“fantastici
QUEGLI ANNI” - (Storie di tanti capelli fa) pubblicato nel 2012 con
edizioniGEI è il libro d’esordio di Franco
Duranti, uomo e scrittore di grande creatività nonché fervido amante della
musica e dell’arte. Una premessa dell’autore e il testo della splendida canzone
“In my life” dei Beatles delineano quell’intenso e piacevolissimo tuffo nel passato che,
a mio avviso, non si limita all’autobiografia dell’autore bensì amplia i suoi
contenuti verso una precisa analisi interpretativa della biografia di un’epoca;
Jesi, città marchigiana delle sue origini, ne è la cornice ispiratrice… “Tutto è cominciato in una tiepida mattina di primavera a Jesi. Era il 1950”.
Protagonisti sono dunque i giovani e gli stessi a confronto con gli adulti, a
raccontarsi e a raccontare, attraverso aneddoti e scenette familiari, della
loro infanzia e della loro crescita; vicende che li vedono instancabili e
irrequieti attori durante momenti di gioco, di studio e di socializzazione con
luoghi e problematiche che oggi stimolano la riflessione di chiunque desideri
condividere il proprio vissuto con i tanti che appartengono a una generazione attuale
e “altra”, molto lontana, ahimè, dagli standard contrassegnati da valori
interpersonali, ricchi di stimoli sia emotivi che intellettivi. L’attenzione
dell’autore si sofferma soprattutto sul ruolo dei giovani nel clima culturale
ed economico di quegli anni, ove fasi di cambiamento, intense e rapide, tendono
a creare forti discontinuità soprattutto nei gusti dell’abbigliamento e della
stessa musica, mentre all’orizzonte si sottolineano atteggiamenti sociali e
attitudinali di un’adolescenza che a poco a poco sente l’esigenza di marcare
una diversità rispetto alla propria famiglia. Non dimentichiamo infatti, che la
famiglia di quegli anni era solidamente basata sul matrimonio e molto rigida.
Indiscussa la subalternità sociale e giuridica della moglie e dei figli
rispetto al marito/padre.
Lo stile limpido, correttamente
diluito e strutturato, con dettagliata fabula di eventi, luoghi e personaggi,
ricco di elementi denotativi e connotativi, rende al meglio ogni paesaggio
cittadino, testimone anch’esso di tradizioni, usi e costumi che riecheggiano nella
mente e nel cuore dell’io narrante, tra ricordi ed emozioni ove il fenomeno musicale pop-rock, in
particolare la “Beatlemania”, si pone
come elemento collante, mentre una
sottile e delicata nostalgia riaffiora
e ne “coccola” la memoria. L’esposizione dalle forme morbide, mista in alcuni
tratti ad una terminologia colorita, ci presenta giovani alquanto turbolenti,
sebbene timidamente impertinenti “Un
alone invisibile ci circondava e ci
rendeva unici, invincibili: certi di essere superiori ai comuni mortali […]”,
i quali fanno sentire la loro voce, raffigurano una propria caratteristica
sociologica accanto a una diffusa opposizione ai valori dominanti e generano una
posizione critica verso le due istituzioni chiave: famiglia e scuola.
Un romanzo-manifesto che
ci mostra chiaramente la variabile tra passato e presente di una generazione
anticonformista che preannuncia già l’esplosione sessantottina,
in un’Italia in piena trasformazione socio-economica e culturale veloce,
dirompente e incalzante. Arma di evoluzione è la musica Beat con la sua ventata di rinnovamento melodico e, soprattutto, di
rottura con gli schemi classici della canzone italiana di quei tempi.
Sulle
note delle canzoni dei Beatles, dei Rolling Stones e di Joan Baez gran parte dei giovani in America e in Europa iniziano a
protestare contro la guerra, contro la società dei consumi; essi acquistano consapevolezza
delle ideologie politico-culturali, del significato di un amore libero e senza
tabù e dell’importanza dell’amicizia condivisa.
Il
libro di Franco Duranti è senz’altro
una lettura significativa che serve a ricostruire la storia di anni in cui
capelli lunghi, camicie attillate e pantaloni a sigaretta erano “il primo sintomo di rivolta verso una
società perbenista in cui avevamo vissuto la nostra prima fase di vita”,
una gioventù contestataria che allora modificò radicalmente le mode e le
condotte, per la sua importante stagione con atteggiamenti ribellistici,
provocatori, anticonformisti e trasgressivi che tuttavia non tolgono nulla alla
bellezza dei sogni, agli scenari antichi e moderni delle nostre città,
all’amore e a tutte quelle persone che, come scrive l’autore: “hanno vissuto con me e mi hanno permesso di
dire: FANTASTICI QUEGLI ANNI! “ .
Da
sempre e in ogni epoca i giovani sono un oggetto particolarmente sfuggente
proprio perché si tratta di una condizione a termine e i giovani di ieri
sicuramente non sono più i giovani di oggi. Viviamo, infatti, in un tempo in
cui ci si propone una gioventù dal godimento effimero e istintivo che non
richiede particolari conoscenze se non l’uso morboso, freddo e distaccato della
tecnologia digitale.
Esattamente
come Franco Duranti, tutti noi
appartenenti agli anni ’50 -’60 abbiamo lasciato qualcosa nel nostro viaggiare
nel tempo e ora, difficilmente riusciamo a non abbandonarci a quella memoria
emotiva che ci dona momenti di piacevole affettività da rievocare,
consentendoci di confrontarci con il prima e il dopo, tra il nostro passato e
il nostro presente.