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9 feb 2017

L'ultimo bagliore - Il nuovo romanzo di Giuseppe Filidoro




“Sorrise amaro, nel considerare di quanta presunzione si nutre l’uomo coltivando l’illusione di avere il controllo del tempo, come se ne fosse padrone, e non di questo solo un misero ostaggio




L’ultimo bagliore” (Osanna Edizioni), il secondo romanzo di Giuseppe Filidoro è la conferma di un nuovo talento capace di emozionare, trovando nella scrittura un luogo privilegiato a cui affidare pensieri e riflessioni sull’animo umano e la sua coscienza. L’incipit del romanzo ci trasmette già la percezione di un preciso proposito dell’autore di consegnarci metaforicamente un messaggio essenziale, particolarmente incentrato sui meccanismi impietosi della mente nonché sui tanti subbugli dell’essere.
Ogni esperienza narrata è un’epifania retrospettiva ove il passato, tramite un preciso percorso narrativo, attiva la memoria involontaria del Sé. Siamo di fronte a temi incandescenti quali la morte, la violenza, il senso di colpa, il senso del peccato e il desiderio di espiazione, la fragilità dell’uomo e la forza del destino che, discontinui e imprevedibili secondo la loro essenza più vera, s’insinuano dentro le pieghe del presente delle due figure di spicco: Betta e Don Cesare. L’una si trova a ripercorrere stati d’animo nelle mappe della sua memoria di bambina per riuscire in qualche modo a bonificare e superare il suo “inferno buio”; l’altro accetta passivamente il ruolo che gli si attribuisce sulla scena dell’esistenza, dibattendosi tra le sue “due anime”. Entrambi introversi e tormentati da incubi ricorrenti e costantemente turbati da larve inconsce. Non meno importanti sono le figure femminili antagoniste di Maria e Savina, dal carattere ambiguo e inquietante.
L’autore ama anche attardarsi in minuziose descrizioni, degne di nota, ove la natura e i suoi paesaggi, suggestivi e misteriosi, sono una rappresentazione simbolica dell’energia e del potere dell’essere umano nel profondo. La stessa descrizione dell’evento sismico s’incastra perfettamente nel tessuto narrativo; esso irrompe per scuotere le fondamenta dell’ego e della mente quale disagio psicologico e senso desolato del destino che, sottilmente, gioca sulle corde dell’anima.
Sfondo misterioso e dal carattere simbolico è anche l’immagine della luna, rappresentata come la zona notturna, inconscia e crepuscolare della personalità e della vita infantile; una luna che è il versante passivo ma fecondo dell’immaginazione.

Un’ingannevole logica orienta la fabula e s’impone come se l’autore stesso interrogasse e analizzasse chi in realtà non è unicamente personaggio bensì un vero e proprio Essere seppur incompleto, frammentato e perso negli oscuri meandri dei suoi ricordi.
È doveroso osservare ogni angolatura del testo per riuscire a classificarne correttamente il genere, dato che vari elementi suggeriscono un possibile legame con il romanzo psicologico e introspettivo, senza ignorare un’impostazione di stampo realistico di una narrazione inventata ma al tempo stesso verosimile, in cui l’inquietudine e il senso di colpa rispecchiano la forma più comune di angoscia della nostra cultura.  Con tale opera inoltre, Filidoro ha dato prova di straordinarie intuizioni di ordine sociologico per giungere infine a un’analisi dell’animo umano, propria del romanzo decadente. Continui flussi di coscienza riportano ogni vicenda del passato in superficie; in particolare Betta e Don Cesare sono sottoposti a tormenti continui e traumi interiori sentendosi vittime di voci opposte, di contrasti cupi anche se diversi nelle loro sorgenti personali. Ogni figura qui descritta è un essere a sé che si auto-analizza, si esamina, si scruta e si tormenta nel rivivere fantasmi del passato che appaiono del tutto personali seppur strettamente collegati, talmente forti e insistenti da far desiderare persino la morte quale liberazione da essi.  Lo stesso desiderio di espiazione costringe il co-protagonista Salvo a rianalizzare, in cella, le zone più oscure del suo passato, afflitto dal tormentoso ricordo di un amore bello ma malato, reso quasi perfetto dalla volontà di non esistere più.

Nonostante la ricchezza dell’intreccio, qua e là disseminato di elementi noir, ci troviamo di fronte a una prosa limpida e dai toni pacati che predilige una struttura squisitamente tradizionale, a sottolineare capacità narrative e introspettive notevoli. Non manca la tecnica espressiva che si evidenzia nelle sequenze in carattere corsivo nello specifico letterario dell’analessi. Un insieme di elementi, fitti rimandi alla narrativa proustiana e bufaliniana, induce a riflettere sui tanti quesiti che l’uomo è portato per sua natura a porsi e soprattutto su quel grande e unico perno intorno a cui girano la mente e il cuore dell’uomo a seguito di traumi vissuti, la cui essenza va assolutamente indagata. L’assoluto protagonista nonché tema centrale del romanzo è, dunque, il tormento interiore di una memoria implicita, reclusa negli incubi più difficili da sopportare, un’impronta indelebile di conflitti di una coscienza che implode nell’io e governa l’intera esistenza.
L’ultimo bagliore di Giuseppe Filidoro è senza alcun dubbio un mezzo espressivo attraverso cui è possibile porsi domande fondamentali sulla propria esistenza, riscoprendo traumi e dubbi in grado di trasmettere alchimie interiori intrise di significati che troppo spesso tengono in ostaggio menti rassegnate e incapaci di accettare il corso del destino, con un costante interrogativo: esiste davvero un “ultimo bagliore” che possa condurre verso un ideale ultraterreno, di libertà da noi stessi?











14 apr 2014

Iuri dei miracoli di Iuri Lombardi - Un testo geniale ed evocatore







Poche persone hanno l'immaginazione per la realtà (J.W.Goethe)



Iuri dei miracoli di Iuri Lombardi edito da Photocity nell’ottobre del 2012 non è certamente l’unica opera letteraria dello scrittore, poeta e giornalista fiorentino, sicuramente è un testo geniale ed evocatore. È impresa ardua recensire l’opera, principalmente perché nella sua prefazione, il noto critico letterario Lorenzo Spurio ne ha già rilevato ed esaltato gli aspetti essenziali in maniera esaustiva.

Attraverso un genere onirico, un presente e un passato ricreati fantasticamente, l’autore Iuri Lombardi scruta e coglie la vastità e lo spessore del reale per scendere nei meandri del proprio intimo “[…] attore protagonista del guardare, del farsi avanti sul proscenio della strada, tra i marciapiedi e le corsie preferenziali e ancora più oltre.” In una sorta di gioco di prestigio, Iuri s’identifica con un “jolly” e si ritroverà a interrogarsi sul significato della vita e sul grande tema di fondo che è il mistero di ogni natura umana; nella sua fantasia il travestimento da jolly fornisce certamente qualche vantaggio speciale a qualunque giocatore.
Iuri Lombardi è un attento osservatore della vita autentica e in questa sua opera interpreta da protagonista curioso, personaggi, fatti e situazioni del quotidiano, con intuito originale, con una forza creativa di un’intensità eccezionale.  Iuri Lombardi non è un semplice scrittore bensì un vero e proprio artista e come tale è dotato di grande fantasia visiva, percorre immagini reali di strada, ne descrive gli scorci, i colori e i rumori, si ferma con gli emarginati per assaporarne il vissuto, quale taumaturgo e miracolato egli stesso. Nelle sue fantasie oniriche non ci sono cose inesistenti bensì l’intero palcoscenico della vita, con le sue tristezze, incertezze, paure, successi e cadute. Ecco infatti che Iuri Lombardi immagina ancora d’indossare la maschera da clown, poiché l’unica figura capace di leggere la propria vita senza il filtro delle ipocrisie. Ogni sua manifestazione interiore assorbe dal sapore del vissuto degli altri, viene rielaborato in maniera immaginifica unicamente perché l’unica via per comprendere e comprendersi “E se la vita si potesse riscontrare solo nell’immaginario e non nel tangibile? L’autore si racconta, egli stesso protagonista sul grande palcoscenico terreno, dove serpeggia una dolceamara ironia nei confronti dei nostri usi e costumi, delle nostre manie, delle abitudini di cui siamo più o meno consapevolmente schiavi. Dietro ogni sua parola si nasconde il desiderio finale di cambiamento e miglioramento della vita stessa che si evince anche dalla collocazione della narrazione con un preciso criterio di rapporto paritetico, che soppesa e valuta ogni aspetto sociale, in cui egli stesso fantasticamente si cala per condividerlo. Un po’ monello, un po’ anticonformista e un po’ saggio, Iuri Lombardi affronta le fasi della nascita, della morte e persino della resurrezione, intesa come principio di una nuova azione, un’impresa in cui lanciarsi a capofitto, un’opportunità da non lasciarsi sfuggire; resurrezione che viene nominata anche nell’atto sessuale ultimo.

Lo stile del testo letterario è diretto, vivace, arricchito da dettagli di bellezza suggestiva della città di Firenze e di ogni altro luogo menzionato. L’esposizione si dipana in una trama affascinante, quasi seducente, di parole, frasi e periodi che sembrano collegati dal senso profondo della "necessità" letteraria di uno stile personale e originale.
L’interminabile susseguirsi di termini finemente strutturati nasce da un personale gusto della dismisura, con oscillazione tra fantasia a briglie sciolte e simbolismo intellettuale, in cui troviamo un’incredibile ricchezza lessicale. L’ironia del testo si fonda su un’acutissima, fulminea e assolutamente spregiudicata osservazione della realtà, per cui un tratto dei suoi personaggi, un'inflessione della voce, la descrizione di un paesaggio, una festa, una ricorrenza o un abito sono rivelatori d'un carattere o di un tipo e di tutto un mondo da esso rappresentato.
Leggendo Iuri dei miracoli mi sono trovata, forse per associazione d’immagini o per pura connessione logica, a ricordare il mazzo di carte dei Tarocchi, in cui la prima carta degli Arcani Maggiori è rappresentata dal Bagatto, che sta a indicare l’inizio del grande gioco della creazione; esattamente come Iuri si presenta nel suo libro, un giocoliere, un prestigiatore, che lascia intendere di poter giungere alla verità attraverso l’illusione. Il Bagatto nei Tarocchi è anche la piena realizzazione, la conquista dell’unità sostanziale, la possibilità del soggetto di agire in maniera compiuta nel proprio ambito contestuale. In Iuri dei miracoli, lo scrittore-protagonista è dunque una persona intraprendente, un essere potenziale che tuttavia, con l’incanto della sola parola, riesce ad occultare con destrezza, la sua stessa personalità. Iuri Lombardi, un uomo dalla grande sensibilità ed emotività nonché dotato di sorprendente e brillante intelletto; doti che gli permettono di affrontare una scrittura da autentico talento.




SUSANNA POLIMANTI



Cupra Marittima, 13.04.2014




27 nov 2013

Mario De Rosa e la sua poesia: sofisticata e fortemente emotiva

Oggi vi  presento il poeta calabrese Mario De Rosa e la sua silloge: Navigando Silenzi.

Non posso inserire il suo curriculum letterario perché non avrei abbastanza righe per scrivere, mi limito a dirvi che Mario De Rosa è un poeta che ha conseguito vari Premi Letterari ed è Presidente di Giuria in vari concorsi. Spero che la mia recensione alla sua ultima silloge sia in grado di esprimere al meglio il valore della sua poesia.
Buona lettura!






Recensione della silloge: Navigando Silenzi di Mario De Rosa


La silloge poetica Navigando Silenzi di Mario De Rosa, edita da Montedit per la Collana Le schegge d’oro si articola in tre capitoli, in cui spiccano i differenti colori dell’anima del poeta: “Cadendo/foglie d’autunno/affusolate dita/sui tasti solo sfiorati/del mio sentire/dischiudono le porte/d’una magia di colori”. I versi iniziano con un percorso di sentimenti invisibili chiusi nel cuore di un padre che nell’amore verso un figlio trova lo stimolo per una rinata forza e via via divengono dei chiaroscuri come “rotte invisibili/di gabbiani saputi” per poi fermarsi come vere e proprie orme sulla sabbia, dove si ha l’impressione che lentamente o improvvisamente la psicologia del poeta si stia trasformando in una poetica unica, dedicata alla sua famiglia, a un mondo prezioso che vive e palpita nella stupenda cornice della natura. Tra gli elementi naturali forti sono le immagini del vento che “scompiglia i pensieri” e li “porta con sé/fuggiaschi e di un “increspato mare” alle cui onde il poeta affida la sua ispirazione. È dunque la poesia la sua fonte d’ispirazione, a essa si affida, rendendosi libero di uscire come “ladro dall’ombra” e di esprimere sensazioni quanto mai inesorabili nel suo cammino di vita. Seguendo gli sviluppi ravvicinati dei suoi versi si scoprono anche le connotazioni più personali, legate alla memoria, all'autobiografia, alla riflessione intima.
Il poeta Mario De Rosa è una voce imponente nella nostra poetica contemporanea, non a caso ha conseguito vari riconoscimenti in campo letterario oltre che essere presidente di giuria in vari concorsi; egli si presenta al suo pubblico con uno stile sofisticato e un linguaggio finemente elaborato, la poetica di De Rosa è un’esperienza fluida dove le parole sono scelte accuratamente, messe l’una accanto all’altra a formare vedute di luoghi in cui il lettore-ascoltatore si ritrova a muoversi in scenari non più frutto letterario ma reali; i suoi versi riescono a sferzare la coscienza di tutti, toccando pensieri e sentimenti molto profondi, non tralasciando i ricordi rivolti all’infanzia e all’adolescenza, fili conduttori del nostro sentire quotidiano e attuale. Mario De Rosa dona a noi lettori l’immagine reale del valore di essere poeta che egli stesso definisce con queste parole: “Il vero poeta, sai, /è così facile da ferire/ma quasi impossibile/da abbattere”.
La grazia, la gentilezza del suo animo spicca in ogni suo verso quale coscienza e accettazione della sua storia di uomo, di marito ma soprattutto di un padre che conosce il sacrificio e il dolore. Una consapevolezza che lo affranca dall’esistenza e gli offre un’occasione, attraverso la sua naturale capacità di formulare versi, per ricondurre le sue esperienze dolenti in una visione più larga. Il suo verso percorre il cuore di chi s’immerge nella lettura delle sue poesie, senza lasciarlo soffocare tra le pagine di un libro. Una poesia che è fonte di liberazione e stimolo per un difficile cammino di vita dove Mario De Rosa crea un nuovo stato, una diversa dimensione per comunicare al mondo l’essenza della relazione con il proprio figlio, al quale dedica versi struggenti, carichi di un “Diversamente amore” che commuove rendendoci partecipi di quel labirinto e itinerario di vita solcato da profonda malinconia. Nel leggere le poesie di De Rosa ho provato un’intensa emozione, certa di avere accanto l’amico poeta che, prendendomi per mano, mi ha condotta nel suo viaggio nostalgico/esistenziale, alla ricerca di quel misticismo che rimane nascosto e "chiuso" alla comprensione, che Mario De Rosa sottilmente accarezza con la bellissima metafora dell’anima: “M’aiuta a vivere/la dolce prigioniera/compagna, amica, /in un mondo irto di spine”.




Susanna Polimanti
Cupra Marittima 27.11.2013