24 mar 2014

Il problema di Ivana di Ciro Pinto, la mia recensione

Ciro Pinto e il suo romanzo Il problema di Ivana, una scenografia medianica




Il problema di Ivana è il primo romanzo di Ciro Pinto pubblicato nel 2012 con Edizioni Drawup. Un libro d’esordio e un romanzo d’élite, degno di essere annoverato nell’omonima collana della casa editrice. Tra le sue pagine, in una trama tutt’altro che banale, palpitano e vibrano turbamenti, passioni e intimi stati d’animo del protagonista Andrea Torreggiani. Andrea è un giovane dirigente di un’azienda milanese nonché scrittore, vive l’inquietudine dettata dalle difficoltà dell’azienda in cui lavora, costretta a dover rivedere l’assetto per fronteggiare l’attuale crisi finanziaria. Pressato dalla delicata situazione, egli decide di allontanarsi per un breve periodo per rifugiarsi a Cetona, un borgo della campagna senese; al borgo, ospite di un amico tra gente e sapori di un paesaggio tra i più suggestivi della Toscana, insegue il desiderio e la necessità interiore di terminare il suo nuovo romanzo e risolvere il problema di Ivana. La fuga dalla metropoli lo porterà a varie riflessioni, a conoscere e innamorarsi di Laura, dai “capelli nerissimi e occhi viola”.  L’incontro magico eppur complicato con Laura gli permetterà di ripercorrere ogni sua relazione d’amore, passata e recente.
In quest’opera è possibile ritrovare tutto l’istinto poetico dell’autore. Ciro Pinto trasporta il lettore nella piacevolissima immersione di una creazione letteraria imprevedibile, dove emotività e suspense richiamano un genere sia di thriller che di realismo romantico.
L’intreccio narrativo si svolge con stile accogliente e cortese, a rivelare lo stesso carattere introspettivo, intuitivo e profondamente passionale dell’autore.
Ciro Pinto è un narratore onnisciente, utilizza analessi e prolessi con destrezza sapiente e raffinata. Le numerose sfaccettature dei personaggi e la sua grande abilità di evocare immagini donano in ogni pagina la gioia di visioni emotive che si nascondono tra le pieghe dimenticate di un tempo ermetico e dilatato dove tutto è possibile e niente è lasciato al caso. Il ricorso a queste tecniche stilistiche consente a Pinto di creare uno stato di ansiosa incertezza o dare al testo maggiore interesse, vivacità, suscitando la piena partecipazione del lettore. A collaudare l’efficacia di tali ingredienti narrativi troviamo affascinanti descrizioni di luoghi e sentimenti come l’amore, descritto e celebrato dall’autore come emozione senza tempo in storie retrospettive.
Ma chi è Ivana? Tale personaggio così misterioso e intrigante è la stessa caratterizzazione di Andrea Torreggiani. Seguendo la mia personale chiave di lettura, ritengo che Pinto con questa sua opera abbia dato vita a un’autentica sceneggiatura medianica, regalandoci pregevolezza e valore letterario. La mia interpretazione nasce da un elemento più volte descritto nel romanzo; infatti, nella mente del protagonista Andrea si ripete l’immagine di una scena, un evento forse accaduto nel medioevo e in qualche modo legato al personaggio di Ivana, donna dalla “voce salda, i modi sicuri come quelli di un maschio, e lo sguardo diritto e sfrontato”. […] “Ivana dominava la scena con il suo problema”; una vocazione iniziale che nel tempo della narrazione diventa maestra di una traduzione di pensieri latenti ed emozioni dello stesso Andrea. La donna è intimamente legata al protagonista, il quale sembra ritornare in un ambiente conosciuto in precedenza, in una sorta di atmosfera onirica. Lo scrittore Pinto crea una trama ad incastri che viene poi raccontata da numerosi e diversi punti di vista che si fondono con l’interiorità di ogni personaggio. È come se l’autore abbia optato per una  pseudoreincarnazione in un corpo maschile o femminile; ne sceglie l’ambito e le condizioni che  permetteranno ad Andrea Torreggiani di riscattarsi, perfezionarsi e compiere ciò che spera di realizzare. Alcuni scorci vengono ripetuti dando un senso di déjà vu al lettore che vivrà questi momenti però sotto una nuova ottica.
Lo stesso dicasi del perché di certi avvenimenti accadano, non perché determinati da una reale coscienza bensì da una concatenazione di eventi il cui filo può essere individuato grazie a una più estesa e ampia consapevolezza del rapporto tra lo scrittore Pinto e lo scrittore Andrea, tra ogni personaggio e gli eventi stessi.
La scena legata al ricordo di Ivana fa da collettore e specchio di una molteplicità di codici in transito nella mente e nel cuore di Andrea. È qui che scatta il genio di Ciro Pinto, capace di intersecare l’ossessione d’amore del suo personaggio, il quale tende a modificare l’oggetto del suo folle sentimento nel ricordo soggettivo e l’immagine ormai indelebile nella memoria, con una forza contraria di direzione opposta, nel tentativo di farsi amare così come è da qualunque altra donna.
La storia di Andrea Torreggiani-Ivana e di ogni altro personaggio è infine una metafora della nostra stessa vita e di ogni nostra inquietudine che Ciro Pinto ha narrato senza mai perdere di vista il vero messaggio, vivere, reagire, ricostruirsi e ritrovarsi, soprattutto ritrovare “l’ordine intrinseco delle cose” anche quando si crede di aver perso tutto. La mente artificiale è l'insieme delle certezze quali schemi già scontati con cui conviviamo tutta la vita. Molti eventi possono seguire lo stesso destino dei ricordi di vite precedenti qualora volessimo dare loro dignità di realtà e di attendibilità nel cercare conferme negli eventuali “testimoni” degli eventi stessi.
Il risultato è un romanzo avvincente, stilisticamente elaborato ma scritto con un linguaggio semplice e scorrevole. I personaggi e i luoghi sono descritti in maniera ineccepibile, ti sembra quasi di conoscerli e di camminare veramente per le strade di quel borgo toscano, di sentirne tutti gli odori e rumori. Occorre resistere, dunque, ai tentativi esterni di influenzare la nostra vita, ricercando fasi di silenzio, meditazione e coerenza dentro noi stessi. Leggendo Il problema di Ivana ho avuto il desiderio che non finisse mai, non è un romanzo da leggere tutto d’un fiato bensì d’assaporare pagina dopo pagina, eppure l’ultima pagina è arrivata. Sono certa che tale romanzo di Ciro Pinto possa entrare nelle liste meritevoli dei libri più venduti.







SUSANNA POLIMANTI





Cupra Marittima 24.03.2014




19 mar 2014

Recensione di Ciro Pinto al mio libro LETTERE MAI LETTE

Ringrazio lo scrittore Ciro Pinto per questa bellissima recensione al mio libro Lettere mai lette (Edizioni Kimerik). Ciro Pinto ha colto con straordinaria sensibilità e con penna superba il vero messaggio di queste mie lettere.












10 mar 2014

Trascendentale Alterazione di Alessandro Pinto - La mia ampia recensione


… l’io lirico intraprende un viaggio
tra gli spazi eterei dell’anima descritti in gocce di fuoco,
risalendo infine
sino alle sovrastrutture
che è costretto ad indossare per vivere nel mondo
in paesaggi artificiali.
( Alessandro Pinto)


Trascendentale Alterazione è la prima e grande raccolta poetica di Alessandro Pinto, pubblicata da Edizioni Il Sandalo Torino (2013). Ivi contemplati ben sessantaquattro componimenti, tra poesie e aforismi che tratteggiano un preciso percorso intimo, tra Gocce di Fuoco e Paesaggi Artificiali. La silloge si presenta con una cover d’effetto che raffigura una donna vestita di fiori, divisa tra luce e ombra, avvolta da filamenti impalpabili poiché eterei; all’interno scopriamo disegni grafici appena sfumati, in un rapporto percettivo e figurale di parola-immagine che ne impreziosiscono la lettura e l’ascolto. In apertura alla raccolta è posta la nota dell’autore a delineare il ritmo poetico e la natura “momentanea” di ogni verso che può essere interpretato individuandone le metafore concettuali soggiacenti al linguaggio stesso, inteso alla descrizione linguistica della realtà immateriale e materiale; una sorta di viaggio spirituale dell’io, tra ascese e cadute dell’io lirico, tra linguaggio antico e linguaggio nuovo, tra corpo astrale quale stato emotivo, veicolo dell’anima e della coscienza e corpo fisico inibito e chiuso. Il risultato finale diviene espressione di straordinaria bellezza e forza d’incisione. Il termine Trascendentale ha polivalenza semantica, l’uomo partecipa alla trascendenza divina per mezzo della rivelazione, processo di liberazione dal molteplice, dalla corporeità che si contrappone al termine Alterazione, quel mutamento dell’essere che si ritrova infine, ineluttabilmente, a doversi confrontare tra tensioni di forze attraenti e opponenti, tra surreali richiami celesti e concreti conflitti terreni “ Sii come l’astro/la cui luce/fende mortalmente le tenebre”[…] Ogni momento lirico della poesia di Alessandro Pinto è un canto metafisico, un’ispirazione che consente viaggi e percorsi dell’anima che trascendono ogni riferimento fisico e spazio-temporale. Nei suoi versi il poeta incentra la propria attenzione su ciò che considera eterno, stabile, necessario, assoluto, per cercare di cogliere le strutture fondamentali dell'essere “[…] ma se si troverà/puro l’io/nella trasparenza dell’Essere/risorgerà/al canto sublime delle stelle” In questo caso la poesia è l’arte che riceve l’illuminazione spirituale, che riesce ad abbattere i confini della dimensione esteriore con la sua caducità e relatività, per avvicinarsi e toccare il vero segreto dell’esistenza, perché due sono i modi dell’essere; ogni cosa si altera, muta dall’essere in potenza verso l’essere in atto.  Tale concetto evidenzia, tra l’altro, precisi punti di contatto con il percorso interiore ingenerato dalle discipline orientali o olistiche in genere.
Il poeta Alessandro Pinto si trasfigura in musicista, affida la sua arte all’archetto della “Musa” ispiratrice “[…] Su partitura,/non vedo l’ora/di fissare quegli affascinanti fonemi,/effetti in struttura chiusa/di un sonetto perfetto” si separa fisicamente dal resto del mondo, quasi in contemplazione mistica si ritira nello spazio a cielo aperto di un chiostro “La mente ha rostro/per fendere dubbi/e l’animo/da un sacro chiostro […] stillano fonemi/ da un divino mirto […] i  sensi/ s’adoperano/oltre ogni barriera […]”, si pone in ascolto della sola musica interiore che è voce dell’anima raccolta in sé stessa.
Dall’opera poetica si evincono diverse tematiche, semplici e complesse; in ogni verso ritroviamo la natura con i suoi elementi naturali quali acqua, fuoco, vento, terra nonché i sogni e l’amore e quegli elementi del pensiero che chiamiamo simboli, di cui il più significativo è rappresentato dal ragno.
Dal punto di vista psicologico potrei tranquillamente interpretare il ragno quale simbolo di angoscia e inquietudine ma nello specifico di tale componimento poetico, la mimesis poietica dell’autore è più che evidente e può essere confrontata con il lavoro del ragno di fronte alla sua tela. Il poeta percepisce realmente il ruolo demiurgico del ragno, il senso ricco e polivalente connesso con l’idea della creazione e il prosieguo del processo d’individuazione, un proprio bisogno di evolvere la sua stessa creatività; egli individua nei due momenti della poiesis e della mimesis i caratteri del fare artistico e letterario, inteso come fare concreto e produttivo “ […] tessi pure i tuoi fili/ nella mia mente[,]/intellettuali segmenti[,]/brillio argenteo/ di una tela[,]/immensa mole/ di un’eterea poetica densa di parole.” A tale riguardo va ricordato che nell'antica Grecia la creatività era sinonimo di poeticità, il poeta era il creativo per eccellenza perché riusciva a materializzare le emozioni e gli stati d'animo entrando nelle profondità della propria anima.
Un’ulteriore caratteristica della silloge poetica Trascendentale Alterazione è la precisa simbologia dell’apparenza-illusione, della pesantezza del corpo, del nostro vissuto reale che ci vede protagonisti di “paesaggi artificiali” poiché unicamente terreni “Quando l’anima/sposa la materia/ perde la sua originaria purezza[,] /come la neve/che dopo l’aereo tratto/si sporca toccando terra.”
Il paesaggio è un racconto della profondità dell’osservazione che sembra mettere in pausa l’apprensione all’orizzonte dello scorrere della storia: paesaggio come paradigma di un’identità che non può essere colta mai tutta in una volta ma all’interno di una dialettica tra livelli. Soprattutto il paesaggio rende indecidibile, pur nella distanza in cui si costituisce come immagine, se favorisca un inglobamento dello sguardo o se invece denunci la sua irrimediabile separatezza. Il percorso poetico si svolge sempre sotto lo sguardo attento e indagatore del tempo che scorre; il ricorrente utilizzo in vari versi dell’aggettivo “ratto” ne evidenzia la rapidità con cui scandisce le ore mentre si pavoneggia con un “cilindro capovolto”, aggioga e distrugge la leggerezza e l’innocenza dell’infanzia, non consente alla nostra esistenza di realizzarsi pienamente, ci concede frammenti della nostra vita nel mondo e con il mondo. Nel tempo l’uomo vive soggetto alla mutevolezza.
Ogni immagine, ogni parola è perfettamente integrata in significative metafore destinate a rimanere incise nella memoria e ben delineate al fine di rappresentare l’esistenza come unica, totale, comprensiva di realtà e idea, umano e divino. Ecco dunque che la materia diviene “triste pensiero” quel pensiero non esattamente meditativo bensì più raziocinante che appartiene alla nostra mente umana, strumento molto potente, così potente da richiedere attenzione e consapevolezza nel suo utilizzo “Fuoriesce da una ferita[,] /ed è inopportuna/la sua laida presenza[,] /ma lui/il triste pensiero/baldanzoso vaga/in stanza[,] /e con atavica fame/ cerca solo la mia essenza.”; a questo riguardo  reputo che tale presenza possa attribuirsi a quella precisa voce della mente la cui immagine ci separa  dall'interiorizzazione del principio ideale dell'anima o coscienza primordiale, per cui le nostre intenzioni e sollecitazioni creative vengono respinte in quella zona buia che noi chiamiamo inconscio. Se mutano le condizioni interiori variano anche lo stile poetico, il contenuto e la forma delle poesie, avvicinando il lettore al mistero al di là della comprensione logica verso la saggezza trascendentale.
Schegge di segno, parti di senso, tracce di pensiero del suo immaginario che permettono all’autore di mettere a fuoco i “tòpoi” e di liberare la propria personale poetica.
La silloge contiene anche poesie dedicate a luoghi cari all’autore, come Villa Borghese a Roma, a personaggi della musica quale Eleonora Rossin, mezzosoprano drammatico, pianista e compositrice nonché amica di Alessandro Pinto e ancora con versi dedicati al noto chitarrista jazz belga Django.
La visione in versi del poeta è onnicomprensiva, tutta la sua poesia tende a testimoniare di una sovrana unità dell’essere e del divenire.
Il carattere esteso di questa edizione, particolarmente importante e preziosa dal punto di vista poetico mi costringe a limitare al massimo le discussioni puramente tecniche, tuttavia una breve considerazione è più che dovuta, in riferimento a uno stile che si distingue per la brevità dei versi e degli stessi aforismi, ben allineati e senza difficoltà sintattiche nonché per le innumerevoli metafore destinate a rimanere incise nella memoria. La potenza, il ritmo e la simmetria nella poesia danno vita a un movimento che va dall’esterno verso l’interno portando al raccoglimento e alla visione. L’importanza del segno e dell’orditura grafica sono la conseguente capacità d’inserire l’oggetto nello spazio dell’immaginazione pura; il segno grafico che accompagna il verso non è gratuito ma significante, nel senso che avvia e promuove un’operazione conoscitiva nella ricerca della necessità dell’immagine.
Inoltre, desidero sottolineare che la poetica di Alessandro Pinto richiama alla nostra memoria il poeta indiano Rabindranath Tagore definito in letteratura “il poeta dell’anima” per il quale ogni parola è un passo, ogni frase un sentiero, ogni libro un intreccio di molteplici vie. Pertanto, non è un caso che il “viaggiare” di Alessandro Pinto sia la più potente e seduttrice metafora della liberazione individuale, della micro-rivoluzione che si può fare nel proprio quotidiano, della ricerca della verità velata dell’essere. Se l'arte si limita alla dimensione esteriore, se non conduce a ciò che è più profondo e più essenziale, se non diventa una forma di spiritualità, ritengo non sia neppure degna di essere studiata.  La poesia è rappresentazione tanto fedele e adiacente alla condizione umana da confondersi con essa e non può che diventare la sua massima espressione. Tuttavia, l’arte poetica per Alessandro Pinto non è soltanto mera passione bensì una risplendente e lucente filosofia di vita, senza cui vivremmo solo “[...] le voci/ sibilline del mondo[,] /e i suoi tanti/sentieri perversi.” per rimanere “[…] solo gocce d’acqua/ nel mare della vita.”
Trascendentale Alterazione è un’opera poetica completa, un vero tesoro di saggezza, merita ammirazione e interesse.





SUSANNA POLIMANTI


Cupra Marittima (AP) 09.03.




http://www.ilsandaloeditore.it/247268715/product/405398

N.B. La silloge poetica Trascendentale Alterazione attualmente è acquistabile in formato e-book ma l'autore Alessandro Pinto informa che prossimamente verrà pubblicata anche in formato cartaceo. 

6 mar 2014

Recensione di Dipthycha di Emanuele Marcuccio

Pubblico la mia recensione alla silloge poetica Dipthycha di Emanuele Marcuccio, precisando che d'accordo con tutti gli autori, l’intero ricavato delle vendite del Volume (€ 3,81 su ogni copia) sarà devoluto a AISM – Associazione Italiana Sclerosi Multipla. Si procederà però per via privata alla devoluzione dell’intero ricavato delle vendite, non essendo stato possibile inserire la notizia della devoluzione all’interno del libro. AISM riceve tantissime richieste simili, ringraziando hanno quindi risposto che non hanno il tempo materiale per esaminarle tutte.



«Dipthycha. Anche questo foglio di vetro impazzito, cʼispira…» di Emanuele Marcuccio e AA.VV. (Photocity Edizioni, 2013) è un progetto editoriale che ci consente immediatamente di acquisire una nuova esperienza poetica, a dimostrazione che una creazione in versi può avvenire anche in modo insolito, partendo da tutt’altri punti di vista. In questo caso la raccolta poetica ideata e curata da Emanuele Marcuccio nasce tramite contatti con altri autori davanti a un personal computer e la rete Internet “Anche questo foglio di vetro impazzito, cʼispira…
L’amore verso la poesia riunisce poeti da tutte le parti d’Italia e ne definisce i contorni con toni e spunti di sonorità simili e discordanti al tempo stesso, quantunque con temi in perfetta sinergia come in “Vita Parallela”, “[…] Nuove strade davanti a noi/ che hanno sapori veri/ in condivisioni accese/ che si innalzano in cieli nuovi/ in realtà autentiche e inaspettate”
La scelta del titolo, etimologicamente dal tardo latino dipthўchu(m) e dal greco δίπτῠχος (díptychos), viene spiegata e riassunta dallo stesso autore Emanuele Marcuccio in “dittico poetico” inteso come rapida definizione del contenuto della silloge dove ritroviamo per l’appunto, ventuno sue poesie e altrettante di differente firma ma di tema simile, scritte in tempi diversi, senza alcuna collaborazione effettiva, secondo tendenze espressive e stilemi personali. Il termine “Dipthycha” ha comunque un valore molto rilevante ai fini della comprensione di tale poetica; oltre al suo primo significato di dipinto o rilievo costituito da due tavole incernierate e chiudibili a libro, il dittico era anche un taccuino usato nell’antichità, consistente in due tavolette incerate unite per mezzo di una cerniera, un veicolo dunque, di scrittura e di conoscenza. L’introduzione alla poesia è sempre, di fatto, illustrare le ragioni per cui un pensiero o un’esperienza acquistano, attraverso una determinata disposizione delle parole, un valore che raggiunge, tocca, incontra e smuove la nostra sensibilità.
I temi delle liriche contenute in questa silloge evocano tradizione e modernità, contemporaneità.
I versi di ogni poeta, seppur scritti separatamente, mostrano tutti un collegamento, diventano arte poetica che, in una serie infinita di occasioni ne rappresentano il senso, il sentimento, le percezioni, la propria unica visione della realtà soggettiva e oggettiva, in perfetta tessitura di una tela in cui si annidano eventi che segnano le tappe della nostra storia attuale. Chi indugia sull’amaro destino umano con parole appuntite; chi si rivolge all’amore quale immagine di sogno; chi richiama il tempo e le sue stagioni preferite, cercando rifugio in una dimensione intatta della natura; chi, infine, esprime la sua delusione, abbandonando ogni speranza. Ogni poesia ospitata in Dipthycha contiene un messaggio riflessivo di forte intensità; ogni autore, in reciproca corrispondenza, comunica con l’oggetto poetico e si predispone ai lettori stabilendo contatti che traducono intesa, affinità, interessi comuni e tanta cordiale disponibilità. La silloge è ricca di immagini mai piatte e univoche e chiunque si senta attratto da questa antica arte, potrà godere di un uso di parole autentiche, quelle che derivano dall’assidua frequentazione del linguaggio poetico e, in questo caso, in grado di accorciare le lunghe distanze tra tanti poeti che vivono fisicamente lontani l’uno dall’altro. Il lettore sicuramente sarà in grado di osservare e percepire con intensità la propria immagine riflessa.
Non entro nel merito di ogni singolo verso o della poetica specifica di ogni autore perché ritengo che ciascun poeta debba essere valutato, colto e accolto, nell’insieme della propria produzione letteraria. Elemento essenziale e di spicco di Dipthycha è soprattutto una rara condivisione di grande fascino che parte da antiche tradizioni fino a toccare età e cicli della vita che appartengono a noi tutti.


Susanna Polimanti

Cupra Marittima (AP), 5 marzo 2014


Nell’antologia figurano le poesie dei seguenti autori: Emanuele Marcuccio, Silvia Calzolari, Donatella Calzari, Giorgia Catalano, Maria Rita Massetti, Raffaella Amoruso, Monica Fantaci, Rosa Cassese, Rosalba Di Vona, Lorenzo Spurio, Giovanna Nives Sinigaglia, Michela Tarquini e Francesco Arena.



27 feb 2014

Una nuova silloge del poeta palermitano Emanuele Marcuccio: Anima di Poesia

Inizio la mia recensione con un aforisma di Dostoevskij non a caso, ritengo infatti che in ogni poesia di Emanuele Marcuccio sia presente quel soffio divino che ispira il poeta e lo eleva.





Il poeta, quando è rapito dall'ispirazione, intuisce Dio. (Fëdor Dostoevskij)


Anima di Poesia è l’ultima silloge del poeta palermitano Emanuele Marcuccio, edita da TraccePerLaMeta Edizioni nel gennaio 2014. La raccolta contiene poesie scritte dal 2008 al 2013 i cui temi sono sempre i più cari al poeta, il quale sente e respira il disagio sociale del suo presente, gli eventi di una natura favorevole e crudele allo stesso tempo, capace di illuminare la nostra vita e di distruggerla in pochi attimi con le sue esplosioni catastrofiche. Elementi temporali e spaziali, dalle concise sfumature poetiche, sfiorano il privato con le proprie origini, rivolgendo una toccante attenzione al dolore per la scomparsa del padre, si lasciano infine coccolare dalla musica: un’arte che affascina da sempre il poeta. Anima di Poesia è una silloge che ricorda la lirica ermetica per brevità e ridotto utilizzo di punteggiatura ma allo stesso tempo si differenzia dal classico ermetismo, con versi che non rimangono chiusi, oscuri e misteriosi bensì si affacciano alla libera espressione dell’anima che si fonde con l’altra parte di sé: “Anima di poesia che mi abbracci/ nell’attesa, nel silenzio, / [...] lasciami ancora sognare...”
Emanuele Marcuccio non si distacca dai suoi versi, vive la sua concezione di poesia con sinestesia; l'accostamento di sensazioni diverse avvertite simultaneamente si riassumono in stimolazioni uditive, olfattive, tattili o visive: “Ecco, riecheggia quell’armonia,/ quell’immortale eterno incanto,/ eroico canto, risuona!”, Gli odori della notte/ [...] si assottigliano nell’immensità: [...]”, “Io la mano ti stringevo/ e un freddo ghiaccio/ ricevevo [...]”, “Serena e di stelle/ è la notte, di cielo [...]”
Nella poesia di Marcuccio non esiste il colore nero, nella sua anima di poeta non c’è ombra.
Il poeta non si pone domande né cerca di capire, semplicemente si lascia andare alla potenza dell’amore che ogni elemento della natura ispira. Ogni gesto, ogni azione coltivano un’educazione di sentimenti che non sono mai distruttivi semmai donano speranza di crescita e trasformazione interiore, verso quei lidi sparsi oltre l’orizzonte; le sue immagini ci esortano a non essere solo “nere formiche” che continuano a camminare, preoccupati soltanto di raggiungere i nostri scopi personali senza volgere lo sguardo all’importanza di un amore e una condivisione universali. La sua poesia ci stimola a sorvolare la materialità e i propri interessi per raggiungere una decodificazione emotiva in una quasi imitazione degli elementi naturali, che come “punte” mirano a innalzarsi e dirigersi con saggia consapevolezza verso l’eternità. Emanuele Marcuccio richiama con questa sua silloge versi già espressi nella sua raccolta “Per una strada”, dove ogni individuo terrestre è in continuo viaggio come semplice passeggero e non come unico attore. La poesia permette all’autore Marcuccio di non perdersi, di ritrovare la strada per lui stesso e per tutti noi, non solo “nell’alba d’autunno” di simbolismo pascoliano bensì proprio tramite l’opposizione anima-realtà esterna; i poeti sono come i girasoli, scrive Marcuccio, come tali voltano i loro capolini al sole e le emozioni poetiche sono i loro numerosi fiori. Emanuele Marcuccio ancora una volta sottolinea con le sue parole l’alto valore della poesia, veicolo di trasmissione di parole con significato pregnante e salvifico. La sua poetica non si limita a descrivere in maniera oggettiva ogni elemento cantato, il significato del contenuto di questa silloge apparirà sicuramente in tutta la sua completezza a chiunque abbia avuto la fortuna di leggere altre opere del noto poeta palermitano. La sua formazione culturale, le sue letture, le sue preferenze in campo letterario lo hanno certamente condotto a una maggiore maturità. Ritengo che Anima di Poesia sia un titolo giustamente appropriato per la silloge così concepita e scritta.


Susanna Polimanti



Cupra Marittima (AP), 26 febbraio 2014


17 feb 2014

Ian McEwan: Sesso e perversione - Lorenzo Spurio

Lorenzo Spurio e la sua critica letteraria alle opere dello scrittore inglese Ian McEwan, soprannominato spesso e a torto: Ian Macabre. Un più accurato sguardo alla narrativa del noto scrittore, tra i suoi personaggi e devianze sessuali.


Ian McEwan: Sesso e perversione di Lorenzo Spurio pubblicato nel 2013 con Photocity Edizioni è un saggio particolarmente interessante, esamina e approfondisce contenuti di sessualità e perversione nella produzione letteraria dello scrittore britannico Ian McEwan. Un tema impervio, quanto altri mai, che il critico letterario Lorenzo Spurio affronta con rigore di saggista, ammorbidito da quell’equilibrata e analitica pacatezza, una caratteristica che contraddistingue tutti i suoi molteplici saggi. Spurio aveva già discusso tale tematica nella sua tesi di laurea magistrale nel 2011 e la decisione di proseguirla ed ampliarla in questa sua opera è una chiara testimonianza, non solo della sua passione per la narrativa inglese ma, in special modo, della sua estrema sensibilizzazione verso qualunque genere letterario possa riguardare un disagio umano e psichico. Lo stesso Lorenzo Spurio nel capitolo di  Ian McEwan: Sesso e perversione scrive: “ Mi sono spesso domandato se il sesso e la letteratura siano due universi troppo distanti e che non si dovrebbero mescolare”, ecco dunque lo scopo essenziale della sua indagine, che si esplica nel rilevare con acuta perspicacia profili psicologici e motivazioni profonde connessi alla predilezione di personaggi, con svariate devianze sessuali, nella narrativa dello scrittore britannico; McEwan da sempre, proprio per questa sua preferenza di temi è stato forse ingiustamente inserito in un panorama letterario “scomodo” e poco si è colto nei suoi scritti, il significato primario di un messaggio psicologico. In questo suo saggio Lorenzo Spurio studia un ciclo descrittivo di rilevanti aspetti umani del comportamento sessuale richiamando brani dei vari romanzi dello scrittore inglese, sebbene la sua critica miri maggiormente alla validità di definizione di devianza sessuale sia nella nostra società che per altri individui in altre società, piuttosto che alla valutazione fine a se stessa delle opere di Ian McEwan da un punto di vista morale ed etico; il saggio valuta pertanto l’accostamento psico-sociale alla devianza sessuale, la cui conoscenza è considerata di valore fondamentale: “ Quello che il lettore dovrebbe fare è analizzare il clima in cui l’autore inserisce certi episodi e approfondire l’analisi del passato dei protagonisti. In questo modo il lettore si renderà consapevole che, così come nella storia che ha letto è difficile separare la normalità dalla devianza, altrettanto lo è nella realtà, di cui il romanzo non è altro che uno specchio”.
Leggendo l’opera di Lorenzo Spurio mi sono resa conto di quanto il suo studio di vari testi abbiano avuto come risultato una differente interpretazione della narrativa di Ian McEwan, intesa quale scoperta di un preciso e preordinato intento del romanziere britannico di esporre, attraverso ogni suo personaggio e una sorta di giocosità nella scrittura, aspetti culturali, sociologici ed etici che interrogano sulla stessa natura delle relazioni e dei sentimenti, spesso estremi, nati in contesti esasperati e di quanto questi fenomeni siano connessi l’un l’altro. Posso dunque tranquillamente ritenere questo saggio un’opera letteraria di spesso valore culturale, utile per sondare metafore ed immagini nella letteratura che in senso più vasto appartengono alla psicologia analitica dello stesso Ian McEwan.
Il lettore dispone ora di un ampio quadro dei costumi sessuali dell’umanità, che la letteratura in genere non può rinnegare. Lorenzo Spurio con la sua chiarezza espositiva e l’originalità che lo distingue ci regala con il suo testo, una dimostrazione in più per comprendere meglio la vera finalità del critico il quale, sempre dovrebbe indagare oltre le apparenze di argomenti e personaggi di ogni testo letterario. In questo caso Lorenzo Spurio rende accessibile ogni romanzo di Ian McEwan anche ai profani della sua narrativa, restituendo dignità e valore ad uno scrittore finora demonizzato da qualunque critica letteraria.


Susanna Polimanti

Cupra Marittima 17.02.2014





14 feb 2014

Memorie intrusive- La nuova silloge poetica di Ilaria Celestini

La mia recensione alla silloge Memorie intrusive di Ilaria Celestini che introduco con qualche riga della Nota dell'Autrice: 

"Con Memorie intrusive ho scelto di rappresentare l'aspetto più brutale del sentimento, quello che porta al degrado di sé e dell'altro, visto come mezzo e non come fine, come strumento da vittimizzare e vittimizzante a sua volta."






Memorie intrusive è la nuova silloge poetica di Ilaria Celestini, pubblicata lo scorso gennaio con TraccePerLaMeta Edizioni. Da una prima lettura della Nota dell’Autrice nonché della Prefazione, curata dallo scrittore e critico letterario Lorenzo Spurio, ho immediatamente intuito e apprezzato il valore di questa silloge. Sin dai primi versi il nostro animo è scosso dal tema dell’abuso, del dolore e della sofferenza che ne conseguono, la stessa poetessa in apertura irrompe con i versi: “Ti parlerò del mio/dolore antico/di mani avide e spietate/ che mi fecero/ terra di conquista…” In ogni verso si evince un sentimento d’impotenza e vulnerabilità di fronte all’essenza di “memorie” ivi intese come ritenute, trattenute, “intrusive” al punto di solidificarsi nell’anima mentre riproducono un vissuto primitivo.
In Memorie intrusive leggiamo e percepiamo una poesia rappresentativa di un ricordo incancellabile, incoercibile che l’autrice rivendica con immagini molto significative e toccanti di un intimo che si libera ed esprime il proprio substrato di malinconico tormento, attraverso una ricerca di stile e di spessore dignitoso, delicato, seppure icastico e solidale. È decisivo l’intento di smuovere una forza interiore e ritrovare un tempo propizio per ricominciare a vivere con maggiore serenità. La continuità dei versi in un’eccellente modalità stilistica, denota l’incisività del penoso ma quanto mai attuale tema della violenza sulle donne e quanto di più feroce e distruttivo possa diventare quando le emozioni traumatizzanti colpiscono e turbano l’innocenza e la purezza dell’infanzia: “I miei ricordi sono animali feriti/e notti tremanti prive di senso/derubate di un sogno”. Ogni visione evocata dalla poetessa è un messaggio comunicativo diretto e intenso; tramite la sua preparazione culturale e poetica, Ilaria Celestini fa un uso equilibrato del tessuto espressivo, veicolando principi e valori etici toccanti e veritieri. Memorie intrusive è una silloge che rende l’efficacia e la forza espressiva della poesia sociale e allo stesso tempo personale, un riverbero di anime che soffrono e si rialzano, lo stesso cuore del poeta che “è una terra che nessuno/vuole visitare” si rivela uno strumento reale per fissare la testimonianza del dolore di un abuso. Le poesie di Ilaria Celestini sono un’epigrafe destinata a durare nel tempo, una lezione per il mondo odierno che, negando ogni evento di abuso quale una piaga straziante, in cui la donna è solo preda e non appare più come essere umano, oltremodo nega il valore stesso del ruolo della donna. Le ricorrenze delle espressioni metaforiche mostrano un raffronto tra elementi negativi e positivi, sul piano inferiore si blocca di fronte all’esperienza abusiva vissuta mentre s’innalza ad un piano superiore verso il ruolo sostanziale della poesia che permette di ritrovare coraggio, pretende un approfondimento della vita interiore e la scoperta di una dimensione maggiormente libera dal dolore del ricordo. La poetessa si lascia infine cullare dai suoi versi che le permettono di uscire dai penosi ricordi e l’aiutano a librarsi attraverso le sue stesse immagini, nella speranza che possa esistere ancora la leggerezza del cuore e il riconoscimento del valore di un amore pulito, libero e totalizzante “al di là/dell’orizzonte di un amore perduto/un giorno magari anche per me/tornerà a schiudersi il cielo”.
Non ho dubbi che la silloge Memorie intrusive di Ilaria Celestini possa esprimere e interpretare un collegamento prezioso con chiunque viva per diretta esperienza o indirettamente eventi devastanti, tematica che ci riguarda tutti poiché spunto per una meditazione di stretta attualità.
La poesia è un appuntamento con la profondità del mondo interiore, un dialogo con sé stessi. Memorie intrusive è una raccolta di poesie che fa breccia nel cuore delle donne e non solo, sensibilizzando tutti quei cuori che sono in contrasto con la crudeltà dell’amore perverso e il narcisismo, per rivolgersi sempre e solo verso ogni forma di amore “buono”.



Susanna Polimanti
Cupra Marittima 13.02.2104