23 mag 2013

Recensione del poeta Vincenzo Monfregola a LETTERE MAI LETTE

Con immenso piacere pubblico la recensione al mio libro Lettere mai lette (Kimerik) del poeta, nonché amico Vincenzo Monfregola. Grazie Vincenzo, questa mattina aprendo la posta ho trovato questo tuo graditissimo regalo!





"LETTERE MAI LETTE" di Susanna Polimanti



Lettere… a chi non è mai capitato di scriverne almeno una, personalmente credo sia fondamentale regalarne quanto meno a chi si vuole bene.


Susanna Polimanti ne butta giù svariate, tutte diverse ma ognuna di esse legate ad un chiaro concetto: "l'amore"; amore per la vita, amore per il cielo, il mare, amore per l'amore, amore per la vita.
Durante la lettura di questa raccolta sono riuscito a percepire gli stati d'animo, le emozioni, i giorni nati col sole e le notti calate con la pioggia, l'autrice porta il suo lettore nel tempo stesso in cui le ha scritte quelle lettere.


Difficile riuscire a descrivere quanto abbia giocato il 'tatto' mentre sfogliavo le pagine di "Lettere mai lette", ma non parlo del tocco fisico tra le mie dita e le pagine del libro, per 'tatto' intendo dire che sono stato catturato emotivamente tanto da condividere attimi, momenti raccontati in parole, emozioni urlate in silenzio che raccontano della semplicità più autentica che la vita, e il suo vero senso, ogni giorno ci regala dandoci la possibilità di 'essere'.


Susanna Polimanti riesce a raggruppare con poche parole quanto di più essenziale possa esserci nei valori fondamentali cui ogni essere umano si sente legato, quale un compagno, un amico a quattro zampe, un fiore, un pensiero. Altalenanti le pagine in cui l'autrice riesce a regalare tutte le sfaccettature che un'emozione può regalare, inestimabile è quanto arriva ai lettori che attenti non si soffermano al 'tecnico' e riescono a farsi trasportare dalla melodia che ogni singola riga delle lettere di Polimanti racconta.


" […] Ma conservo un solo nitido ricordo: di quel pomeriggio di fine febbraio, quando, dopo una corsa in macchina fino al mare, in un posto lontano, hai scattato qualche foto. Era un periodo molto difficile per me, pieno di sofferenza, ma tu eri riuscito ad alleviare il mio dolore con dei semplici gesti, con degli sguardi. […]" .
Mi sono particolarmente d'aiuto queste poche righe per dare un'idea di quanta pienezza vitale sono racchiuse nelle pagine di questo libro, tutte le emozioni sono in quello scrigno intimo di Susanna Polimanti che regalandolo al lettore rende unico il suo legame con quanto conta veramente in ogni singolo battito di questa vita, bella così com'è nella luce della sua assoluta semplicità.

Vincenzo Monfregola

15 mag 2013

Recensione di Penne d'aquila di Giovanna Albi


Ringrazio la scrittrice Giovanna Albi per la bellissima recensione al mio romanzo Penne d'aquila.



Ciao, sono Giovanna Albi e, in piena condivisione del sentire, ti presento la mia recensione al toccante testo di Susanna Polimanti " Penne d'aquila".
Un viaggio nella memoria di Virginia , personaggio femminile di grande spessore emotivo-spirituale, è di fatto il testo di Susanna, che, con una penna veramente d'aquila, sa guardare oltre l'apparenza del divenire alla ricerca inesausta di una verità interiore, deposta nelle ragioni del cuore, al di là di tutte le stratificazioni della razionale coscienza.
Un viaggio entusiasmante che ti prende per mano e ti conduce dentro il cuore di una donna autentica che impara a leggere dentro di sé, ricostruendo il suo mondo interiore attraverso il ricordo dall'infanzia all'adolescenza all'età matura in un continuum narrativo-descrittivo naturale e spontaneo, mai artefatto, ma profondamente vero, come vero è quel battito del suo cuore all'unisono con le leggi dell'universo interiore .
Un personaggio che cade e si rialza sempre più forte e consapevole e impara a guardare dall'alto la sua esistenza mai paga della ricerca definitiva, ma sempre desiderosa di sperimentare il nuovo che avanza pur preservando come sacro il ricordo che la lega in particolare ad alcune amiche del cuore e all'amore della sua vita: Angelo.
Credo ci voglia coraggio a guardarsi dentro come fa Virginia, e lo stesso coraggio lo sperimento in Susanna, che ho la fortuna di conoscere personalmente in affinità elettiva. Trovo con difficoltà le parole adatte ad un libro eccezionale sia nei contenuti che nella forma vibrante di sentimento , con tratti lirici non comuni, in cui si padroneggia la lingua italiana con maestria naturale e spontanea. Questa assenza di artificio credo sia il punto forte del testo per cui ti pare di entrare dentro le confidenze vere di una amica, che si apre a te svelandoti elementi di forza e di debolezza di un'anima tutta femminile che come tale si presenta complessa , ma mai contraddittoria, pulita e schietta nel  conservare il suo patrimonio emozionale. In anni di deserto emotivo e di bancarella delle emozioni mercificate non di può che apprezzare l'umana dignità di chi con discrezione e autentica forza interiore rimane se stessa , non piegandosi ai compromessi che la vita stessa forzatamente ci impone.. Virginia è sempre se stessa quando cerca lavoro e quando ama, quando è in crisi e quando si risolve, sempre in tensione emotiva a caccia di un equilibrio cui perviene affidandosi ad una visione matura che le consente, dopo l'immersione dentro di sé, di guardarsi dall'alto e di volare come un'aquila nel cielo terso, libero da nubi esistenziali.
Definirei l'opera un romanzo di formazione sentimentale, altamente educativo , oltre che emozionante, perché prendersi cura della propria anima è un dovere che abbiamo tutti, e tutti prima o poi dobbiamo fermarci a fare il bilancio della nostra esistenza anche a costo di trovare del dolore: dolore per la perdita di un amore, dolore per la morte di un genitore, dolore per un senso di inadeguatezza che in fondo appartiene all'essere umano, che , se tale è, non può non ammettere la sua vulnerabilità e la sua esposizione al rischio anche della sofferenza ,che non va elusa, ma affrontata.
Così, anche Virginia incontra tutti gli stati d'animo, vissuti fino in fondo con determinazione e risolutezza, certa che c'è un amore più alto che ci accoglie e ci riassorbe in una fede autentica, in cui ripone la fiducia in un volo d'aquila.
Profondamente femminile, pulito e vero è il suo amore per Angelo, l'unico amore della sua vita, quello , il cui ritorno Virginia aspetta con devozione e anche abnegazione, quello che rispunta sempre nella sua interiorità, quello che le fa compagnia nei momenti della giornata, quell'amore che non muore mai, ma resta vivo e vivido dentro la protagonista. E questo amore Virginia lo rincontra dopo trent'anni per poi vederlo scomparire di nuovo, ma questo non le toglie l'entusiasmo tutto giovanile dell'attesa di un ulteriore ritorno, che certo ci sarà.
Amore ed amicizia sono i compagni di viaggio di Virginia, che non muore mai dentro, perché ,oltre che tuffarsi in mille esperienze di una vita interessante ed intensa da un punto di vista emotivo, ma anche pragmatico, coltiva questi due sentimenti con rispetto profondo, certa che solo in essi c'è la chiave di volta del problema esistenziale. Grazie alla fede e alla nobiltà del suo sentire riesce anche ad elaborare il lutto e il dolore lancinante per la morte del padre e lo fa da sola, mai lasciandosi supportare dagli esperti psicologi del settore, che, come non smetterò mai di ripetere, producono spesso danni alle anime sofferenti aumentandone il disagio. Ho apprezzato molto in Virgilia questa sua capacità di fare leva su se stessa per scavarsi dentro e risollevarsi, certa della relatività che attraversa le esperienze umane, che ripercorre anche con sottile autoironia, mentre Assoluto resta solo l'Amore, l'unico farmaco davvero efficace di fronte al male di vivere.
Ringrazio Susanna per avermi fatto conoscere l'anima di Virginia, parlando con cuore in mano, senza infingimenti e facili menzogne, senza artifici e sovrastrutture di cui si ammantano le anime pigre e senza autentica sete di conoscenza.


12 mag 2013

12 maggio 2013: Festa della mamma



Oggi, Festa della mamma, inserisco questa poesia stupenda, dedicata a tutte le mamme del mondo, della poetessa e scrittrice Anna laura Cittadino:


Negli occhi di mia madre.

Avevano occhi
le tue parole
mi guardavano
e indicavano
i colori del mondo
le inquietudini del cielo
la voglia di vivere
le paure
le strade che avrei percorso.
Tu, che avevi viaggiato con gli stessi silenzi
generato la stessa melodia
superato gli stessi confini.
E solo quando si è madri
lo capisci
che cento, mille volte
le avrei ascoltate
le tue parole
sfogliandole come petali
senza timore
cogliendo l’orizzonte
dei tuoi occhi belli
fino a raggiungere
il punto esatto
di ogni battito
del tuo cuore.

A. L. C.( Edita “In Medias Res” Edizioni Stravagario )

27 apr 2013

Un racconto della scrittrice Anna Laura Cittadino


Con immenso piacere inserisco in questo mio spazio culturale un racconto della scrittrice Anna Laura Cittadino che ho apprezzato moltissimo, perché scritto con parole semplici ma toccanti, un breve racconto che mi ha davvero emozionato per la storia che narra. Il racconto Tra neve e sole è già finalista nel Concorso di Sensazioni Emergenti e spero vivamente che possa arrivare ad ottenere un premio degno di questa scrittrice così sensibile e particolarmente vicina al mondo della cultura in tutte le sue più alte espressioni.



Tra neve e sole.


Quanto tempo era che non vedeva Max? Quindici, venti? Non lo ricordava più. Aveva chiuso il ricordo di lui in una stanza in fondo alla sua anima e ne aveva gettato la chiave. Eppure quella mattina nell'aver incontrato anche solo per pochi istanti quegli occhi azzurro cielo provò una fitta al cuore e gli occhi le si inumidirono di lacrime.
“ Opere d’arte i tuoi occhi che nessuna galleria può contenere vendere o comprare”, gli aveva detto lei un giorno. Lui era scoppiato a ridere.
-Santa Lucia, non era il nome di una chiesa o il nome di una Santa, Santa Lucia era un quartiere malfamato nel centro storico di una città del centro sud dove Ivonne e Max erano nati e cresciuti insieme. Si erano separati solo negli anni in cui Max era stato mandato a studiare in un Istituto e vi era rimasto fino a quattordici anni. La madre aveva altri sei figli e il padre di Max, Ivonne, non aveva mai capito chi fosse. Troppi uomini entravano e uscivano da quella casa e non ve ne era uno che si fermasse lì per più di due giorni. Lei abitava dirimpetto a Max, affacciandosi dalla sua finestra vedeva la madre sempre in vestaglia a qualsiasi ora del giorno. 
A lei le fu sempre vietato dai suoi genitori di andare in quella casa e a dire il vero le avevano anche vietato fin da bambina di giocarci e di starci insieme,ma lei all’amicizia di Max non aveva mai rinunciato, neanche quella volta che lo aveva visto dalla finestra di casa avventarsi con furia su un uomo, (uno dei tanti che frequentavano la madre ) lo aveva preso a pugni in faccia e a calci. Si era coperta gli occhi con le mani per non vedere, ma poi spinta dalla curiosità spiò tra le fessure delle sue dita e quello che vide la fece scoppiare in un urlo disperato; Max si era accanito anche su sua madre e anche a lei riservò lo stesso trattamento dell’uomo con calci e pugni.
Accorse la madre di Ivonne, a quelle grida. Lei udendo sua madre si ritirò dalla finestra ma sua madre aveva già visto tutto. “ Ti ho detto mille volte che devi stare alla larga da questa gente! Non c’è nulla da guardare. Vai a studiare.
Si allontanò dalla finestra e andò in camera sua, si buttò sul letto e pianse. Pianse così tanto che si addormentò e al risveglio il sole stava già tramontando. Guardò fuori e lo vide seduto a terra con la testa tra le ginocchia. Non ci pensò due volte, corse fuori e lo raggiunse, gli si avvicinò piano e in silenzio gli si sedette a fianco senza parlare. Il corpo di lui era scosso da tremiti, ma non riusciva a capire se stesse piangendo. Passarono alcuni minuti poi Max alzò il capo “ Cosa vuoi, vattene via” le disse guardandola con gli occhi pieni di lacrime. Lei non rispose, continuò a restare lì accanto a lui in silenzio, senza parlare, e vi restò fino a quando le luci fioche dei lampioni avvolsero il borgo e udì la voce della madre che la chiamava dalla finestra. Allora si alzò e corse via, non prima però, di aver stampato un bacio sulla guancia del suo amico. La sera nel suo letto prima di prender sonno pensò a Max, alla sua furia, al suo modo di esser violento, ma pensò soprattutto a quei occhi simili a due gocce di mare quando avevano incontrati i suoi e non ebbe dubbi! Lo amava.
Il tempo passava in fretta e così anche i loro anni. Gli occhi di Ivonne furono spettatori più volte di scene di violenza da parte di Max. Risse con i compagni, botte in casa con i fratelli, con la madre, ma con lei era il ragazzo più dolce e romantico del mondo. Si erano scambiati il primo bacio una mattina che avevano marinato la scuola per andare al mare. Il loro fu un amore pulito, baci mai dati sotto le lenzuola, e non si erano mai spinti oltre anche se il desiderio chiedeva altro.
Max aveva terminato le scuole medie e non aveva più continuato gli studi. Lei, invece, si era iscritta al liceo e frequentava la scuola con profitto. Il suo sogno era quello di poter diventare un giorno un magistrato. Quando lo diceva a Max lui la prendeva in giro. “ Chi come noi è nato pezzente, pezzente resta, hai capito Signorina Giudice? 
No, non è vero..ognuno di noi è ciò chi vuol essere, rispondeva lei.
C’era la neve il giorno in cui lo vide da dietro i vetri della sua finestra salire insieme a due carabinieri su una pattuglia. Aprì la finestra e lo chiamò con tutto il fiato che aveva in gola, ma lui non alzò neanche la testa.
Apprese dai vicini che Max era stato arrestato per una rapina. Non riusciva a crederci e lo difese con tutte le sue forze. Gli scrisse in carcere e continuò a credere in lui e in tutto quello che le diceva.
Passarono quattro anni prima che potesse riabbracciarlo. Lei frequentava l’università e le mancavano pochi esami alla tesi “ Sposiamoci Ivonne, potrai continuare a studiare anche dopo sposati” le disse Max.
Si sposarono in una fredda mattina di febbraio in una piccola chiesa di campagna contro il volere di tutti. Ivonne avvolta in un abito bianco preso in prestito in un negozio di abiti usati, tra le mani stringeva un mazzetto di primule raccolte da Max per strada. Solo pochi amici a fargli gli auguri mentre il sole splendeva alto nel cielo. Andarono ad abitare in un monolocale preso in affitto, solo una cucina con pochi mobili e una camera da letto. Fecero l’amore per la prima volta quella notte.
Aveva ancora il vestito da sposa poggiato sulla spalliera del letto e il sapore dei baci di Max sulla pelle quando arrivarono i carabinieri per portarselo via.
Un’altra rapina, un’altra accusa, sette anni di carcere, apologie e perdono. Si, perché bastava guardare nei suoi occhi per dipanare come nebbia ogni dubbio e perdonarlo. Sette anni duri. Duri come la sua tenacia nel portare avanti i suoi studi. Duri come bocconi amari di lacrime mandate giù in silenzio, da sola, il giorno in cui diede l’esame di laurea. Lo aspettò davanti ai cancelli del carcere il giorno in cui Max riconquistò la sua libertà e insieme abbracciati e ridenti corsero al mare e lì sulla spiaggia fecero l’amore dopo sette anni.
C’era la neve il giorno in cui andò a ritirare il suo test di gravidanza. Positivo! Doveva correre a casa e dirlo a lui. Un bimbo, un figlio; una tela bianca e insieme avrebbero fatto da colori a quella nuova vita che portava in grembo.
Corse a casa e lo chiamò per ogni stanza. Max, Maxin, come amava chiamarlo lei. Non ebbe risposta. Lo aspettò davanti al fuoco per tutto il giorno, per tutta la sera, per tutta la notte. Si svegliò davanti ad un fuoco spento nel silenzio della sua casa con uno strano presentimento e uscì a comprare il giornale. Max era stato arrestato.
Tornò a casa, raccolse tutte le sue cose, prese un foglio bianco “ Ognuno è ciò che vuole essere” ci scrisse sopra, lo chiuse in una busta e lo infilò in tasca.
Lontana in una stazione senza nome, tra i volti di gente sconosciuta imbucò la lettera. 
Un bambino è una tela bianca da dipingere con i colori dell’amore. Avrebbe dipinto lei insieme a suo figlio, poi sarebbero saliti insieme sulla giostra della vita e gli avrebbe regalato un giro gratis pieno d’amore e di sorrisi…in fondo si disse di biglietti ai giostrai, lei, ne aveva già pagato troppi.


Anna Laura Cittadino