14 ago 2013

Recensione di Lorenzo Spurio al mio: 2 Cuori...una cuccia!!



Recensione di Lorenzo Spurio

Quando ad una persona luccicano gli occhi mentre sta parlando di una cosa, anticipando magari qualche lacrima, è evidente il carico affettivo di ciò che sta tirando fuori, magari con grande nostalgia. Ed è questo che ho potuto vedere chiacchierando con l’amica e scrittrice Susanna Polimanti, folignate ma abitante nella provincia di Ascoli Piceno da vari anni. Il libro in questione in realtà non è solo un libro, ma un fedelissimo reportage della storia d’amicizia ed amore da lei vissuta in compagnia dell’amico a quattro zampe Strauss. Non solo. Il libricino, diviso in capitoli e corredato di varie fotografie di Strauss assieme alla sua padrona definita “capobranco”, ripercorre i momenti centrali dell’esistenza del cane: dalle sue timide perlustrazioni iniziali nel giardino della casa, al suo continuo desiderio di conoscenza e di giocare, sino alle sedute di addestramento e addirittura a un curioso episodio di clamore: la partecipazione di Strauss accompagnato dalla padrona in un noto programma televisivo.
Ma l’intenzione dell’autrice –mi pare di capire- non è tanto quella di trasmettere all’autore le vicende che ha vissuto in compagnia di un animale affettuoso e riconoscente, ma è forse maggiore. Credo che ci sia dietro a questa scrittura una sorta di processo psicologico di recupero del passato con la volontà di “eternizzarlo”, di cristallizzarlo per avere la certezza che anche con il passare del tempo e degli anni, esso sarà lì, concreto, fedele, preciso a testimoniare un rapporto che mai si perderà. Ravvedo dunque un intento oserei dire terapeutico nella scrittura di Susanna nel senso che probabilmente la scrittura di questo libro –che immagino sia stata dolorosa, ma di un dolore dolce- abbia servito alla scrittrice non solo a ricordare Strauss, ma a riviverlo superando il canonico dolore della mancanza.
A livello stilistico si ravvisa un linguaggio semplice, piano e facilmente fruibile a tutti ed è interessante sottolineare la tecnica di narrazione impiegata da Susanna: la narrazione è diretta, in prima persona, chi narra sa tutto sulla storia, non inventa, né cela niente al lettore, ma il narratore è Strauss stesso che, passando attraverso la rielaborazione della coscienza dell’autrice, dà la sua visione del suo rapporto con la “capobranco”.
Una lettura che va fatta, perché ci arricchisce sensibilmente chiarendo al lettore quanto l’amore che alberga nel cuore di persone vere, sensibili e premurose come Susanna, non conosca limiti di nessuna natura.

-scrittore, critico letterario-
Jesi, 13-08-2013



9 ago 2013

XIII Edizione del Concorso Internazionale LETTERA D'AMORE- Torrevecchia Teatina


XIII CONCORSO INTERNAZIONALE LETTERA D'AMORE


Ringrazio L'Associazione Culturale AbruzziAMOCI di Chieti, organizzatrice del Concorso, la Giuria del concorso, il Comune di Torrevecchia Teatina per questo Diploma di Merito assegnatomi ieri 8 agosto 2013 alla Cerimonia di Premiazione. 
In particolar modo ringrazio l'attrice Giuliana Antenucci per l'emozione e la commozione durante la sua lettura della mia lettera d'amore.


Susanna Polimanti

2 ago 2013

25 lug 2013

Un articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu


Vi presento, ospite nel mio blog, l’artista Maria Antonietta Pirrigheddu di Tempio Pausania, Sardegna.
La denominazione di “artista” è riduttiva nel caso di Mari, come tutti i suoi amici affettuosamente la chiamano, lei è un’artista autentica, a 360 gradi: pittrice su vetro, attrice di teatro, scrittrice, straordinaria trasformista nei suoi tanti sketch in pubblico, lettrice di prosa e poesie ed infine… racconta fiabe antiche e rivisitate dalla sua magica fantasia.
Ha un sito fantastico: www.lunadivetro.it, dove scrive articoli di angelologia, scienza ed attualità.
Oggi pubblico il link del suo articolo su Uriel, l’Angelo del seme, leggetelo! È un articolo molto interessante, sono certa vi piacerà. Non dimenticate di visitare i suoi Talismani fatti a mano con minuziosa maestria.



://www.lunadivetro.it/scoperte/Uriel/Uriel%2cl%27angelo_del_seme.htm

14 lug 2013

Recensione di Donna Ferula di Maria Cinus




Donna Ferula di Maria Cinus - CF Edizioni, non è semplicemente un libro autobiografico bensì un’autentica narrazione di sé, è un ritorno dell’autrice a se stessa, alla conoscenza e nostalgia di sé, dei luoghi dell’infanzia a lei cari, della sua terra di origine: la Sardegna, dove ritorna, proprietaria della vecchia casa ristrutturata, ereditata da sua nonna. Il racconto inizia e coincide con un momento ben preciso, legato al ritrovamento di un “piccolo quaderno con la copertina consunta”, tra le sue pagine “un fiore secco” di ferula e di “una foto in bianco e nero un po’ ingiallita e coi bordi sfrangiati”; ritratte nella foto, due giovani donne: la zia Caterina e sua cugina Francesca Ferula. Scorrendo la lettura si scopre una storia straordinaria nella memoria storica della zia Caterina, che concede a sua nipote di ascoltare e ripercorrere il passato; le sue parole fanno rivivere consuetudini ed emozioni infantili della scrittrice che, costeggiando ed esplorando sentieri ricchi di sapori, odori ed intime sensazioni, rivive la sua terra con il suo particolarissimo dialetto ed i suoi antichi costumi. Maria Cinus parla dell’isola come un’eroina romantica, con estremo coraggio affronta il tema della nostalgia per quella ricchezza affettiva, nonostante le difficoltà quotidiane dettate dalla povertà della sua gente. Lo stile è fresco, pulito, molto scorrevole, con estrema semplicità l’autrice attrae il lettore nella descrizione narrativa, nell'attenzione alla resa delle espressioni e dei dettagli in un insieme di elementi minuziosi e raffinati che realizzano un preziosismo quasi pittorico.
Il tema dominante della narrazione è l’amore nostalgico, che ritorna con incalzanti sequenze di flashbacks e non riesce a spezzare il legame che si è creato con quel mondo così lontano e diverso ma allo stesso tempo così vero e profondo. La scrittrice non fa economia di sentimenti; nel suo libro si percepisce forte la presenza delle sue emozioni legate alla sua terra, la tormentata volontà di avere di nuovo quello che si è perso e che non è possibile rivivere nell'ambiente attuale. La nostalgia percepita tra le righe del suo racconto è condivisibile per chiunque viva lontano dal suo paese di origine e diviene a tratti malinconia, tristezza, assenza di qualcuno ma, nello stesso tempo coraggio, a non lasciarsi sopraffare da tale struggimento e piacere nel mantenere in vita ciò o chi non esiste più, è lontano o non può tornare se non con la potente arma dell’amore.
Conosco personalmente la scrittrice Maria Cinus da poco tempo, pur avendo già percepito la purezza e la profondità del suo cuore, leggere il suo Donna Ferula è stato per me come sfogliare le pagine più profonde di un’anima, capace di tradurre ogni parola in immagini vivide e affascinanti. Il racconto che la Cinus ci presenta travalica il suo tempo presente e stabilisce una continuità tra passato, presente e futuro, affidandone la custodia alle donne, principali protagoniste di questo libro. Altro elemento incredibile è la coincidenza della parola ferula, oltre ad essere il titolo stesso del libro quale cognome della maggiore protagonista, di fatto è anche il nome che distingue la pianta erbacea tipica della Sardegna con il suo “fiore giallo a forma di ombrello”; non a caso una pianta che “cresce nei prati e nei terreni aridi, dove ci sono le pietre”. La nostalgia della scrittrice nel dolore del ritorno diviene amore intenso e assolutamente spontaneo nella sua memoria; lo stesso amore che la ricondurrà ancora sulla sua adorata isola e basterà allora “girarsi verso il cancello” e ritrovare “le due grandi querce che sono lì da anni, immote sentinelle, mentre la sua vita si svolge altrove”.



Susanna Polimanti

7 lug 2013

Recensione: Quello che resta di Francesco Casali

Con immenso piacere pubblico la mia recensione a Quello che resta di Francesco Casali




Quello che resta di Francesco Casali- Koi Press (2013) è il secondo libro dell’autore. Dopo Niente da nascondere, ancora una volta Casali riesce a stimolare sensibilità ed attenzione nel saper cogliere il particolare soggettivo, che svolge con la sua unitarietà di genere letterario sulla trattazione del dolore psichico, nel senso più vasto della parola, raggiungendo gradualmente gli aspetti più salienti del disagio nella vita interiore dell’individuo e di quel particolarissimo dolore emozionale derivante da stati affettivi complessi, sottolineati dalla sua brillante e profonda formazione esperienziale. In questa sua opera Francesco Casali tocca i precordi, esaminando nel vivo temi quali la disperazione, la rabbia e la depressione che derivano dalla separazione e dall’abbandono per la perdita di un figlio, la sofferenza fisica che si nasconde dietro un disagio mentale ed una vulnerabilità cognitiva; la scelta di una decorazione corporale quale il tatuaggio come formazione, rinforzo o cambiamento di un’identità che spesso diviene espressione di un   conflitto di processi intrapsichici; il suicidio quale ultima spiaggia, nell’incapacità di accettare e donare amore; la possessione e vessazione diabolica quali eventi osservati e vissuti dal punto di vista teologico, con autentici riferimenti a sacerdoti esorcisti, o inspiegabili e dunque,  studiati scientificamente a livello medico-psichiatrico. Quello che resta è un’opera di mediazione e psicologia transpersonale dove risalta l’ingegno analitico dell’autore che esamina, sviscera, commuove e coinvolge, tra equilibri fortemente controversi, dove le parole convivono con riferimenti in lingua, citazioni ed esperienze dirette di noti psicologi, psichiatri, assolutamente indispensabili per la narrazione di temi assai delicati.
Lo stile è nitido, estremamente scorrevole, peculiare. Francesco Casali adotta un metodo efficace che supera la semplice scrittura di contenuti, rendendo l’esposizione fine e garbata, propria dello psichismo dell’autore, un’innata sensibilità a livello mentale ed individuale che con molta diplomazia e profondità di contenuti si riversa nella conclusione del suo libro, rivelando la vera ineluttabile consapevolezza del dolore che la vita stessa comporta e nel valore di contrapposizione che il sentimento dell’amore universale può risolvere se non totalmente almeno in buona parte. Tra le righe si respirano le motivazioni più subdole che anche il noto dolore del ritorno, la nostalgia, fa  degenerare con sintomi nascosti in un incipiente disagio che ci allontana dalle emozioni più vere ed autentiche del nostro io, tanto da trasferire qualunque nostro vissuto nel mondo virtuale dei Social Network, evitando così di affrontare direttamente l’effettivo contatto di relazione interpersonale.
Trovo molto interessante anche il fatto che Casali abbia una capacità innata nel narrare episodi di dolore reale e non fittizio, anche laddove l’individuo rischia di divenire per se stesso il primo inimicus homo, lasciandosi sopraffare dal suo stesso dolore, rifiutando l’accettazione che questa impietosa sofferenza fa comunque parte del nostro essere uomini, nessuno potrebbe mai cancellarne i conseguenti effetti di afflizione e disperazione, semmai dovrebbe cercare di raggiungere tramite il dolore una qualche soglia di verità, che avvicina ogni individuo ad uno stato mentale di equilibrio e saggezza.  
Concludo la mia recensione al bellissimo libro Quello che resta con queste poche parole di Siddharta,, dove Hermann Hesse così ha scritto:« E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo. Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.»





Susanna Polimanti






19 giu 2013

I versi del poeta Lorenzo Curti, dedicati al mio mare, al crepuscolo.



S'annotta a mare 
calmo nell'attesa
di ombre piene sopra acque e luce 
e forse tace voce di gabbiani
e vento tace uguale, si nasconde.
E si fa voce l'anima che vibra
mirando queste placide distese
screziate dal colore delle foglie
che quasi penzolanti sulla riva ossigeno riversano nell'aria
salmastra, inumidita per calura.


Lorenzo Curti

8 giu 2013

Penne d'aquila- Recensione dello scrittore Lorenzo Spurio


Un grande gioia ed i miei più sentiti ringraziamenti vanno allo scrittore Lorenzo Spurio per aver recensito il mio romanzo Penne d'Aquila avvalendosi della sua esperienza di critico letterario. Apprezzo moltissimo la sua chiave di lettura al mio romanzo.








Penne d’aquila”, dell’amica Susanna Polimanti, è un romanzo che non lascerà indifferente il lettore. Il perché di questa affermazione il lettore lo sviscererà lentamente, pagina dopo pagina.
Il linguaggio chiaro e pulito, la ricca presenza di citazioni e riferimenti a testi “classici” della letteratura europea e non solo, rendono il percorso del lettore ulteriormente piacevole e motivo di riflessione sui temi che Susanna Polimanti affronta. Dolore, solitudine e senso d’apatia si intervallano a momenti d’evasione, flirt amorosi, serate spensierate con le amiche per poi risprofondare nella sofferenza per la dipartita di un congiunto, la desolazione interiore e lo scoraggiamento per una situazione lavorativa traballante, insicura, e ulteriore motivo di tormento. Ma il romanzo non è un elogio alla sofferenza, né una presa di coscienza sulla miserevolezza e la condizione disagiata dell’uomo nella società contemporanea, piuttosto è la trasposizione su carta di un animo sensibile che ha combattuto battaglie che l’hanno forgiata. Perché il libro è chiaramente una summa organica di motivi e riferimenti biografici della scrittrice (la citta natale dove scorre il fiume Topino, che è chiaramente la città di Foligno, la “cittadina delle Marche piena soltanto di salite e discese” (32) in cui vive che è di certo la città-capoluogo di Fermo, il lavoro di traduttrice-interprete, etc).
Il lettore è affascinato dalle pieghe intimistiche del romanzo ed accompagna mano nella mano la sua eroina, Virginia, ragazza dall’animo inquieto, sofferente, taciturna e minata –lo si dirà nelle primissime pagine del romanzo- da ricadute e svenimenti che, oltre a indebolirla, la conducono a domandarsi di continuo il perché di quegli avvenimenti.
La narrazione prende una virata più colorita quando la narratrice ci parla della sua introduzione al mondo del lavoro con colloqui, licenziamenti, contatti con dirigenti e quant’altro nella sua attività di interprete e traduttrice in imprese del calzaturiero nel Fermano (altro riferimento alla stessa autrice dove appunto vive ed ha lavorato).
“Penne d’aquila” è un romanzo di formazione: seguiamo Virginia dall’adolescenza fino alla maturità e nel trascorso degli anni intuiamo una crescita morale che si esplica nella felice riconciliazione con sé e nella scoperta del bello nel semplice, ma è anche e soprattutto un romanzo d’amore perché la componente formativa, di conoscenza del mondo, tipica del Bildungsroman, non può non passare attraverso la conoscenza, l’attrazione e l’amore verso qualcuno. L’amore è di certo un elemento conoscitivo ed esperenziale di fondamentale importanza nel percorso di crescita e qui, nel romanzo di Susanna, è il tema che aggruma tutta la narrazione, come il finale agrodolce evidenzierà. Ma la crescita non può avvenire neppure senza aver sperimentato realtà spaziali differenti da quella natia ed è per questo che l’esperienza universitaria di Bologna, la singolare vacanza-studio in Germania, le trasferte lavorative a Copenaghen e a Shanghai, oltre a significare momenti di lucido ritrovamento di se stessa, di pacificazione e di osservazione dei suoi problemi da fuori, funzionano come rinvigorimento di quell’essere a tratti depresso a tratti perturbato dai sentimenti contrastanti che l’amore spesso genera. Ma nella vita di Virginia –il cui nome non può che richiamare la grande scrittrice inglese che soffrì di depressione e che introdusse il celebre “flusso di coscienza”-  non mancano forti contraccolpi e momenti bui ad aggravare la pesantezza di un vivere tormentato quali sono la morte del padre, prima, e quella di una grande amica. Momenti difficili che pongono l’autrice ad elucubrazioni ancora più particolareggiate e di difficile risposta che affida soprattutto ad alcune citazioni che la scrittrice ha deciso di mettere all’inizio di ciascun capitolo.
Un romanzo d’indagine nelle pieghe dell’io, alla continua ricerca della ragione del mal di vivere e al contempo di una esasperata volontà di sentirsi amata. A volte –sembra sussurrarci l’autrice all’orecchio- non c’è una spiegazione chiara e definita a ciò che ci accade. Possiamo collegarlo a qualcos’altro o rintracciarne la causa in ciò che più ci fa piacere, ma il più delle volte le cose accadono per caso, per sbaglio, per coincidenze. Ed è proprio per questo che Virginia ed Angelo riusciranno a rincontrarsi dopo trenta anni e a riscoprirsi attratti, coinvolti, uniti in un amore mai del tutto esplicitato, ma che ancora una volta verrà vissuto troppo velocemente.
Nelle ultime pagine leggiamo: “Aveva imparato a sorridere, anche quando le circostanze le avevano impedito di farlo” (172). Il tempo dona esperienze, nuove amicizie, amori, regala viaggi, momenti di condivisione, ma porta con sé anche l’aggravarsi di malattie e ci priva di persone care. Forse, allora, la soluzione di tutto sta nel saper colloquiare con esso, riconciliandosi agli eventi passati senza rancori né recriminazioni, per consentire a quelle ali invisibili che tutti abbiamo, di spiegarsi e di dar vita a un soave volo. E magari di sorvolare sui lidi adriatici delle Marche di cui Susanna ci parla e dei quali io stesso condivido un grande attaccamento.

(scrittore, critico letterario)


7 giu 2013

2 Cuori... una cuccia!! - Recensione di Giovanna Albi

Carissima Giò,
grazie per questa bellissima recensione. Sei riuscita con il tuo grande cuore ad  entrare nel mio e hai compreso in profondità l'amore che ho sempre condiviso con la mia "dolce metà": Susanna, mia padrona e capobranco. Dal cielo ti mando la mia più affettuosa leccata!
Strauss






Caro Strauss,
tu, che sai più degli umani, ben conosci il piacere che provo nel leggere e nel recensire :mi fa sentire viva ed entrare dentro i mondi degli scrittori e mi vesto d'un tratto di quei personaggi della letteratura che tanto adoro. Tu saprai senz'altro che si chiama "empatia" quel sentimento che ci lega tra scrittori e ci fa entrare in sintonia; tale sintonia è più o meno intensa in relazione alle affinità d'animo che troviamo con chi scrive. Orbene, tra me e la dolce metà di te, Susanna, è nata una profonda amicizia di penna e di anima, perché abbiamo percorsi comuni di vita, tra cui anche l'amore che portiamo verso la Natura e gli Animali, specie i cani.
Inutile che ti dica, perché tu già lo sai, che anche io ho un cane, Achillea, un segugio che ha un fiuto incredibile e che mi ha scelta tra tante possibilità di vita e che ha un destino che tu ben conosci: essere amato.
La tua storia è quella di un eroe e dimostra quanta potenza c'è in un cane amato come sei tu ( parlo al presente perché tu sei per tutti noi amanti degli animali ancora vivo e presente nei cuori);la tua esistenza è talmente fortunata che vorrei essere te, te che disegni il tuo territorio e la fai da padrone, te che vieni addestrato conservando ,anzi potenziando, la tua libertà e la tua forza interiore. Parlo di forza interiore, perché tu hai un'anima grande, come quella di Susanna, cui hai regalato dieci anni di vita irripetibile, i dieci anni più belli della sua vita. Dal testo e dalle foto si evince il profondo amore che vi lega: siete una mitico-eroica coppia, che il tempo non potrà scalfire, ma avete insieme eretto un monumento più duraturo del bronzo.
Tra le tue tante virtù, mi ha commossa la difesa incondizionata di Susanna, il momento di estremo ardimento quando le hai salvato la vita, mentre lei faceva l'acrobata mettendo a repentaglio la sua vita. Sai, lei è una giocherellona ; io la chiamo" l'acrobata delle parole" ma ,come tu hai ben descritto, si cimenta anche in acrobazie fisiche e meno male che ci sei tu, che con il tuo istinto e la tua potenza le hai salvato la vita. Il mio riconoscimento a te è grandissimo; con chi parlerei io oggi in affinità elettiva se tu non l'avessi afferrata con i denti mentre stava per volare giù dal sesto piano? So che sei andato da Licia Colò con Susanna e il tuo addestratore a raccontare il tuo ardore, la tua passione, la tua forza e il tuo coraggio, la tua potenza e il tuo istinto e hai fatto un figurone. Non poteva essere altrimenti, creatura potente ed eroica, forza pura della natura, cuore ed istinto che battono all'unisono, perché l'amore che tu porti per la vita è pari a quello che ti lega alla tua metà. La vostra non è una comune storia tra cane e padrone , ma è una storia d'amore che spacca le barriere del tempo e tu sei ancora vivo sotto la terra del giardino di Susy, dove crescono rigogliose le rose a segnalare la tua presenza e la tua forza che nulla e nessuno potrà cancellare.
Questo libretto che hai scritto è un regalo immenso anche per il mio Achillea e per tutti i tuoi amici a quattro zampe, anche per quelli meno fortunati di te e di Achillea ed è un monito per tutti coloro che hanno un cane, ricordando loro di amarlo infinitamente e di non maltrattarlo mai, perché un cane vale emozionalmente e affettivamente più di un essere umano: un cane non ti tradisce mai ed è il vero amico dell'uomo.
Da questo libriccino ho desunto anche le tue abilità di scrittura: in uno stile semplice, lineare, assolutamente amabile si esprime tutta l'armonia della tua esistenza e la tua prontezza di spirito nel leggere nel cuore di Susanna, fino a coglierne momenti di gioia e di malumore: altro che psicoanalista! Tu sei il più fine conoscitore dell'animo umano, vedi dove noi non vediamo, percepisci dove noi siamo assenti, ascolti dove noi siamo sordi e credo che tu difenda la vita di Susanna davvero con tutta la tua potenza fisica ed affettiva. Ti vedo accucciolato in fondo al suo letto, pronto a leccarla al risveglio, a leccare, come fa Achillea, anche le sue ferite dell'animo( e chi non ne ha?) e tu sei il più abile terapeuta che si possa immaginare: la vostra unione sulla terra è durata dieci anni ma oltre questi avete un'eternità da vivere.
Io e il mio Achillea ci rallegriamo e ci congratuliamo con te per tutto quello che ho cercato di tradurre in parole, che nulla è rispetto alla tua essenza ed esistenza, perché la vita di un cane come te, Strauss, "supera di mille secoli il silenzio".
Con Affetto e gratitudine.

Gio'


3 giu 2013

Rugiada di Stella di Stefano Festi

In una giornata di pioggia battente, vi regalo i bellissimi versi del poeta  Stefano Festi
Magari tornerà il sole...




Piovea ridente sul di lei viso
dorato e limpido
in cuor suo gentil,
fragile polvere di stella.
Cuor di bimbo cresciuto
cortese rugiadea essenza
riempia.




Stefano Festi
® RIPRODUZIONE RISERVATA

31 mag 2013

VOCI di MARINA ISCERI






I miei più vivi complimenti a Marina Isceri: una splendida poesia ed un video bellissimo!


Susanna Polimanti

26 mag 2013

Recensione al mio LETTERE MAI LETTE della scrittrice Giovanna Albi

Buongiorno, sono Giovanna,
e oggi ti voglio presentare la mia recensione al testo originalmente poetico dell'amica scrittrice Susanna Polimanti Lettere mai lette Kimerik 2010
Un repertorio di immagini interiori che nemmeno il tempo potrà scalfire; un viaggio nella memoria dell'autrice che, attraverso una raccolta di lettere mai spedite, ripercorre i suoi sentimenti più profondi, che la legano a persone, immagini, oggetti, animali, luoghi del passato.
 Le lettere, gelosamente custodite, rappresentano un tesoro nascosto di sentimenti di cui l'autrice ci fa dono consentendoci di entrare in sintonia con la profondità della sua anima. Così ci troviamo a gioire  a piangere ,a commuoverci con lei per quanto di grande , bello e doloroso ha sperimentato nella intensa vita emotiva. Una scrittrice di alto livello, capace di penetrare negli abissi più profondi della sua anima, elaborando lutti, separazioni, dolori , gioie, entusiasmi giovanili e riflessioni dell'età matura . Non comune è la capacità di comunicare emozionando, di leggersi dentro, ben distinguendo la qualità dei sentimenti provati e trovando sempre la parola adatta e sublime per esprimere  quanto la attraversa. Una vita dal profondo sentire è quella di Susanna tradotta in uno stile sempre leggero, leggiadro, altamente poetico, raffinato che le consente di passare di sentimento in sentimento con una agilità da vero giocoliere della parola. Sì, il segreto di Susanna, di cui conosco altre opere e racconti, si trova proprio nell'uso sapiente della parola: una parola che ti arriva dritta al cuore, alata come le freccia che sa centrare il bersaglio emozionale. Una parola poetica in cui ti immergi sentendola dentro con tutta la sua portata emotiva, entrando in perfetta sintonia con il suo mondo interiore: un mondo bello anche nel dolore, perché dopo l'immersione dentro di esso c'è sempre la luce della risalita, l'uscita dalla caverna.
Un opera che è un inno alla vita, con tutto ciò che essa comporta, con la nobile e sublime accettazione del destino comune: così le ferite dell'anima si aprono e si ricuciono e le gioie restano forti ed intense e sono l'ancoraggio della sua esistenza, mai paga della ricerca e sempre pronta a sperimentare nuove emozioni. Il ricordo si fa rimpianto di quanto si è perso, ma rimpianto mai amaro, mentre dolce è il ricordare il primo amore, un amore gelosamente custodito, un amore intramontabile, ripercorso con tutta la foga giovanile e ti sembra di risentirli quei baci rubati, quei baci che tutti abbiamo sperimentato da adolescenti: quei baci puri ed intensi che ci portiamo dentro custoditi nella teca dei ricordi più belli. Con poche parole si pennellano emozioni, stati d'animo, sensazioni indelebili, come in un quadro emozionale in  cui tutto viene letto entro un piano infinito, un piano divino che accoglie il nostro progetto esistenziale.
Poche parole e ti ritrovi dentro un'emozione, un ricordo, un rimpianto, un abbraccio, un bacio, un foulard di seta, una rosa, un pensiero leggero e fluttuante una carezza al lago dell'amore universale, in riva al mare d'inverno con la paura umanissima di perdere tutto.
E poi il silenzio della solitudine con la certezza che domani i rumori spariranno perché sono solo i sussulti della sua anima inquieta, il colloquio col padre che torna in vita nel ricordo e si fa presenza fisica accanto a lei , come il primo vero grande amore della sua vita, e le dà utili indicazioni per ritrovare il senso di questa esistenza più volte colpita, ma mai affondata.
Il ricordo accorato di Strauss , compagno di dieci anni di vita di cui ringrazia Dio per avergli fatto scoprire l'amore vero, puro, disinteressato, totale come quello che solo un cane sa dare ad un uomo, in questo caso una donna, sensibile . E  le senti quelle coccole, quelle leccate, quelle corse, quegli scatti di corsa e ti senti vicina a Susanna, al suo dolore e alla sua evoluzione . Una Susanna che sa parlare con la sua amica Rossella,
l'amica di una intera esistenza, di cui sente una mancanza dolorosissima, un vuoto incolmabile in questo Natale che si approssima , in cui intrattiene un rapporto intimo con la sua amica in un sentimento puro di totale amicizia gratuita e spassionata. Perché Susanna sa cos'è l'amicizia e io la ringrazio, non solo per le parole intense e sublimi per Rossella, ma anche per quelle che spende per me, parole alle quali io mi ancoro alla ricerca di un approdo nella mia travagliata esistenza. E queste parole ti entrano come un balsamo e la senti la catarsi della liberazione che passa attraverso il dolore; ti vedi accanto a lei davanti a quel foglio bianco che aspetta di riempirsi di emozioni e che fa quasi paura nel silenzio dell'anima, ma presto quel foglio si riempirà di altre e ancora altre intense parole e tu lettore ti troverai dentro un sogno che si apre e si chiude in un tempo irreale che lascia l'amaro del risveglio, ma la prontezza di vivere un nuovo giorno che non sappiamo cosa ci dispenserà. Ma sappiamo che Susanna lo vivrà con tutto il suo cuore, con la pienezza  , la foga e al contempo la serenità dei suoi sentimenti mai spenti, con la cura della sua essenza più vera, certa che un altro a more ci sarà a curare le ferite della sua anima, un altro abbraccio in cui perdersi, un Mr.Right, quello giusto, quel col suo bel cavallo bianco per portarla via, mentre ora le mancano le carezze , quelle emozioni che provava da adolescente quando sognava l'uomo della sua vita.
Così tra gioie, dolori e rimpianti si dipanano le lettere e le parole si infilzano l'una dietro l'altra in una armonia di suoni e di sensi, da godere in una sera di luna piena, in collina, sulla riva del mare, in una splendida giornata guardando il lago e sentendosi scoppiare di energia vitale pensando al suo amore lontano e risentendone tutta la pregnanza e la forza e poi l'attesa, la paziente attesa del ritorno dell'Amore.

E i suoi sentimenti cambiano col passare delle stagioni in una unione olistica con la Natura, di cui assorbe aromi, luci e colori, mentre si perde tra fantasmi di fumo e profumo, nella definizione sempre più nitida di ciò che cerca per se stessa, ora che si sente libera delle zavorre del "devo essere" e finalmente può diventare la Susanna autentica, quella che pulsa nel suo cuore, lontana dalle convenzioni imposte , quella dove una parola sola risuona forte e potente: Amore.



23 mag 2013

Recensione del poeta Vincenzo Monfregola a LETTERE MAI LETTE

Con immenso piacere pubblico la recensione al mio libro Lettere mai lette (Kimerik) del poeta, nonché amico Vincenzo Monfregola. Grazie Vincenzo, questa mattina aprendo la posta ho trovato questo tuo graditissimo regalo!





"LETTERE MAI LETTE" di Susanna Polimanti



Lettere… a chi non è mai capitato di scriverne almeno una, personalmente credo sia fondamentale regalarne quanto meno a chi si vuole bene.


Susanna Polimanti ne butta giù svariate, tutte diverse ma ognuna di esse legate ad un chiaro concetto: "l'amore"; amore per la vita, amore per il cielo, il mare, amore per l'amore, amore per la vita.
Durante la lettura di questa raccolta sono riuscito a percepire gli stati d'animo, le emozioni, i giorni nati col sole e le notti calate con la pioggia, l'autrice porta il suo lettore nel tempo stesso in cui le ha scritte quelle lettere.


Difficile riuscire a descrivere quanto abbia giocato il 'tatto' mentre sfogliavo le pagine di "Lettere mai lette", ma non parlo del tocco fisico tra le mie dita e le pagine del libro, per 'tatto' intendo dire che sono stato catturato emotivamente tanto da condividere attimi, momenti raccontati in parole, emozioni urlate in silenzio che raccontano della semplicità più autentica che la vita, e il suo vero senso, ogni giorno ci regala dandoci la possibilità di 'essere'.


Susanna Polimanti riesce a raggruppare con poche parole quanto di più essenziale possa esserci nei valori fondamentali cui ogni essere umano si sente legato, quale un compagno, un amico a quattro zampe, un fiore, un pensiero. Altalenanti le pagine in cui l'autrice riesce a regalare tutte le sfaccettature che un'emozione può regalare, inestimabile è quanto arriva ai lettori che attenti non si soffermano al 'tecnico' e riescono a farsi trasportare dalla melodia che ogni singola riga delle lettere di Polimanti racconta.


" […] Ma conservo un solo nitido ricordo: di quel pomeriggio di fine febbraio, quando, dopo una corsa in macchina fino al mare, in un posto lontano, hai scattato qualche foto. Era un periodo molto difficile per me, pieno di sofferenza, ma tu eri riuscito ad alleviare il mio dolore con dei semplici gesti, con degli sguardi. […]" .
Mi sono particolarmente d'aiuto queste poche righe per dare un'idea di quanta pienezza vitale sono racchiuse nelle pagine di questo libro, tutte le emozioni sono in quello scrigno intimo di Susanna Polimanti che regalandolo al lettore rende unico il suo legame con quanto conta veramente in ogni singolo battito di questa vita, bella così com'è nella luce della sua assoluta semplicità.

Vincenzo Monfregola

15 mag 2013

Recensione di Penne d'aquila di Giovanna Albi


Ringrazio la scrittrice Giovanna Albi per la bellissima recensione al mio romanzo Penne d'aquila.



Ciao, sono Giovanna Albi e, in piena condivisione del sentire, ti presento la mia recensione al toccante testo di Susanna Polimanti " Penne d'aquila".
Un viaggio nella memoria di Virginia , personaggio femminile di grande spessore emotivo-spirituale, è di fatto il testo di Susanna, che, con una penna veramente d'aquila, sa guardare oltre l'apparenza del divenire alla ricerca inesausta di una verità interiore, deposta nelle ragioni del cuore, al di là di tutte le stratificazioni della razionale coscienza.
Un viaggio entusiasmante che ti prende per mano e ti conduce dentro il cuore di una donna autentica che impara a leggere dentro di sé, ricostruendo il suo mondo interiore attraverso il ricordo dall'infanzia all'adolescenza all'età matura in un continuum narrativo-descrittivo naturale e spontaneo, mai artefatto, ma profondamente vero, come vero è quel battito del suo cuore all'unisono con le leggi dell'universo interiore .
Un personaggio che cade e si rialza sempre più forte e consapevole e impara a guardare dall'alto la sua esistenza mai paga della ricerca definitiva, ma sempre desiderosa di sperimentare il nuovo che avanza pur preservando come sacro il ricordo che la lega in particolare ad alcune amiche del cuore e all'amore della sua vita: Angelo.
Credo ci voglia coraggio a guardarsi dentro come fa Virginia, e lo stesso coraggio lo sperimento in Susanna, che ho la fortuna di conoscere personalmente in affinità elettiva. Trovo con difficoltà le parole adatte ad un libro eccezionale sia nei contenuti che nella forma vibrante di sentimento , con tratti lirici non comuni, in cui si padroneggia la lingua italiana con maestria naturale e spontanea. Questa assenza di artificio credo sia il punto forte del testo per cui ti pare di entrare dentro le confidenze vere di una amica, che si apre a te svelandoti elementi di forza e di debolezza di un'anima tutta femminile che come tale si presenta complessa , ma mai contraddittoria, pulita e schietta nel  conservare il suo patrimonio emozionale. In anni di deserto emotivo e di bancarella delle emozioni mercificate non di può che apprezzare l'umana dignità di chi con discrezione e autentica forza interiore rimane se stessa , non piegandosi ai compromessi che la vita stessa forzatamente ci impone.. Virginia è sempre se stessa quando cerca lavoro e quando ama, quando è in crisi e quando si risolve, sempre in tensione emotiva a caccia di un equilibrio cui perviene affidandosi ad una visione matura che le consente, dopo l'immersione dentro di sé, di guardarsi dall'alto e di volare come un'aquila nel cielo terso, libero da nubi esistenziali.
Definirei l'opera un romanzo di formazione sentimentale, altamente educativo , oltre che emozionante, perché prendersi cura della propria anima è un dovere che abbiamo tutti, e tutti prima o poi dobbiamo fermarci a fare il bilancio della nostra esistenza anche a costo di trovare del dolore: dolore per la perdita di un amore, dolore per la morte di un genitore, dolore per un senso di inadeguatezza che in fondo appartiene all'essere umano, che , se tale è, non può non ammettere la sua vulnerabilità e la sua esposizione al rischio anche della sofferenza ,che non va elusa, ma affrontata.
Così, anche Virginia incontra tutti gli stati d'animo, vissuti fino in fondo con determinazione e risolutezza, certa che c'è un amore più alto che ci accoglie e ci riassorbe in una fede autentica, in cui ripone la fiducia in un volo d'aquila.
Profondamente femminile, pulito e vero è il suo amore per Angelo, l'unico amore della sua vita, quello , il cui ritorno Virginia aspetta con devozione e anche abnegazione, quello che rispunta sempre nella sua interiorità, quello che le fa compagnia nei momenti della giornata, quell'amore che non muore mai, ma resta vivo e vivido dentro la protagonista. E questo amore Virginia lo rincontra dopo trent'anni per poi vederlo scomparire di nuovo, ma questo non le toglie l'entusiasmo tutto giovanile dell'attesa di un ulteriore ritorno, che certo ci sarà.
Amore ed amicizia sono i compagni di viaggio di Virginia, che non muore mai dentro, perché ,oltre che tuffarsi in mille esperienze di una vita interessante ed intensa da un punto di vista emotivo, ma anche pragmatico, coltiva questi due sentimenti con rispetto profondo, certa che solo in essi c'è la chiave di volta del problema esistenziale. Grazie alla fede e alla nobiltà del suo sentire riesce anche ad elaborare il lutto e il dolore lancinante per la morte del padre e lo fa da sola, mai lasciandosi supportare dagli esperti psicologi del settore, che, come non smetterò mai di ripetere, producono spesso danni alle anime sofferenti aumentandone il disagio. Ho apprezzato molto in Virgilia questa sua capacità di fare leva su se stessa per scavarsi dentro e risollevarsi, certa della relatività che attraversa le esperienze umane, che ripercorre anche con sottile autoironia, mentre Assoluto resta solo l'Amore, l'unico farmaco davvero efficace di fronte al male di vivere.
Ringrazio Susanna per avermi fatto conoscere l'anima di Virginia, parlando con cuore in mano, senza infingimenti e facili menzogne, senza artifici e sovrastrutture di cui si ammantano le anime pigre e senza autentica sete di conoscenza.


12 mag 2013

12 maggio 2013: Festa della mamma



Oggi, Festa della mamma, inserisco questa poesia stupenda, dedicata a tutte le mamme del mondo, della poetessa e scrittrice Anna laura Cittadino:


Negli occhi di mia madre.

Avevano occhi
le tue parole
mi guardavano
e indicavano
i colori del mondo
le inquietudini del cielo
la voglia di vivere
le paure
le strade che avrei percorso.
Tu, che avevi viaggiato con gli stessi silenzi
generato la stessa melodia
superato gli stessi confini.
E solo quando si è madri
lo capisci
che cento, mille volte
le avrei ascoltate
le tue parole
sfogliandole come petali
senza timore
cogliendo l’orizzonte
dei tuoi occhi belli
fino a raggiungere
il punto esatto
di ogni battito
del tuo cuore.

A. L. C.( Edita “In Medias Res” Edizioni Stravagario )

27 apr 2013

Un racconto della scrittrice Anna Laura Cittadino


Con immenso piacere inserisco in questo mio spazio culturale un racconto della scrittrice Anna Laura Cittadino che ho apprezzato moltissimo, perché scritto con parole semplici ma toccanti, un breve racconto che mi ha davvero emozionato per la storia che narra. Il racconto Tra neve e sole è già finalista nel Concorso di Sensazioni Emergenti e spero vivamente che possa arrivare ad ottenere un premio degno di questa scrittrice così sensibile e particolarmente vicina al mondo della cultura in tutte le sue più alte espressioni.



Tra neve e sole.


Quanto tempo era che non vedeva Max? Quindici, venti? Non lo ricordava più. Aveva chiuso il ricordo di lui in una stanza in fondo alla sua anima e ne aveva gettato la chiave. Eppure quella mattina nell'aver incontrato anche solo per pochi istanti quegli occhi azzurro cielo provò una fitta al cuore e gli occhi le si inumidirono di lacrime.
“ Opere d’arte i tuoi occhi che nessuna galleria può contenere vendere o comprare”, gli aveva detto lei un giorno. Lui era scoppiato a ridere.
-Santa Lucia, non era il nome di una chiesa o il nome di una Santa, Santa Lucia era un quartiere malfamato nel centro storico di una città del centro sud dove Ivonne e Max erano nati e cresciuti insieme. Si erano separati solo negli anni in cui Max era stato mandato a studiare in un Istituto e vi era rimasto fino a quattordici anni. La madre aveva altri sei figli e il padre di Max, Ivonne, non aveva mai capito chi fosse. Troppi uomini entravano e uscivano da quella casa e non ve ne era uno che si fermasse lì per più di due giorni. Lei abitava dirimpetto a Max, affacciandosi dalla sua finestra vedeva la madre sempre in vestaglia a qualsiasi ora del giorno. 
A lei le fu sempre vietato dai suoi genitori di andare in quella casa e a dire il vero le avevano anche vietato fin da bambina di giocarci e di starci insieme,ma lei all’amicizia di Max non aveva mai rinunciato, neanche quella volta che lo aveva visto dalla finestra di casa avventarsi con furia su un uomo, (uno dei tanti che frequentavano la madre ) lo aveva preso a pugni in faccia e a calci. Si era coperta gli occhi con le mani per non vedere, ma poi spinta dalla curiosità spiò tra le fessure delle sue dita e quello che vide la fece scoppiare in un urlo disperato; Max si era accanito anche su sua madre e anche a lei riservò lo stesso trattamento dell’uomo con calci e pugni.
Accorse la madre di Ivonne, a quelle grida. Lei udendo sua madre si ritirò dalla finestra ma sua madre aveva già visto tutto. “ Ti ho detto mille volte che devi stare alla larga da questa gente! Non c’è nulla da guardare. Vai a studiare.
Si allontanò dalla finestra e andò in camera sua, si buttò sul letto e pianse. Pianse così tanto che si addormentò e al risveglio il sole stava già tramontando. Guardò fuori e lo vide seduto a terra con la testa tra le ginocchia. Non ci pensò due volte, corse fuori e lo raggiunse, gli si avvicinò piano e in silenzio gli si sedette a fianco senza parlare. Il corpo di lui era scosso da tremiti, ma non riusciva a capire se stesse piangendo. Passarono alcuni minuti poi Max alzò il capo “ Cosa vuoi, vattene via” le disse guardandola con gli occhi pieni di lacrime. Lei non rispose, continuò a restare lì accanto a lui in silenzio, senza parlare, e vi restò fino a quando le luci fioche dei lampioni avvolsero il borgo e udì la voce della madre che la chiamava dalla finestra. Allora si alzò e corse via, non prima però, di aver stampato un bacio sulla guancia del suo amico. La sera nel suo letto prima di prender sonno pensò a Max, alla sua furia, al suo modo di esser violento, ma pensò soprattutto a quei occhi simili a due gocce di mare quando avevano incontrati i suoi e non ebbe dubbi! Lo amava.
Il tempo passava in fretta e così anche i loro anni. Gli occhi di Ivonne furono spettatori più volte di scene di violenza da parte di Max. Risse con i compagni, botte in casa con i fratelli, con la madre, ma con lei era il ragazzo più dolce e romantico del mondo. Si erano scambiati il primo bacio una mattina che avevano marinato la scuola per andare al mare. Il loro fu un amore pulito, baci mai dati sotto le lenzuola, e non si erano mai spinti oltre anche se il desiderio chiedeva altro.
Max aveva terminato le scuole medie e non aveva più continuato gli studi. Lei, invece, si era iscritta al liceo e frequentava la scuola con profitto. Il suo sogno era quello di poter diventare un giorno un magistrato. Quando lo diceva a Max lui la prendeva in giro. “ Chi come noi è nato pezzente, pezzente resta, hai capito Signorina Giudice? 
No, non è vero..ognuno di noi è ciò chi vuol essere, rispondeva lei.
C’era la neve il giorno in cui lo vide da dietro i vetri della sua finestra salire insieme a due carabinieri su una pattuglia. Aprì la finestra e lo chiamò con tutto il fiato che aveva in gola, ma lui non alzò neanche la testa.
Apprese dai vicini che Max era stato arrestato per una rapina. Non riusciva a crederci e lo difese con tutte le sue forze. Gli scrisse in carcere e continuò a credere in lui e in tutto quello che le diceva.
Passarono quattro anni prima che potesse riabbracciarlo. Lei frequentava l’università e le mancavano pochi esami alla tesi “ Sposiamoci Ivonne, potrai continuare a studiare anche dopo sposati” le disse Max.
Si sposarono in una fredda mattina di febbraio in una piccola chiesa di campagna contro il volere di tutti. Ivonne avvolta in un abito bianco preso in prestito in un negozio di abiti usati, tra le mani stringeva un mazzetto di primule raccolte da Max per strada. Solo pochi amici a fargli gli auguri mentre il sole splendeva alto nel cielo. Andarono ad abitare in un monolocale preso in affitto, solo una cucina con pochi mobili e una camera da letto. Fecero l’amore per la prima volta quella notte.
Aveva ancora il vestito da sposa poggiato sulla spalliera del letto e il sapore dei baci di Max sulla pelle quando arrivarono i carabinieri per portarselo via.
Un’altra rapina, un’altra accusa, sette anni di carcere, apologie e perdono. Si, perché bastava guardare nei suoi occhi per dipanare come nebbia ogni dubbio e perdonarlo. Sette anni duri. Duri come la sua tenacia nel portare avanti i suoi studi. Duri come bocconi amari di lacrime mandate giù in silenzio, da sola, il giorno in cui diede l’esame di laurea. Lo aspettò davanti ai cancelli del carcere il giorno in cui Max riconquistò la sua libertà e insieme abbracciati e ridenti corsero al mare e lì sulla spiaggia fecero l’amore dopo sette anni.
C’era la neve il giorno in cui andò a ritirare il suo test di gravidanza. Positivo! Doveva correre a casa e dirlo a lui. Un bimbo, un figlio; una tela bianca e insieme avrebbero fatto da colori a quella nuova vita che portava in grembo.
Corse a casa e lo chiamò per ogni stanza. Max, Maxin, come amava chiamarlo lei. Non ebbe risposta. Lo aspettò davanti al fuoco per tutto il giorno, per tutta la sera, per tutta la notte. Si svegliò davanti ad un fuoco spento nel silenzio della sua casa con uno strano presentimento e uscì a comprare il giornale. Max era stato arrestato.
Tornò a casa, raccolse tutte le sue cose, prese un foglio bianco “ Ognuno è ciò che vuole essere” ci scrisse sopra, lo chiuse in una busta e lo infilò in tasca.
Lontana in una stazione senza nome, tra i volti di gente sconosciuta imbucò la lettera. 
Un bambino è una tela bianca da dipingere con i colori dell’amore. Avrebbe dipinto lei insieme a suo figlio, poi sarebbero saliti insieme sulla giostra della vita e gli avrebbe regalato un giro gratis pieno d’amore e di sorrisi…in fondo si disse di biglietti ai giostrai, lei, ne aveva già pagato troppi.


Anna Laura Cittadino

Haiku

Voce silente
Eclissi parziale
Occhi velati


(Susanna Polimanti)

21 apr 2013

Niente da nascondere di Francesco Casali



Niente da nascondere di Francesco Casali è realmente un libro fuori dal coro. Grazie alla sua attività di educatore professionale che, quotidianamente svolge con pazienti affetti da disturbi psichiatrici e della personalità, con disagi psicosociali più o meno gravi, l’autore in questo suo romanzo saggistico dialoga con il lettore, scrive e descrive, argomentando una realtà che “esiste” concretamente. Senza alcun artificio, trucco o finzione, egli sconfina oltre le sue esperienze positive o negative che lo hanno in qualche modo segnato, sottolineando e diseppellendo con elementi di minuziosa psicologia dinamica, il potenziamento delle capacità espressive e creative dei soggetti descritti, al di là del loro disagio psichico, alla ricerca di una maturazione interiore verso la continuità di forza e coraggio in ogni situazione drammatica. Niente da nascondere inizia con un primo abstract che riassume l’importanza dell’argomento trattato: il dolore, in ogni sua sfaccettatura, attraverso caratteri e personalità distinte, oltre ai protagonisti con storie complesse di un vissuto intenso, l’autore si occupa anche di pulsioni, desideri e debolezze tipiche di ogni individuo della nostra società. Egli ci parla del dolore silenzioso, che rimane impigliato negli oscuri tunnel dell’anima, un’interpretazione del dolore legato alla dinamica del ricordo per la perdita fisica di un affetto, di uno stress, dei tanti problemi di adattamento in una società che muta troppo velocemente, attribuendo al dolore conseguenze che, se ignorate possono realmente trasformarsi in una profonda voragine, in un prolungato abisso in cui sprofondano sentimenti ed emozioni. Le parole che Casali utilizza sono importanti perché analizzano il senso del dolore che non deve essere dimenticato né accantonato ma vissuto fino in fondo, a volte necessario perché addirittura liberatorio. Il dolore inteso quale solitudine, perdita di un ruolo sociale, senso di colpa e consapevolezza di essere incappati in un qualche errore, che conduce alla fuga, generando persino una percezione di ostilità occulta negli altri. L’autore affronta l’argomento avvicinandosi ad una particolare ”sociometria”, quale interpretazione della capacità empatica, rivelando così coraggiosamente le verità più intime dei personaggi, le loro insicurezze, le loro paure più vere. Francesco Casali si serve della sua ironia analitica come una lente per meglio scrutinare il male dell’esistenza ed indagare nella psiche umana. Evita di dispensare consigli, bensì privilegia evidenziare il suo personale approccio di educatore professionale e la sua esperienza diretta sul tema.
Lo stile del libro è brillante, graffiante, pungente, molto immediato e diretto ma, ad un tempo, tenero e sottilmente impregnato di sentimenti forti e contrastanti; elaborato con profondo pathos ma soprattutto con precisa cognizione di causa. Attraverso la sua esposizione si percepisce il carattere versatile, eclettico ed estremamente sensibile dell’autore stesso, che si palesa parlando di quanto, talvolta, sia difforme l’immagine che ognuno ci propina di sé e della propria realtà riflessa e diffusa soprattutto nella società attuale; “l’immagine, l’apparenza, la menzogna” che ci rendono “splendidi personaggi di se stessi” quando viviamo “splendidi siparietti” nella “casa delle menzogne”, e così facendo, viene occultato un proprio disagio che non è fisico, bensì mentale e spirituale. Francesco Casali racconta e si racconta per combattere tutti i pregiudizi che ruotano intorno al nostro mondo e con il suo libro analizza con precisione quali, in fondo, possano essere le alternative e possibilità che ognuno ha per ritrovare la pace interiore che non sia solo fittizia e non ci renda normalmente così “biecamente felici”. Leggendo questo romanzo, sorge spontanea la domanda: perché dunque considerare pazienti e malati di mente unicamente coloro ai quali viene diagnosticata una malattia mentale, perché fermarsi nel ritenere che solo in un ospedale il dolore è di casa e dunque non fuori luogo? Troppo spesso siamo portati a pensare che il ricordo di una sofferenza fisica svanisca più facilmente di quella psicologica. Questo libro mette in risalto un tema complesso e scomodo, al di fuori dalla normale fisicità, in realtà il dolore è maggiormente assordante, perché silenzioso. Niente da nascondere è un bellissimo libro, di notevole interesse etico; il suo messaggio è importante, diretto ad una differente solidarietà e comprensione, per una ricerca personale verso una permeabilità al vissuto degli altri ottenendo di essere più ricettivi nei loro confronti e verso noi stessi.
Sono solita credere che una semplice recensione non basti ad illustrare l’argomento trattato in un’opera letteraria ed in questo caso, più che mai, sento il dovere di informare il lettore che Niente da nascondere va semplicemente letto con estrema attenzione. Ogni passaggio da un capitolo all’altro affascina e trasporta verso la netta consapevolezza che, anche nei peggiori casi di dolore, dovuti a sofferenza mentale, ad un lutto o un abbandono, esista sempre una sola via d’uscita, dettata dall’amore e da un’autentica ed individuale presenza emotiva. La lettura di questo romanzo stimola la riflessione circa il valore della condivisione empatica in ogni nostra relazione umana.



Susanna Polimanti