Silvia Elena Di Donato ha
già ottenuto notevoli consensi di pubblico e di critica con la sua opera prima
per la poesia “La maschera di Euridice” (Masciulli Edizioni – 2018). L’influsso
culturale di una formazione umanistica nonché la sua esperienza di docente
hanno sicuramente contribuito alla maturazione del linguaggio poetico e degli
stilemi, inducendola a esprimere il lessema nella sua essenzialità senza però
scarnificarlo. La ricezione del patrimonio della letteratura classica così come
gli echi della mitologia greca delineano
un paesaggio poetico molto diversificato, frammenti di esistenze di grande intensità e impatto emotivo.
Nei
secoli, tanti sono i poeti e gli scrittori che hanno cantato il mito di Orfeo
ed Euridice, ognuno con la sua personale interpretazione, la Di Donato ne coglie l’esperienza
d’incanto e sgomento, con umiltà e sensibilità; le sue liriche sono una sorta
di preparazione, un metodo di accesso alla vita mistica e a una maggiore
diffusione di valori universali. La
maschera come simbolo di identificazione, regola le energie spirituali sparse
nel mondo e le intrappola per impedire il loro vagare, dominando e controllando
il mondo invisibile: “Sola/trasfigurata
in canto/penetra/la fenditura corrusca del mistero/madida del suo ultimo
passo/sul crinale del grande fiume”.
Il
verso è breve ma intenso, frutto di immagini folgoranti e trasparenze
metaforiche, evocazioni che illuminano la comunicazione di una morale e di un
insegnamento che restituisce un po’del tempo latore di bellezza. Silvia Elena Di Donato crede nella
poesia e nella sua origine divina, ne difende l’incontaminatezza, riscopre quel
senso della vita che colma l’abisso tra il sopra e il sotto dello spirito, fra
Dio e gli uomini “Parole fresche/di albe
e tormenti/sempre le stesse/sempre diverse/mistiche eterne occasioni di mondo […]”.
Il suo canto è un cammino di ascesi, permeato
dalla bellezza e dalla ricchezza di un’ispirazione che lei trae dal
passato, quale sfondo e spinta per trasportarsi fantasticamente nel tempo
evocato. Il mondo stesso, nella sua continua trasformazione, può essere letto
tra le righe di detto percorso “[…]
filigrane di echi di luce/fendono fasciami di nuvole/ - anfratti della mente
infiniti - “e ogni intuizione del
trascendente si concretizza nella pregnanza semantica di una parola sostanziale
e mai banale, in una continuità di versificazione senza soste di virgole e
punti mentre in alcune chiuse si evince un tono quasi epigrammatico. La luce interiore
dell’autrice è immersa nella poesia che ammalia e incanta, tocca quella dimensione religiosa che è missione, cura
dell’anima verso l’infinito e l’eternità “[…] fra i frammenti/del tempo e della durata/parola archetipo/di
eternità”. Sincerità e grandezza etica sono il lievito di ogni sua lirica.
L’io poetico si abbandona senza allontanarsi dal mondo bensì ne rende tutte le
sfumature più fini, i colori più delicati, donando al lettore un’atmosfera
onirica “Il sogno/ ha le chiavi/ di ogni
possibilità” ove il silenzio è
conciliazione e potenziale creativo per una poesia che ha il compito di
esplorare il mistero che è in noi, che coincide col senso del divino “E sorge nuova l’alba/ad abitare
l’anima/spalancata/di pura luce assoluta/ alla meraviglia inattesa/che ne
sorprende la soglia/ con passo divino” e come tale diviene un’inesauribile
risorsa di pensieri profondi. “La maschera di Euridice” è una prima
esperienza poetica che detta già un buon presupposto per ulteriori successi
letterari.