenute, trattenute, “intrusive” al punto di solidificarsi nell’anima mentre riproducono un vissuto primitivo.
In Memorie intrusive leggiamo e percepiamo una poesia rappresentativa di un ricordo incancellabile, incoercibile che l’autrice rivendica con immagini molto significative e toccanti di un intimo che si libera ed esprime il proprio substrato di malinconico tormento, attraverso una ricerca di stile e di spessore dignitoso, delicato, seppure icastico e solidale. È decisivo l’intento di smuovere una forza interiore e ritrovare un tempo propizio per ricominciare a vivere con maggiore serenità. La continuità dei versi in un’eccellente modalità stilistica, denota l’incisività del penoso ma quanto mai attuale tema della violenza sulle donne e quanto di più feroce e distruttivo possa diventare quando le emozioni traumatizzanti colpiscono e turbano l’innocenza e la purezza dell’infanzia: “I miei ricordi sono animali feriti/e notti tremanti prive di senso/derubate di un sogno”. Ogni visione evocata dalla poetessa è un messaggio comunicativo diretto e intenso; tramite la sua preparazione culturale e poetica, Ilaria Celestini fa un uso equilibrato del tessuto espressivo, veicolando principi e valori etici toccanti e veritieri. Memorie intrusive è una silloge che rende l’efficacia e la forza espressiva della poesia sociale e allo stesso tempo personale, un riverbero di anime che soffrono e si rialzano, lo stesso cuore del poeta che “è una terra che nessuno/vuole visitare” si rivela uno strumento reale per fissare la testimonianza del dolore di un abuso. Le poesie di Ilaria Celestini sono un’epigrafe destinata a durare nel tempo, una lezione per il mondo odierno che, negando ogni evento di abuso quale una piaga straziante, in cui la donna è solo preda e non appare più come essere umano, oltremodo nega il valore stesso del ruolo della donna. Le ricorrenze delle espressioni metaforiche mostrano un raffronto tra elementi negativi e positivi, sul piano inferiore si blocca di fronte all’esperienza abusiva vissuta mentre s’innalza ad un piano superiore verso il ruolo sostanziale della poesia che permette di ritrovare coraggio, pretende un approfondimento della vita interiore e la scoperta di una dimensione maggiormente libera dal dolore del ricordo. La poetessa si lascia infine cullare dai suoi versi che le permettono di uscire dai penosi ricordi e l’aiutano a librarsi attraverso le sue stesse immagini, nella speranza che possa esistere ancora la leggerezza del cuore e il riconoscimento del valore di un amore pulito, libero e totalizzante “al di là/dell’orizzonte di un amore perduto/un giorno magari anche per me/tornerà a schiudersi il cielo”.
Non ho dubbi che la silloge Memorie intrusive di Ilaria Celestini possa esprimere e interpretare un collegamento prezioso con chiunque viva per diretta esperienza o indirettamente eventi devastanti, tematica che ci riguarda tutti poiché spunto per una meditazione di stretta attualità.
La poesia è un appuntamento con la profondità del mondo interiore, un dialogo con sé stessi. Memorie intrusive è una raccolta di poesie che fa breccia nel cuore delle donne e non solo, sensibilizzando tutti quei cuori che sono in contrasto con la crudeltà dell’amore perverso e il narcisismo, per rivolgersi sempre e solo verso ogni forma di amore “buono”.



Susanna Polimanti
Cupra Marittima 13.02.2104


27 nov 2013

Mario De Rosa e la sua poesia: sofisticata e fortemente emotiva

Oggi vi  presento il poeta calabrese Mario De Rosa e la sua silloge: Navigando Silenzi.

Non posso inserire il suo curriculum letterario perché non avrei abbastanza righe per scrivere, mi limito a dirvi che Mario De Rosa è un poeta che ha conseguito vari Premi Letterari ed è Presidente di Giuria in vari concorsi. Spero che la mia recensione alla sua ultima silloge sia in grado di esprimere al meglio il valore della sua poesia.
Buona lettura!






Recensione della silloge: Navigando Silenzi di Mario De Rosa


La silloge poetica Navigando Silenzi di Mario De Rosa, edita da Montedit per la Collana Le schegge d’oro si articola in tre capitoli, in cui spiccano i differenti colori dell’anima del poeta: “Cadendo/foglie d’autunno/affusolate dita/sui tasti solo sfiorati/del mio sentire/dischiudono le porte/d’una magia di colori”. I versi iniziano con un percorso di sentimenti invisibili chiusi nel cuore di un padre che nell’amore verso un figlio trova lo stimolo per una rinata forza e via via divengono dei chiaroscuri come “rotte invisibili/di gabbiani saputi” per poi fermarsi come vere e proprie orme sulla sabbia, dove si ha l’impressione che lentamente o improvvisamente la psicologia del poeta si stia trasformando in una poetica unica, dedicata alla sua famiglia, a un mondo prezioso che vive e palpita nella stupenda cornice della natura. Tra gli elementi naturali forti sono le immagini del vento che “scompiglia i pensieri” e li “porta con sé/fuggiaschi e di un “increspato mare” alle cui onde il poeta affida la sua ispirazione. È dunque la poesia la sua fonte d’ispirazione, a essa si affida, rendendosi libero di uscire come “ladro dall’ombra” e di esprimere sensazioni quanto mai inesorabili nel suo cammino di vita. Seguendo gli sviluppi ravvicinati dei suoi versi si scoprono anche le connotazioni più personali, legate alla memoria, all'autobiografia, alla riflessione intima.
Il poeta Mario De Rosa è una voce imponente nella nostra poetica contemporanea, non a caso ha conseguito vari riconoscimenti in campo letterario oltre che essere presidente di giuria in vari concorsi; egli si presenta al suo pubblico con uno stile sofisticato e un linguaggio finemente elaborato, la poetica di De Rosa è un’esperienza fluida dove le parole sono scelte accuratamente, messe l’una accanto all’altra a formare vedute di luoghi in cui il lettore-ascoltatore si ritrova a muoversi in scenari non più frutto letterario ma reali; i suoi versi riescono a sferzare la coscienza di tutti, toccando pensieri e sentimenti molto profondi, non tralasciando i ricordi rivolti all’infanzia e all’adolescenza, fili conduttori del nostro sentire quotidiano e attuale. Mario De Rosa dona a noi lettori l’immagine reale del valore di essere poeta che egli stesso definisce con queste parole: “Il vero poeta, sai, /è così facile da ferire/ma quasi impossibile/da abbattere”.
La grazia, la gentilezza del suo animo spicca in ogni suo verso quale coscienza e accettazione della sua storia di uomo, di marito ma soprattutto di un padre che conosce il sacrificio e il dolore. Una consapevolezza che lo affranca dall’esistenza e gli offre un’occasione, attraverso la sua naturale capacità di formulare versi, per ricondurre le sue esperienze dolenti in una visione più larga. Il suo verso percorre il cuore di chi s’immerge nella lettura delle sue poesie, senza lasciarlo soffocare tra le pagine di un libro. Una poesia che è fonte di liberazione e stimolo per un difficile cammino di vita dove Mario De Rosa crea un nuovo stato, una diversa dimensione per comunicare al mondo l’essenza della relazione con il proprio figlio, al quale dedica versi struggenti, carichi di un “Diversamente amore” che commuove rendendoci partecipi di quel labirinto e itinerario di vita solcato da profonda malinconia. Nel leggere le poesie di De Rosa ho provato un’intensa emozione, certa di avere accanto l’amico poeta che, prendendomi per mano, mi ha condotta nel suo viaggio nostalgico/esistenziale, alla ricerca di quel misticismo che rimane nascosto e "chiuso" alla comprensione, che Mario De Rosa sottilmente accarezza con la bellissima metafora dell’anima: “M’aiuta a vivere/la dolce prigioniera/compagna, amica, /in un mondo irto di spine”.




Susanna Polimanti
Cupra Marittima 27.11.2013




17 set 2013

Dedicata a mio fratello Sebastiano



Brandelli di carta



Mani che tremano,
tra frasi e parole
ormai inutili,
ridotte in pezzi,
brandelli di carta.


Ora riposa
in un sacco giallo
un ruolo terreno,
come coriandolo colorato
vola via,
soffiato
dalla forza dell’amore.


La tua firma
tagliuzzata,
tranciata,
nella rabbia
nella disperazione,
perché eri
e non sei più.


In fogli stracciati
una storia umana
si perde,
nell’ascolto quotidiano
resiste.


Tra i miei denti
un tocco leggero,
mani abili,
tue
ancora.



Susanna Polimanti     19 febbraio 2013


7 lug 2013

Recensione: Quello che resta di Francesco Casali

Con immenso piacere pubblico la mia recensione a Quello che resta di Francesco Casali




Quello che resta di Francesco Casali- Koi Press (2013) è il secondo libro dell’autore. Dopo Niente da nascondere, ancora una volta Casali riesce a stimolare sensibilità ed attenzione nel saper cogliere il particolare soggettivo, che svolge con la sua unitarietà di genere letterario sulla trattazione del dolore psichico, nel senso più vasto della parola, raggiungendo gradualmente gli aspetti più salienti del disagio nella vita interiore dell’individuo e di quel particolarissimo dolore emozionale derivante da stati affettivi complessi, sottolineati dalla sua brillante e profonda formazione esperienziale. In questa sua opera Francesco Casali tocca i precordi, esaminando nel vivo temi quali la disperazione, la rabbia e la depressione che derivano dalla separazione e dall’abbandono per la perdita di un figlio, la sofferenza fisica che si nasconde dietro un disagio mentale ed una vulnerabilità cognitiva; la scelta di una decorazione corporale quale il tatuaggio come formazione, rinforzo o cambiamento di un’identità che spesso diviene espressione di un   conflitto di processi intrapsichici; il suicidio quale ultima spiaggia, nell’incapacità di accettare e donare amore; la possessione e vessazione diabolica quali eventi osservati e vissuti dal punto di vista teologico, con autentici riferimenti a sacerdoti esorcisti, o inspiegabili e dunque,  studiati scientificamente a livello medico-psichiatrico. Quello che resta è un’opera di mediazione e psicologia transpersonale dove risalta l’ingegno analitico dell’autore che esamina, sviscera, commuove e coinvolge, tra equilibri fortemente controversi, dove le parole convivono con riferimenti in lingua, citazioni ed esperienze dirette di noti psicologi, psichiatri, assolutamente indispensabili per la narrazione di temi assai delicati.
Lo stile è nitido, estremamente scorrevole, peculiare. Francesco Casali adotta un metodo efficace che supera la semplice scrittura di contenuti, rendendo l’esposizione fine e garbata, propria dello psichismo dell’autore, un’innata sensibilità a livello mentale ed individuale che con molta diplomazia e profondità di contenuti si riversa nella conclusione del suo libro, rivelando la vera ineluttabile consapevolezza del dolore che la vita stessa comporta e nel valore di contrapposizione che il sentimento dell’amore universale può risolvere se non totalmente almeno in buona parte. Tra le righe si respirano le motivazioni più subdole che anche il noto dolore del ritorno, la nostalgia, fa  degenerare con sintomi nascosti in un incipiente disagio che ci allontana dalle emozioni più vere ed autentiche del nostro io, tanto da trasferire qualunque nostro vissuto nel mondo virtuale dei Social Network, evitando così di affrontare direttamente l’effettivo contatto di relazione interpersonale.
Trovo molto interessante anche il fatto che Casali abbia una capacità innata nel narrare episodi di dolore reale e non fittizio, anche laddove l’individuo rischia di divenire per se stesso il primo inimicus homo, lasciandosi sopraffare dal suo stesso dolore, rifiutando l’accettazione che questa impietosa sofferenza fa comunque parte del nostro essere uomini, nessuno potrebbe mai cancellarne i conseguenti effetti di afflizione e disperazione, semmai dovrebbe cercare di raggiungere tramite il dolore una qualche soglia di verità, che avvicina ogni individuo ad uno stato mentale di equilibrio e saggezza.  
Concludo la mia recensione al bellissimo libro Quello che resta con queste poche parole di Siddharta,, dove Hermann Hesse così ha scritto:« E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo. Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.»





Susanna Polimanti






8 giu 2013

Penne d'aquila- Recensione dello scrittore Lorenzo Spurio


Un grande gioia ed i miei più sentiti ringraziamenti vanno allo scrittore Lorenzo Spurio per aver recensito il mio romanzo Penne d'Aquila avvalendosi della sua esperienza di critico letterario. Apprezzo moltissimo la sua chiave di lettura al mio romanzo.








Penne d’aquila”, dell’amica Susanna Polimanti, è un romanzo che non lascerà indifferente il lettore. Il perché di questa affermazione il lettore lo sviscererà lentamente, pagina dopo pagina.
Il linguaggio chiaro e pulito, la ricca presenza di citazioni e riferimenti a testi “classici” della letteratura europea e non solo, rendono il percorso del lettore ulteriormente piacevole e motivo di riflessione sui temi che Susanna Polimanti affronta. Dolore, solitudine e senso d’apatia si intervallano a momenti d’evasione, flirt amorosi, serate spensierate con le amiche per poi risprofondare nella sofferenza per la dipartita di un congiunto, la desolazione interiore e lo scoraggiamento per una situazione lavorativa traballante, insicura, e ulteriore motivo di tormento. Ma il romanzo non è un elogio alla sofferenza, né una presa di coscienza sulla miserevolezza e la condizione disagiata dell’uomo nella società contemporanea, piuttosto è la trasposizione su carta di un animo sensibile che ha combattuto battaglie che l’hanno forgiata. Perché il libro è chiaramente una summa organica di motivi e riferimenti biografici della scrittrice (la citta natale dove scorre il fiume Topino, che è chiaramente la città di Foligno, la “cittadina delle Marche piena soltanto di salite e discese” (32) in cui vive che è di certo la città-capoluogo di Fermo, il lavoro di traduttrice-interprete, etc).
Il lettore è affascinato dalle pieghe intimistiche del romanzo ed accompagna mano nella mano la sua eroina, Virginia, ragazza dall’animo inquieto, sofferente, taciturna e minata –lo si dirà nelle primissime pagine del romanzo- da ricadute e svenimenti che, oltre a indebolirla, la conducono a domandarsi di continuo il perché di quegli avvenimenti.
La narrazione prende una virata più colorita quando la narratrice ci parla della sua introduzione al mondo del lavoro con colloqui, licenziamenti, contatti con dirigenti e quant’altro nella sua attività di interprete e traduttrice in imprese del calzaturiero nel Fermano (altro riferimento alla stessa autrice dove appunto vive ed ha lavorato).
“Penne d’aquila” è un romanzo di formazione: seguiamo Virginia dall’adolescenza fino alla maturità e nel trascorso degli anni intuiamo una crescita morale che si esplica nella felice riconciliazione con sé e nella scoperta del bello nel semplice, ma è anche e soprattutto un romanzo d’amore perché la componente formativa, di conoscenza del mondo, tipica del Bildungsroman, non può non passare attraverso la conoscenza, l’attrazione e l’amore verso qualcuno. L’amore è di certo un elemento conoscitivo ed esperenziale di fondamentale importanza nel percorso di crescita e qui, nel romanzo di Susanna, è il tema che aggruma tutta la narrazione, come il finale agrodolce evidenzierà. Ma la crescita non può avvenire neppure senza aver sperimentato realtà spaziali differenti da quella natia ed è per questo che l’esperienza universitaria di Bologna, la singolare vacanza-studio in Germania, le trasferte lavorative a Copenaghen e a Shanghai, oltre a significare momenti di lucido ritrovamento di se stessa, di pacificazione e di osservazione dei suoi problemi da fuori, funzionano come rinvigorimento di quell’essere a tratti depresso a tratti perturbato dai sentimenti contrastanti che l’amore spesso genera. Ma nella vita di Virginia –il cui nome non può che richiamare la grande scrittrice inglese che soffrì di depressione e che introdusse il celebre “flusso di coscienza”-  non mancano forti contraccolpi e momenti bui ad aggravare la pesantezza di un vivere tormentato quali sono la morte del padre, prima, e quella di una grande amica. Momenti difficili che pongono l’autrice ad elucubrazioni ancora più particolareggiate e di difficile risposta che affida soprattutto ad alcune citazioni che la scrittrice ha deciso di mettere all’inizio di ciascun capitolo.
Un romanzo d’indagine nelle pieghe dell’io, alla continua ricerca della ragione del mal di vivere e al contempo di una esasperata volontà di sentirsi amata. A volte –sembra sussurrarci l’autrice all’orecchio- non c’è una spiegazione chiara e definita a ciò che ci accade. Possiamo collegarlo a qualcos’altro o rintracciarne la causa in ciò che più ci fa piacere, ma il più delle volte le cose accadono per caso, per sbaglio, per coincidenze. Ed è proprio per questo che Virginia ed Angelo riusciranno a rincontrarsi dopo trenta anni e a riscoprirsi attratti, coinvolti, uniti in un amore mai del tutto esplicitato, ma che ancora una volta verrà vissuto troppo velocemente.
Nelle ultime pagine leggiamo: “Aveva imparato a sorridere, anche quando le circostanze le avevano impedito di farlo” (172). Il tempo dona esperienze, nuove amicizie, amori, regala viaggi, momenti di condivisione, ma porta con sé anche l’aggravarsi di malattie e ci priva di persone care. Forse, allora, la soluzione di tutto sta nel saper colloquiare con esso, riconciliandosi agli eventi passati senza rancori né recriminazioni, per consentire a quelle ali invisibili che tutti abbiamo, di spiegarsi e di dar vita a un soave volo. E magari di sorvolare sui lidi adriatici delle Marche di cui Susanna ci parla e dei quali io stesso condivido un grande attaccamento.

(scrittore, critico letterario)