15 ott 2013

Maschera di Vincenzo Monfregola

Recensione alla nuova silloge poetica di Vincenzo Monfregola:  MASCHERA

Un poeta semplice, umile ma dal cuore immensamente ricco.




Maschera l’ultima silloge del poeta Vincenzo Monfregola edita egoEdizioni è una raccolta di poesie strutturata in diverse sezioni, ognuna rivelatrice della disarmante semplicità dell’uomo-poeta Vincenzo Monfregola, il quale cresce e si affina con versi che cantano la bellezza essenziale della vita,  in tutte le sue più piccole sfumature, con lo sguardo puro e limpido del suo cuore, parte integrante e preziosa in tutte le sue liriche. Nella sua personale prefazione il poeta si descrive così: “ Non sono speciale, non lo sono per niente, sono solo una persona che scrive su carta quello che sente”, in realtà, la sua specialità è proprio quella di “essere”, essere se stesso senza mai indossare la maschera della finzione e della convenzione, del nulla: Non ho mai nascosto/ il mio amore per la semplicità/ a nessuno. Lontano dal rumore del quotidiano, egli  ricerca la libertà nei sogni, nello sguardo innocente di un bimbo, nel volo dei gabbiani sopra l’azzurro del mare, quasi a toccare il cielo e i suoi angeli e, mentre canta l’amore come fusione di anime, si ritira nel suo tempo silenzioso che gli permette di assaporare ogni emozione del suo sentire, donandola al lettore perché la custodisca gelosamente nell’anima:
È quando i riflettori sono spenti/ che l’anima ritrova se stessa/ ritrova se stessa in silenzio.

La sua poesia si avvicina con passo felpato, ha la grazia di stampe orientali, sintetiche nello stile, vaste nelle prospettive; si affaccia alla natura e a tutti gli esseri viventi con empatia nei suoi ritmi metrici e tecniche di assonanza; predilige la forma libera, elastica, più atta a raccogliere i complessi sentimenti della gioventù attuale, tuttavia la musicalità del verso richiama il ritmo tradizionale, ricco di una bellezza quasi religiosa. L’intuizione poetica che scava sotto la realtà apparente di ogni elemento viene espressa con linguaggio analogico, in perfetta sintesi di pensiero e immagini, scopre e svela l’autentica essenza dell’essere, nella operosità e nella vivacità, nella capacità di interessarsi e di godere di una vita altrimenti insulsa nell’attesa della “nera” quale metafora del dolore e della fine di tutto.
La bellezza di una poesia è determinata dal modo in cui il poeta sceglie le parole, dalla sua abilità di combinarle e di giocare con i loro suoni e i loro significati, Monfregola utilizza un proprio significato connotativo, un insieme di emozioni, immagini ed effetti che la sua parola è capace di evocare; le immagini sono inattese e permettono di rappresentare il mondo interiore del poeta in modo originale e inedito.
Il cuore è il luogo nel quale si cela la vera identità dell'uomo, la poesia di Vincenzo Monfregola riesce a scuotere la sostanza e non l’apparenza.




Susanna Polimanti

Cupra Marittima 15/10/2013


11 ott 2013



A SAN BENEDETTO SI PARLA DI DISAGIO PSICHICO E SOCIALE

Il 12 ottobre alle ore 17 presso la Sala della Poesia di Palazzo Piacentini a San Benedetto del Tronto (AP) con il patrocinio del Comune, poeti ed esperti parleranno di un argomento che attraversa la nostra esperienza personale, ma di cui troppo spesso nessuno parla.
L’evento è organizzato e promosso dalla Associazione Culturale TraccePerLaMeta in sinergia con la rivista di letteratura Euterpe e l’Associazione I luoghi della Scrittura.
Un modo insolito di affrontare l'argomento che introdotto da esperti quali la dottoressa Antonella Baiocchi, psicoterapeuta e criminologa, darà spazio alla lettura di testi poetici che danno voce al disagio e alle difficoltà dell'uomo contemporaneo.
Sulla scorta della felice esperienza dello scorso giugno presso l'Università  di Palermo, Lorenzo Spurio, scrittore, critico e ideatore di questa iniziativa, è riuscito a renderla itinerante, a testimoniare l'interesse e la necessità di condivisione di sentimenti ed emozioni in questi nostri giorni che vedono i singoli sempre più soli e chiusi nella loro incomunicabilità.
L'ingresso è gratuito.


17 set 2013

Dedicata a mio fratello Sebastiano



Brandelli di carta



Mani che tremano,
tra frasi e parole
ormai inutili,
ridotte in pezzi,
brandelli di carta.


Ora riposa
in un sacco giallo
un ruolo terreno,
come coriandolo colorato
vola via,
soffiato
dalla forza dell’amore.


La tua firma
tagliuzzata,
tranciata,
nella rabbia
nella disperazione,
perché eri
e non sei più.


In fogli stracciati
una storia umana
si perde,
nell’ascolto quotidiano
resiste.


Tra i miei denti
un tocco leggero,
mani abili,
tue
ancora.



Susanna Polimanti     19 febbraio 2013


13 set 2013

Il mio racconto: Miseria

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Madre Teresa di Calcutta

Oggi voglio inserire queste bellissime parole di Madre Teresa di Calcutta, che io amo moltissimo:


Non aspettare di finire l’università,
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera,
l’estate,
l’autunno o l’inverno.
Non c’è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione. Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito e balla, come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l’importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza. Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.
Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.

(Madre Teresa di Calcutta)


1 set 2013

Recensione di Pensieri Minimi e Massime di Emanuele Marcuccio

Ancora una recensione di un'opera di Emanuele Marcuccio: 
Pensieri Minimi e Massime: saggezza e lungimiranza.





Nella sua silloge poetica “Per una strada”, pubblicata nel 2009, Emanuele Marcuccio descrive con “Il vascello nel mare in tempesta”( Pag 25) la nostra realtà condivisa dove “la nostra vita s’inabissa”  vana,  senza la guida della fede; un passaggio terreno che scorre esattamente come un “orologio che ha lancette sconnesse, ritorte” (Pag.70). In ogni sua opera, il poeta evoca la figura divina che è in ogni memoria ed anima. Sono certa che dalla stessa scintilla divina abbiano origine i suoi Pensieri Minimi e Massime, Edizioni PhotoCity del 2012,  una raccolta di 88 pensieri che vanno ben oltre il cosiddetto aforisma, in cui con stile sobrio e conciso Emanuele Marcuccio indica l’importanza  non del traguardo finale bensì della preziosità di ogni nostro percorso. Considerando l’etimologia della parola greca aphorismós: definizione, è riduttivo chiamare aforismi i pensieri contenuti in questa raccolta, in realtà essi nascono dalla meditazione e dalla spontaneità del poeta e si traducono in saggezza e lungimiranza,  ricchi d’intensità concettuale, di natura etica e sociale. Marcuccio si affida alla sua personale sensibilità ed esperienza di vissuto per suggerire al lettore una profonda riflessione su sentimenti e quella particolare realtà che è oltre il visibile: “Chi si ferma alle apparenze, ha gli occhi foderati dalle nebbie del pregiudizio” (N.87). Intensa e precisa l’interpretazione del dolore e del silenzio che s’identifica nell’arte stessa della poesia. Ancora una volta ritroviamo lo scorrere del tempo, che è istante e il valore fugace degli attimi di felicità che “ si perdono nella nebbia dei giorni, si perdono nel vento degli anni” (N. 77).
Un’emozione, un ricordo, un semplice particolare  osservato con lo sguardo del cuore, fanno scattare nel poeta la molla dell’ispirazione che si concretizza nel desiderio di creare, comunicare le proprie idee ma soprattutto esprimono il suo grande amore per la poesia; un’arte che diviene forza liberatrice di emozioni che altrimenti rimarrebbero intrappolate nella nostra anima. Con delicato e velato vigore la poesia rischiara l’oscurità degli animi, dà voce ai silenzi interiori,  si trasforma in sondaggio all’interno della propria esperienza di vita, ogni intensa emozione trasfigura, si connette con la matrice profonda di ogni verso del poeta. Emanuele Marcuccio nei suoi Pensieri Minimi e Massime non sermoneggia semmai permette al suo cuore di esprimersi in assoluta libertà, con un distillato del meglio di sé, con garbo e rispetto ci sprona a godere delle bellezze nascoste della vita, richiamando la nostra attenzione a non perdere nulla di ogni nostra esperienza. I suoi pensieri s’imprimono nella nostra anima e suscitano emozioni e riflessioni profonde sull’autentica accezione del nostro essere e la rilevante efficacia dell’amore che rimane sempre “l’unica arma contro il dolore” (N. 8). La breve ed illuminata opera di Marcuccio si mostra incisiva ed efficace, evidente ricerca di evasione da una realtà insoddisfacente verso il sogno, quale superamento figurativo dei limiti della realtà e delle sue contraddizioni. L’ascolto interiore con la complicità della fantasia esorta ad elevarsi.



Susanna Polimanti
Cupra Marittima (AP) 1 settembre 2013

30 ago 2013

Recensione alla silloge di Emanuele Marcuccio: Per una strada

Cari amici, oggi vi presento il poeta palermitano Emanuele Marcuccio, una giovane promessa della nostra poesia contemporanea, con ampio curriculum letterario, destinato ad arricchirsi nel tempo, con i miei migliori auguri!





“ Tutto è passato per una strada, luogo fisico, luogo dell’anima, che è stato trasfigurato dalla mia sensibilità, dalla mia immaginazione, che ho cercato di esprimere con la mia poesia”: parole stupende ed essenziali, scritte da Emanuele Marcuccio, poeta palermitano, nella prefazione alla sua  silloge “ Per una strada” - SBC Edizioni.  La nostra vita è cammino lungo sentieri tortuosi e lineari, un passaggio attraverso il tempo terreno. La poesia di Marcuccio  percorre età e stati d’animo differenti, una mescolanza di presente e passato, ogni aspetto della sua realtà poetica è profondamente legato a forti tradizioni artistiche e culturali della sua terra di origine, nonché alla sua storia personale.
Definirei Emanuele Marcuccio un poeta dallo stile arcaico, un’anima antica che predilige l’essere all’avere, un attento ermeneuta alla continua ricerca filologica; in ogni suo verso è estremamente tangibile l’amore per la parola, la sua lirica palesa un’intensa spiritualità, ricorda le antiche odi greche e latine. Memore delle prestigiose liriche classiche, ai cui autori Marcuccio dedica svariati canti, si fa mentore egli stesso, con parole ardenti e passionali penetra tutto ciò che nel mondo è essenziale, suggerisce coraggio ed infonde speranza. Una vena poetica di altri tempi dunque, espressione di affetti e sentimenti su temi come la patria, l’amore, la natura e la libertà dell’individuo; egli manifesta nei suoi versi emozioni che riflettono la contraddizione del proprio tempo in una società moderna di massa,  parole che respirano atmosfere di degrado ed ingiustizie di un progresso pervaso dall’indifferenza verso ogni creatura dell’universo, che siano animali, eventi o luoghi. La dolce e malinconica consapevolezza della capacità distruttiva dell’uomo si alterna e s’intreccia con voci comuni e tradizionali in versi vivaci e coloriti. La sua lirica è echeggiante e pregiata, pregnante di significati connotativi in un insieme di emozioni, immagini ed effetti che la parola è capace di evocare. Imperante il desiderio di un rifugio interiore che sfocia nella dolce catarsi della poesia. Non a caso nella silloge “Per una strada” ritroviamo spesso il verbo “inabissarsi”, il poeta vive ogni suo verso  esattamente come specchio interiore, visione del mondo e mondo essa stessa, secondo quel ritmo purificatorio che le ha impresso. La sua opera è immagine pura della sua stessa integrità  e fedeltà al momento creativo originale.
Profonda e costante la presenza divina la cui ispirazione è tracciato potente e luminoso dell’evoluzione artistica di Emanuele Marcuccio; un poeta-musico, la cui poesia ritengo possa egregiamente essere accompagnata dal suono di uno strumento musicale e magari cantata in un suggestivo teatro, come affascinante può considerarsi la lettura dei suoi versi.



Susanna Polimanti















20 ago 2013

Miseria

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Lettere mai lette- Recensione del critico letterario Lorenzo Spurio

Grazie!




Lettere mai lette

di Susanna Polimanti
Kimerik, Patti (ME), 2010
Pagine: 71
ISBN: 978-88-6096-548-6
Costo: 12 €

Recensione di Lorenzo Spurio


Ma la vita ti riserva grandi gioie e grandi dolori e per ogni momento felice che ci regala ce ne riserva altrettanti tristi. (p. 59)

Susanna Polimanti, amica, bibliofila e scrittrice, ha esordito nel mondo della letteratura attiva con la pubblicazione di “2 Cuori…una cuccia!!” (Lulu, 2009) ed ha pubblicato poi “Lettere mai lette” (Kimerik, 2010) e il romanzo ampiamente autobiografico “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011).
“Lettere mai lette”, di cui mi occuperò in questa recensione, è un libro particolare nel senso che sembrerebbe un tentativo dell’autrice di rompere il legame tra privato e pubblico nel suo percorso di crescita. L’opera, infatti, si costituisce di una serie di lettere che Susanna ha scritto in diversi momenti della sua vita ed indirizzate a varie persone dalle quali traspaiono sentimenti, tormenti interiori, una profonda solitudine, ma anche l’amore per la vita, per la semplicità, per gli affetti sinceri. Chiaramente i destinatari non sono indicati espressamente, ma chi ha conosciuto da vicino Susanna non farà difficoltà a comprendere a chi erano dedicate queste missive.
La scrittura si configura –come lei stessa ha modo di osservare spesso nei suoi scritti- come una necessità dominante alla quale non si può sottrarre e questo si evince anche dalla presente raccolta epistolare che, appunto, dimostra quanto il legame tra Susanna e la penna non sia qualcosa di recente, ma di profondamente radicato già a partire dall’infanzia. Chi scrive qualcosa può avere in mente qualsiasi cosa, può trasporre il vero, cioè quello che ha realmente vissuto e sperimentato sulla sua pelle, può trasfiguralo o addirittura fingere, camuffare e inventare di sana pianta. Non è mai dato al lettore sapere quanto l’autore abbia lavorato di fantasia, quanto si sia dedicato alla costruzione di fiction piuttosto che incanalare tra le righe semplici esperienze realmente appartenutegli, dunque questo discorso vale anche per questa opera di Susanna. È senz’altro lecito chiedersi se la Susanna protagonista delle lettere che si caratterizza per grande attaccamento alla figura paterna, sincerità, animo profondamente generoso, adolescenza a tratti sprofondata in momenti di tormento e solitudine, sia manifestazione diretta della Susanna donna. È una questione che al lettore non deve importare più di tanto, ma ciò che deve tenere in considerazione, da subito, da quando cioè apre il libro e si tuffa in questa lettura interessante e senz’altro piacevole, è capire che queste lettere, come indica il titolo dell’opera, non sono mai state lette.
Perché? Perché il momento in cui la protagonista vive non si sente talmente coraggiosa di comunicare certi messaggi agli altri e quello che scrive rimane dunque muto? Perché spesso è preferibile sfogarsi con se stessi, stendere nero su bianco i propri tormenti, per ricavarne un lenitivo e fare pace con se stessi? Oppure non sono state lette nel senso che il messaggio recondito delle missive in realtà è stato mandato a quei destinatari, ma per un qualche motivo non è stato colto? Le possibilità qui evocate possono coesistere e, ad ogni modo, ciò che preme sottolineare è che queste lettere, mancando del destinatario, finiscono per essere delle pagine di un diario personale di cui l’autrice ci fa confessione.
Tra le varie lettere ritroviamo l’amore indiscusso per il padre, il dolore per la perdita dell’amica e anche per quella dell’amico a quattro zampe Strauss, a cui è dedicato interamente il primo libro di Susanna, alcuni episodi della vita universitaria e lettere d’amore, altre di rifiuto a proposte d’amore. Tra le righe si legge una grande devozione a Dio e la considerazione della famiglia quale ricchezza terrena e baluardo di difesa; l’amore e l’amicizia sono le torri imperscrutabili dell’universo di Susanna sulle quali si ergono due vessilli che sventolano con forza: la generosità e il vitalismo.
A questo punto chiedo al lettore di scusarmi se posso sembrare contraddittorio con quanto ho testé detto, ma posso assicurare che entrambi questi vessilli che sventolano alti in questo cielo metaforico non sono altro che due delle sfaccettature dell’animo di Susanna. È in quel cielo che a tratti sa essere terso, altre volte nebbioso o addirittura in rivolta, che la protagonista-autrice anela a perdersi: “Vorrei essere un’aquila per volare più in alto, per far piovere su di te la mia calda energia, piena di affetto per te” (47). E l’aquila, che pure ritroviamo –non a caso- nell’ultima produzione letteraria di Susanna, il romanzo dal titolo “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011), è forse immagine-metafora della stessa autrice, una donna forte e dalla tempra battagliera, che è lì in alto, ad osservare imperscrutata, a volteggiare nel cielo godendosi la sua libertà.
L’operazione fatta da Susanna con la raccolta di missive è coraggiosa ed encomiabile, perché queste lettere, ripulite da nomi dei destinatari, riferimenti toponomastici e date, tornano a vivere e a trasmettere significati e sentimenti che sono universali.
Riaprire un cassetto e ripescare qualcosa del passato è sempre un’azione positiva. Il processo intellettivo della memoria, azionato da immagini e suggestioni, è in grado di far strada battuta al veloce carro delle emozioni.

Lorenzo Spurio

-scrittore, critico letterario-


Jesi, 18 Agosto 2013


http://blogletteratura.com/2013/08/20/lettere-mai-lette-di-susanna-polimanti-recensione-di-lorenzo-spurio/

16 ago 2013

La cucina arancione di Lorenzo Spurio

Con immenso piacere inserisco la mia recensione al nuovo libro di Lorenzo Spurio:  La cucina arancione





La cucina arancione: la novità libraria di Lorenzo Spurio, edito da TraccePerLaMeta Edizioni, è una raccolta di venticinque racconti che reputo in tutta onestà,  altamente creativa e singolare, nonché priva di tratti comuni e contenuti banali. Lorenzo Spurio delinea i protagonisti di ogni suo racconto quali consapevoli di una realtà parallela, costruita con appassionante dialettica in una dimensione paradossale dove ognuno narra la sua storia con struttura  paralogica, un vissuto tra esasperazione del pensiero e delle proprie fobie, tra psiconevrosi, idee deliranti, ossessioni, paranoie ed anancasmi.  La silloge di  Spurio enfatizza contenuti emozionali ed istintivi che si annidano nei rapporti sentimentali, nelle relazioni familiari, sociali  e persino erotiche, risaltandone il senso di profonda inquietudine e tensione che conduce ad una vera e propria distorsione della realtà con atteggiamenti impudenti che passano dalla spensieratezza allo sprezzo, pur tuttavia fortemente agganciati all’attualità di una società “disagiata” dove cercano di sopravvivere  figure dai caratteri emblematici con fantasiose manipolazioni dell’identità.

Lo stile è fluido, linguisticamente perfetto, si attiene ad un’accentuata ricchezza di termini ed il susseguirsi di metafore pittoriche … “ Luisella intanto era estasiata dalla veduta al di là del finestrino, dove si stagliavano nuvole spumose e soffici che invitavano a spaccare il vetro per stendercisi  sopra”, denota un notevole possesso della lingua che, a differenza della maggior parte degli autori contemporanei, segue l’onda del riflusso con restaurazione e ritorno alle vecchie grammatiche normative.  Con la sua narrazione Lorenzo Spurio tiene il lettore incollato allo scorrere delle pagine fino alla fine, creando suspense con sensazioni forti ed estreme, a volte dai tratti grotteschi ed ironici. Ogni racconto è pervaso dalla decisa ed inconfondibile impronta del genio di questo giovane scrittore, dalle spiccate doti inventive, lui stesso il narratore-personaggio che si diverte con il suo stile particolarmente creativo e fantasioso ad interagire tra il suo immaginario e la realtà nascosta ed oscura di ogni individuo. È sempre lui infatti che seleziona dettagli che meritano l’attenzione del lettore nei ritratti e nel seguito di ogni sua storia. Con immagini eccentriche e molto colorite Lorenzo Spurio riesce ad irrompere in quell’involucro invisibile che è la mente, indagando tra le ossessioni del cervello per comprendere caratteri ed azioni di ogni singolo personaggio.  Se è vero che la mente non si avvale sempre e solo di processi logici, occorre infatti studiarne la sua soggettività ed intenzionalità. Certamente, al di là di ogni vissuto presente nei racconti, chiara ed evidente appare l’insoddisfazione di un tempo attuale, dove difficoltà e disagi si mascherano dietro a sentimenti di solitudine, chiusura mentale ed ignoranza.

La cucina arancione , il cui titolo nasce giusto da un racconto alla pagina 113,  ci ricorda  Jorge Luis Borges per i suoi temi sul filo delle realtà parallele del sogno ed il grande Edgar Allan Poe con le sue narrazioni gotiche  impregnate di ossessioni ed incubi personali.  L’equilibrio del paradosso viene trattato e raccontato da Spurio in un sovvertimento di regole, con intensa fantasia ed estrosità.
La cucina arancione è sicuramente un testo da leggere con estrema attenzione, perché sfogliando le sue pagine ci troveremo sempre di fronte l’effetto totale dell’inatteso. All’autore ed amico Lorenzo Spurio porgo i miei più vivi complimenti per questo suo nuovo libro, incitandolo a proseguire il cammino nella sua produzione letteraria mantenendo sempre forte la sua vena artistica così spontanea ed efficace.


Susanna Polimanti


14 ago 2013

Recensione di Lorenzo Spurio al mio: 2 Cuori...una cuccia!!



Recensione di Lorenzo Spurio

Quando ad una persona luccicano gli occhi mentre sta parlando di una cosa, anticipando magari qualche lacrima, è evidente il carico affettivo di ciò che sta tirando fuori, magari con grande nostalgia. Ed è questo che ho potuto vedere chiacchierando con l’amica e scrittrice Susanna Polimanti, folignate ma abitante nella provincia di Ascoli Piceno da vari anni. Il libro in questione in realtà non è solo un libro, ma un fedelissimo reportage della storia d’amicizia ed amore da lei vissuta in compagnia dell’amico a quattro zampe Strauss. Non solo. Il libricino, diviso in capitoli e corredato di varie fotografie di Strauss assieme alla sua padrona definita “capobranco”, ripercorre i momenti centrali dell’esistenza del cane: dalle sue timide perlustrazioni iniziali nel giardino della casa, al suo continuo desiderio di conoscenza e di giocare, sino alle sedute di addestramento e addirittura a un curioso episodio di clamore: la partecipazione di Strauss accompagnato dalla padrona in un noto programma televisivo.
Ma l’intenzione dell’autrice –mi pare di capire- non è tanto quella di trasmettere all’autore le vicende che ha vissuto in compagnia di un animale affettuoso e riconoscente, ma è forse maggiore. Credo che ci sia dietro a questa scrittura una sorta di processo psicologico di recupero del passato con la volontà di “eternizzarlo”, di cristallizzarlo per avere la certezza che anche con il passare del tempo e degli anni, esso sarà lì, concreto, fedele, preciso a testimoniare un rapporto che mai si perderà. Ravvedo dunque un intento oserei dire terapeutico nella scrittura di Susanna nel senso che probabilmente la scrittura di questo libro –che immagino sia stata dolorosa, ma di un dolore dolce- abbia servito alla scrittrice non solo a ricordare Strauss, ma a riviverlo superando il canonico dolore della mancanza.
A livello stilistico si ravvisa un linguaggio semplice, piano e facilmente fruibile a tutti ed è interessante sottolineare la tecnica di narrazione impiegata da Susanna: la narrazione è diretta, in prima persona, chi narra sa tutto sulla storia, non inventa, né cela niente al lettore, ma il narratore è Strauss stesso che, passando attraverso la rielaborazione della coscienza dell’autrice, dà la sua visione del suo rapporto con la “capobranco”.
Una lettura che va fatta, perché ci arricchisce sensibilmente chiarendo al lettore quanto l’amore che alberga nel cuore di persone vere, sensibili e premurose come Susanna, non conosca limiti di nessuna natura.

-scrittore, critico letterario-
Jesi, 13-08-2013



9 ago 2013

XIII Edizione del Concorso Internazionale LETTERA D'AMORE- Torrevecchia Teatina


XIII CONCORSO INTERNAZIONALE LETTERA D'AMORE


Ringrazio L'Associazione Culturale AbruzziAMOCI di Chieti, organizzatrice del Concorso, la Giuria del concorso, il Comune di Torrevecchia Teatina per questo Diploma di Merito assegnatomi ieri 8 agosto 2013 alla Cerimonia di Premiazione. 
In particolar modo ringrazio l'attrice Giuliana Antenucci per l'emozione e la commozione durante la sua lettura della mia lettera d'amore.


Susanna Polimanti

2 ago 2013

25 lug 2013

Un articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu


Vi presento, ospite nel mio blog, l’artista Maria Antonietta Pirrigheddu di Tempio Pausania, Sardegna.
La denominazione di “artista” è riduttiva nel caso di Mari, come tutti i suoi amici affettuosamente la chiamano, lei è un’artista autentica, a 360 gradi: pittrice su vetro, attrice di teatro, scrittrice, straordinaria trasformista nei suoi tanti sketch in pubblico, lettrice di prosa e poesie ed infine… racconta fiabe antiche e rivisitate dalla sua magica fantasia.
Ha un sito fantastico: www.lunadivetro.it, dove scrive articoli di angelologia, scienza ed attualità.
Oggi pubblico il link del suo articolo su Uriel, l’Angelo del seme, leggetelo! È un articolo molto interessante, sono certa vi piacerà. Non dimenticate di visitare i suoi Talismani fatti a mano con minuziosa maestria.



://www.lunadivetro.it/scoperte/Uriel/Uriel%2cl%27angelo_del_seme.htm

14 lug 2013

Recensione di Donna Ferula di Maria Cinus




Donna Ferula di Maria Cinus - CF Edizioni, non è semplicemente un libro autobiografico bensì un’autentica narrazione di sé, è un ritorno dell’autrice a se stessa, alla conoscenza e nostalgia di sé, dei luoghi dell’infanzia a lei cari, della sua terra di origine: la Sardegna, dove ritorna, proprietaria della vecchia casa ristrutturata, ereditata da sua nonna. Il racconto inizia e coincide con un momento ben preciso, legato al ritrovamento di un “piccolo quaderno con la copertina consunta”, tra le sue pagine “un fiore secco” di ferula e di “una foto in bianco e nero un po’ ingiallita e coi bordi sfrangiati”; ritratte nella foto, due giovani donne: la zia Caterina e sua cugina Francesca Ferula. Scorrendo la lettura si scopre una storia straordinaria nella memoria storica della zia Caterina, che concede a sua nipote di ascoltare e ripercorrere il passato; le sue parole fanno rivivere consuetudini ed emozioni infantili della scrittrice che, costeggiando ed esplorando sentieri ricchi di sapori, odori ed intime sensazioni, rivive la sua terra con il suo particolarissimo dialetto ed i suoi antichi costumi. Maria Cinus parla dell’isola come un’eroina romantica, con estremo coraggio affronta il tema della nostalgia per quella ricchezza affettiva, nonostante le difficoltà quotidiane dettate dalla povertà della sua gente. Lo stile è fresco, pulito, molto scorrevole, con estrema semplicità l’autrice attrae il lettore nella descrizione narrativa, nell'attenzione alla resa delle espressioni e dei dettagli in un insieme di elementi minuziosi e raffinati che realizzano un preziosismo quasi pittorico.
Il tema dominante della narrazione è l’amore nostalgico, che ritorna con incalzanti sequenze di flashbacks e non riesce a spezzare il legame che si è creato con quel mondo così lontano e diverso ma allo stesso tempo così vero e profondo. La scrittrice non fa economia di sentimenti; nel suo libro si percepisce forte la presenza delle sue emozioni legate alla sua terra, la tormentata volontà di avere di nuovo quello che si è perso e che non è possibile rivivere nell'ambiente attuale. La nostalgia percepita tra le righe del suo racconto è condivisibile per chiunque viva lontano dal suo paese di origine e diviene a tratti malinconia, tristezza, assenza di qualcuno ma, nello stesso tempo coraggio, a non lasciarsi sopraffare da tale struggimento e piacere nel mantenere in vita ciò o chi non esiste più, è lontano o non può tornare se non con la potente arma dell’amore.
Conosco personalmente la scrittrice Maria Cinus da poco tempo, pur avendo già percepito la purezza e la profondità del suo cuore, leggere il suo Donna Ferula è stato per me come sfogliare le pagine più profonde di un’anima, capace di tradurre ogni parola in immagini vivide e affascinanti. Il racconto che la Cinus ci presenta travalica il suo tempo presente e stabilisce una continuità tra passato, presente e futuro, affidandone la custodia alle donne, principali protagoniste di questo libro. Altro elemento incredibile è la coincidenza della parola ferula, oltre ad essere il titolo stesso del libro quale cognome della maggiore protagonista, di fatto è anche il nome che distingue la pianta erbacea tipica della Sardegna con il suo “fiore giallo a forma di ombrello”; non a caso una pianta che “cresce nei prati e nei terreni aridi, dove ci sono le pietre”. La nostalgia della scrittrice nel dolore del ritorno diviene amore intenso e assolutamente spontaneo nella sua memoria; lo stesso amore che la ricondurrà ancora sulla sua adorata isola e basterà allora “girarsi verso il cancello” e ritrovare “le due grandi querce che sono lì da anni, immote sentinelle, mentre la sua vita si svolge altrove”.



Susanna Polimanti

7 lug 2013

Recensione: Quello che resta di Francesco Casali

Con immenso piacere pubblico la mia recensione a Quello che resta di Francesco Casali




Quello che resta di Francesco Casali- Koi Press (2013) è il secondo libro dell’autore. Dopo Niente da nascondere, ancora una volta Casali riesce a stimolare sensibilità ed attenzione nel saper cogliere il particolare soggettivo, che svolge con la sua unitarietà di genere letterario sulla trattazione del dolore psichico, nel senso più vasto della parola, raggiungendo gradualmente gli aspetti più salienti del disagio nella vita interiore dell’individuo e di quel particolarissimo dolore emozionale derivante da stati affettivi complessi, sottolineati dalla sua brillante e profonda formazione esperienziale. In questa sua opera Francesco Casali tocca i precordi, esaminando nel vivo temi quali la disperazione, la rabbia e la depressione che derivano dalla separazione e dall’abbandono per la perdita di un figlio, la sofferenza fisica che si nasconde dietro un disagio mentale ed una vulnerabilità cognitiva; la scelta di una decorazione corporale quale il tatuaggio come formazione, rinforzo o cambiamento di un’identità che spesso diviene espressione di un   conflitto di processi intrapsichici; il suicidio quale ultima spiaggia, nell’incapacità di accettare e donare amore; la possessione e vessazione diabolica quali eventi osservati e vissuti dal punto di vista teologico, con autentici riferimenti a sacerdoti esorcisti, o inspiegabili e dunque,  studiati scientificamente a livello medico-psichiatrico. Quello che resta è un’opera di mediazione e psicologia transpersonale dove risalta l’ingegno analitico dell’autore che esamina, sviscera, commuove e coinvolge, tra equilibri fortemente controversi, dove le parole convivono con riferimenti in lingua, citazioni ed esperienze dirette di noti psicologi, psichiatri, assolutamente indispensabili per la narrazione di temi assai delicati.
Lo stile è nitido, estremamente scorrevole, peculiare. Francesco Casali adotta un metodo efficace che supera la semplice scrittura di contenuti, rendendo l’esposizione fine e garbata, propria dello psichismo dell’autore, un’innata sensibilità a livello mentale ed individuale che con molta diplomazia e profondità di contenuti si riversa nella conclusione del suo libro, rivelando la vera ineluttabile consapevolezza del dolore che la vita stessa comporta e nel valore di contrapposizione che il sentimento dell’amore universale può risolvere se non totalmente almeno in buona parte. Tra le righe si respirano le motivazioni più subdole che anche il noto dolore del ritorno, la nostalgia, fa  degenerare con sintomi nascosti in un incipiente disagio che ci allontana dalle emozioni più vere ed autentiche del nostro io, tanto da trasferire qualunque nostro vissuto nel mondo virtuale dei Social Network, evitando così di affrontare direttamente l’effettivo contatto di relazione interpersonale.
Trovo molto interessante anche il fatto che Casali abbia una capacità innata nel narrare episodi di dolore reale e non fittizio, anche laddove l’individuo rischia di divenire per se stesso il primo inimicus homo, lasciandosi sopraffare dal suo stesso dolore, rifiutando l’accettazione che questa impietosa sofferenza fa comunque parte del nostro essere uomini, nessuno potrebbe mai cancellarne i conseguenti effetti di afflizione e disperazione, semmai dovrebbe cercare di raggiungere tramite il dolore una qualche soglia di verità, che avvicina ogni individuo ad uno stato mentale di equilibrio e saggezza.  
Concludo la mia recensione al bellissimo libro Quello che resta con queste poche parole di Siddharta,, dove Hermann Hesse così ha scritto:« E tutto insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo. Tutto insieme era il fiume del divenire, era la musica della vita.»





Susanna Polimanti






19 giu 2013

I versi del poeta Lorenzo Curti, dedicati al mio mare, al crepuscolo.



S'annotta a mare 
calmo nell'attesa
di ombre piene sopra acque e luce 
e forse tace voce di gabbiani
e vento tace uguale, si nasconde.
E si fa voce l'anima che vibra
mirando queste placide distese
screziate dal colore delle foglie
che quasi penzolanti sulla riva ossigeno riversano nell'aria
salmastra, inumidita per calura.


Lorenzo Curti

8 giu 2013

Penne d'aquila- Recensione dello scrittore Lorenzo Spurio


Un grande gioia ed i miei più sentiti ringraziamenti vanno allo scrittore Lorenzo Spurio per aver recensito il mio romanzo Penne d'Aquila avvalendosi della sua esperienza di critico letterario. Apprezzo moltissimo la sua chiave di lettura al mio romanzo.








Penne d’aquila”, dell’amica Susanna Polimanti, è un romanzo che non lascerà indifferente il lettore. Il perché di questa affermazione il lettore lo sviscererà lentamente, pagina dopo pagina.
Il linguaggio chiaro e pulito, la ricca presenza di citazioni e riferimenti a testi “classici” della letteratura europea e non solo, rendono il percorso del lettore ulteriormente piacevole e motivo di riflessione sui temi che Susanna Polimanti affronta. Dolore, solitudine e senso d’apatia si intervallano a momenti d’evasione, flirt amorosi, serate spensierate con le amiche per poi risprofondare nella sofferenza per la dipartita di un congiunto, la desolazione interiore e lo scoraggiamento per una situazione lavorativa traballante, insicura, e ulteriore motivo di tormento. Ma il romanzo non è un elogio alla sofferenza, né una presa di coscienza sulla miserevolezza e la condizione disagiata dell’uomo nella società contemporanea, piuttosto è la trasposizione su carta di un animo sensibile che ha combattuto battaglie che l’hanno forgiata. Perché il libro è chiaramente una summa organica di motivi e riferimenti biografici della scrittrice (la citta natale dove scorre il fiume Topino, che è chiaramente la città di Foligno, la “cittadina delle Marche piena soltanto di salite e discese” (32) in cui vive che è di certo la città-capoluogo di Fermo, il lavoro di traduttrice-interprete, etc).
Il lettore è affascinato dalle pieghe intimistiche del romanzo ed accompagna mano nella mano la sua eroina, Virginia, ragazza dall’animo inquieto, sofferente, taciturna e minata –lo si dirà nelle primissime pagine del romanzo- da ricadute e svenimenti che, oltre a indebolirla, la conducono a domandarsi di continuo il perché di quegli avvenimenti.
La narrazione prende una virata più colorita quando la narratrice ci parla della sua introduzione al mondo del lavoro con colloqui, licenziamenti, contatti con dirigenti e quant’altro nella sua attività di interprete e traduttrice in imprese del calzaturiero nel Fermano (altro riferimento alla stessa autrice dove appunto vive ed ha lavorato).
“Penne d’aquila” è un romanzo di formazione: seguiamo Virginia dall’adolescenza fino alla maturità e nel trascorso degli anni intuiamo una crescita morale che si esplica nella felice riconciliazione con sé e nella scoperta del bello nel semplice, ma è anche e soprattutto un romanzo d’amore perché la componente formativa, di conoscenza del mondo, tipica del Bildungsroman, non può non passare attraverso la conoscenza, l’attrazione e l’amore verso qualcuno. L’amore è di certo un elemento conoscitivo ed esperenziale di fondamentale importanza nel percorso di crescita e qui, nel romanzo di Susanna, è il tema che aggruma tutta la narrazione, come il finale agrodolce evidenzierà. Ma la crescita non può avvenire neppure senza aver sperimentato realtà spaziali differenti da quella natia ed è per questo che l’esperienza universitaria di Bologna, la singolare vacanza-studio in Germania, le trasferte lavorative a Copenaghen e a Shanghai, oltre a significare momenti di lucido ritrovamento di se stessa, di pacificazione e di osservazione dei suoi problemi da fuori, funzionano come rinvigorimento di quell’essere a tratti depresso a tratti perturbato dai sentimenti contrastanti che l’amore spesso genera. Ma nella vita di Virginia –il cui nome non può che richiamare la grande scrittrice inglese che soffrì di depressione e che introdusse il celebre “flusso di coscienza”-  non mancano forti contraccolpi e momenti bui ad aggravare la pesantezza di un vivere tormentato quali sono la morte del padre, prima, e quella di una grande amica. Momenti difficili che pongono l’autrice ad elucubrazioni ancora più particolareggiate e di difficile risposta che affida soprattutto ad alcune citazioni che la scrittrice ha deciso di mettere all’inizio di ciascun capitolo.
Un romanzo d’indagine nelle pieghe dell’io, alla continua ricerca della ragione del mal di vivere e al contempo di una esasperata volontà di sentirsi amata. A volte –sembra sussurrarci l’autrice all’orecchio- non c’è una spiegazione chiara e definita a ciò che ci accade. Possiamo collegarlo a qualcos’altro o rintracciarne la causa in ciò che più ci fa piacere, ma il più delle volte le cose accadono per caso, per sbaglio, per coincidenze. Ed è proprio per questo che Virginia ed Angelo riusciranno a rincontrarsi dopo trenta anni e a riscoprirsi attratti, coinvolti, uniti in un amore mai del tutto esplicitato, ma che ancora una volta verrà vissuto troppo velocemente.
Nelle ultime pagine leggiamo: “Aveva imparato a sorridere, anche quando le circostanze le avevano impedito di farlo” (172). Il tempo dona esperienze, nuove amicizie, amori, regala viaggi, momenti di condivisione, ma porta con sé anche l’aggravarsi di malattie e ci priva di persone care. Forse, allora, la soluzione di tutto sta nel saper colloquiare con esso, riconciliandosi agli eventi passati senza rancori né recriminazioni, per consentire a quelle ali invisibili che tutti abbiamo, di spiegarsi e di dar vita a un soave volo. E magari di sorvolare sui lidi adriatici delle Marche di cui Susanna ci parla e dei quali io stesso condivido un grande attaccamento.

(scrittore, critico letterario)


7 giu 2013

2 Cuori... una cuccia!! - Recensione di Giovanna Albi

Carissima Giò,
grazie per questa bellissima recensione. Sei riuscita con il tuo grande cuore ad  entrare nel mio e hai compreso in profondità l'amore che ho sempre condiviso con la mia "dolce metà": Susanna, mia padrona e capobranco. Dal cielo ti mando la mia più affettuosa leccata!
Strauss






Caro Strauss,
tu, che sai più degli umani, ben conosci il piacere che provo nel leggere e nel recensire :mi fa sentire viva ed entrare dentro i mondi degli scrittori e mi vesto d'un tratto di quei personaggi della letteratura che tanto adoro. Tu saprai senz'altro che si chiama "empatia" quel sentimento che ci lega tra scrittori e ci fa entrare in sintonia; tale sintonia è più o meno intensa in relazione alle affinità d'animo che troviamo con chi scrive. Orbene, tra me e la dolce metà di te, Susanna, è nata una profonda amicizia di penna e di anima, perché abbiamo percorsi comuni di vita, tra cui anche l'amore che portiamo verso la Natura e gli Animali, specie i cani.
Inutile che ti dica, perché tu già lo sai, che anche io ho un cane, Achillea, un segugio che ha un fiuto incredibile e che mi ha scelta tra tante possibilità di vita e che ha un destino che tu ben conosci: essere amato.
La tua storia è quella di un eroe e dimostra quanta potenza c'è in un cane amato come sei tu ( parlo al presente perché tu sei per tutti noi amanti degli animali ancora vivo e presente nei cuori);la tua esistenza è talmente fortunata che vorrei essere te, te che disegni il tuo territorio e la fai da padrone, te che vieni addestrato conservando ,anzi potenziando, la tua libertà e la tua forza interiore. Parlo di forza interiore, perché tu hai un'anima grande, come quella di Susanna, cui hai regalato dieci anni di vita irripetibile, i dieci anni più belli della sua vita. Dal testo e dalle foto si evince il profondo amore che vi lega: siete una mitico-eroica coppia, che il tempo non potrà scalfire, ma avete insieme eretto un monumento più duraturo del bronzo.
Tra le tue tante virtù, mi ha commossa la difesa incondizionata di Susanna, il momento di estremo ardimento quando le hai salvato la vita, mentre lei faceva l'acrobata mettendo a repentaglio la sua vita. Sai, lei è una giocherellona ; io la chiamo" l'acrobata delle parole" ma ,come tu hai ben descritto, si cimenta anche in acrobazie fisiche e meno male che ci sei tu, che con il tuo istinto e la tua potenza le hai salvato la vita. Il mio riconoscimento a te è grandissimo; con chi parlerei io oggi in affinità elettiva se tu non l'avessi afferrata con i denti mentre stava per volare giù dal sesto piano? So che sei andato da Licia Colò con Susanna e il tuo addestratore a raccontare il tuo ardore, la tua passione, la tua forza e il tuo coraggio, la tua potenza e il tuo istinto e hai fatto un figurone. Non poteva essere altrimenti, creatura potente ed eroica, forza pura della natura, cuore ed istinto che battono all'unisono, perché l'amore che tu porti per la vita è pari a quello che ti lega alla tua metà. La vostra non è una comune storia tra cane e padrone , ma è una storia d'amore che spacca le barriere del tempo e tu sei ancora vivo sotto la terra del giardino di Susy, dove crescono rigogliose le rose a segnalare la tua presenza e la tua forza che nulla e nessuno potrà cancellare.
Questo libretto che hai scritto è un regalo immenso anche per il mio Achillea e per tutti i tuoi amici a quattro zampe, anche per quelli meno fortunati di te e di Achillea ed è un monito per tutti coloro che hanno un cane, ricordando loro di amarlo infinitamente e di non maltrattarlo mai, perché un cane vale emozionalmente e affettivamente più di un essere umano: un cane non ti tradisce mai ed è il vero amico dell'uomo.
Da questo libriccino ho desunto anche le tue abilità di scrittura: in uno stile semplice, lineare, assolutamente amabile si esprime tutta l'armonia della tua esistenza e la tua prontezza di spirito nel leggere nel cuore di Susanna, fino a coglierne momenti di gioia e di malumore: altro che psicoanalista! Tu sei il più fine conoscitore dell'animo umano, vedi dove noi non vediamo, percepisci dove noi siamo assenti, ascolti dove noi siamo sordi e credo che tu difenda la vita di Susanna davvero con tutta la tua potenza fisica ed affettiva. Ti vedo accucciolato in fondo al suo letto, pronto a leccarla al risveglio, a leccare, come fa Achillea, anche le sue ferite dell'animo( e chi non ne ha?) e tu sei il più abile terapeuta che si possa immaginare: la vostra unione sulla terra è durata dieci anni ma oltre questi avete un'eternità da vivere.
Io e il mio Achillea ci rallegriamo e ci congratuliamo con te per tutto quello che ho cercato di tradurre in parole, che nulla è rispetto alla tua essenza ed esistenza, perché la vita di un cane come te, Strauss, "supera di mille secoli il silenzio".
Con Affetto e gratitudine.

Gio'


3 giu 2013

Rugiada di Stella di Stefano Festi

In una giornata di pioggia battente, vi regalo i bellissimi versi del poeta  Stefano Festi
Magari tornerà il sole...




Piovea ridente sul di lei viso
dorato e limpido
in cuor suo gentil,
fragile polvere di stella.
Cuor di bimbo cresciuto
cortese rugiadea essenza
riempia.




Stefano Festi
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31 mag 2013

VOCI di MARINA ISCERI






I miei più vivi complimenti a Marina Isceri: una splendida poesia ed un video bellissimo!


Susanna Polimanti