30 ago 2013

Recensione alla silloge di Emanuele Marcuccio: Per una strada

Cari amici, oggi vi presento il poeta palermitano Emanuele Marcuccio, una giovane promessa della nostra poesia contemporanea, con ampio curriculum letterario, destinato ad arricchirsi nel tempo, con i miei migliori auguri!





“ Tutto è passato per una strada, luogo fisico, luogo dell’anima, che è stato trasfigurato dalla mia sensibilità, dalla mia immaginazione, che ho cercato di esprimere con la mia poesia”: parole stupende ed essenziali, scritte da Emanuele Marcuccio, poeta palermitano, nella prefazione alla sua  silloge “ Per una strada” - SBC Edizioni.  La nostra vita è cammino lungo sentieri tortuosi e lineari, un passaggio attraverso il tempo terreno. La poesia di Marcuccio  percorre età e stati d’animo differenti, una mescolanza di presente e passato, ogni aspetto della sua realtà poetica è profondamente legato a forti tradizioni artistiche e culturali della sua terra di origine, nonché alla sua storia personale.
Definirei Emanuele Marcuccio un poeta dallo stile arcaico, un’anima antica che predilige l’essere all’avere, un attento ermeneuta alla continua ricerca filologica; in ogni suo verso è estremamente tangibile l’amore per la parola, la sua lirica palesa un’intensa spiritualità, ricorda le antiche odi greche e latine. Memore delle prestigiose liriche classiche, ai cui autori Marcuccio dedica svariati canti, si fa mentore egli stesso, con parole ardenti e passionali penetra tutto ciò che nel mondo è essenziale, suggerisce coraggio ed infonde speranza. Una vena poetica di altri tempi dunque, espressione di affetti e sentimenti su temi come la patria, l’amore, la natura e la libertà dell’individuo; egli manifesta nei suoi versi emozioni che riflettono la contraddizione del proprio tempo in una società moderna di massa,  parole che respirano atmosfere di degrado ed ingiustizie di un progresso pervaso dall’indifferenza verso ogni creatura dell’universo, che siano animali, eventi o luoghi. La dolce e malinconica consapevolezza della capacità distruttiva dell’uomo si alterna e s’intreccia con voci comuni e tradizionali in versi vivaci e coloriti. La sua lirica è echeggiante e pregiata, pregnante di significati connotativi in un insieme di emozioni, immagini ed effetti che la parola è capace di evocare. Imperante il desiderio di un rifugio interiore che sfocia nella dolce catarsi della poesia. Non a caso nella silloge “Per una strada” ritroviamo spesso il verbo “inabissarsi”, il poeta vive ogni suo verso  esattamente come specchio interiore, visione del mondo e mondo essa stessa, secondo quel ritmo purificatorio che le ha impresso. La sua opera è immagine pura della sua stessa integrità  e fedeltà al momento creativo originale.
Profonda e costante la presenza divina la cui ispirazione è tracciato potente e luminoso dell’evoluzione artistica di Emanuele Marcuccio; un poeta-musico, la cui poesia ritengo possa egregiamente essere accompagnata dal suono di uno strumento musicale e magari cantata in un suggestivo teatro, come affascinante può considerarsi la lettura dei suoi versi.



Susanna Polimanti















20 ago 2013

Miseria

http://www.poetipoesia.info/racconti/miseria/

Lettere mai lette- Recensione del critico letterario Lorenzo Spurio

Grazie!




Lettere mai lette

di Susanna Polimanti
Kimerik, Patti (ME), 2010
Pagine: 71
ISBN: 978-88-6096-548-6
Costo: 12 €

Recensione di Lorenzo Spurio


Ma la vita ti riserva grandi gioie e grandi dolori e per ogni momento felice che ci regala ce ne riserva altrettanti tristi. (p. 59)

Susanna Polimanti, amica, bibliofila e scrittrice, ha esordito nel mondo della letteratura attiva con la pubblicazione di “2 Cuori…una cuccia!!” (Lulu, 2009) ed ha pubblicato poi “Lettere mai lette” (Kimerik, 2010) e il romanzo ampiamente autobiografico “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011).
“Lettere mai lette”, di cui mi occuperò in questa recensione, è un libro particolare nel senso che sembrerebbe un tentativo dell’autrice di rompere il legame tra privato e pubblico nel suo percorso di crescita. L’opera, infatti, si costituisce di una serie di lettere che Susanna ha scritto in diversi momenti della sua vita ed indirizzate a varie persone dalle quali traspaiono sentimenti, tormenti interiori, una profonda solitudine, ma anche l’amore per la vita, per la semplicità, per gli affetti sinceri. Chiaramente i destinatari non sono indicati espressamente, ma chi ha conosciuto da vicino Susanna non farà difficoltà a comprendere a chi erano dedicate queste missive.
La scrittura si configura –come lei stessa ha modo di osservare spesso nei suoi scritti- come una necessità dominante alla quale non si può sottrarre e questo si evince anche dalla presente raccolta epistolare che, appunto, dimostra quanto il legame tra Susanna e la penna non sia qualcosa di recente, ma di profondamente radicato già a partire dall’infanzia. Chi scrive qualcosa può avere in mente qualsiasi cosa, può trasporre il vero, cioè quello che ha realmente vissuto e sperimentato sulla sua pelle, può trasfiguralo o addirittura fingere, camuffare e inventare di sana pianta. Non è mai dato al lettore sapere quanto l’autore abbia lavorato di fantasia, quanto si sia dedicato alla costruzione di fiction piuttosto che incanalare tra le righe semplici esperienze realmente appartenutegli, dunque questo discorso vale anche per questa opera di Susanna. È senz’altro lecito chiedersi se la Susanna protagonista delle lettere che si caratterizza per grande attaccamento alla figura paterna, sincerità, animo profondamente generoso, adolescenza a tratti sprofondata in momenti di tormento e solitudine, sia manifestazione diretta della Susanna donna. È una questione che al lettore non deve importare più di tanto, ma ciò che deve tenere in considerazione, da subito, da quando cioè apre il libro e si tuffa in questa lettura interessante e senz’altro piacevole, è capire che queste lettere, come indica il titolo dell’opera, non sono mai state lette.
Perché? Perché il momento in cui la protagonista vive non si sente talmente coraggiosa di comunicare certi messaggi agli altri e quello che scrive rimane dunque muto? Perché spesso è preferibile sfogarsi con se stessi, stendere nero su bianco i propri tormenti, per ricavarne un lenitivo e fare pace con se stessi? Oppure non sono state lette nel senso che il messaggio recondito delle missive in realtà è stato mandato a quei destinatari, ma per un qualche motivo non è stato colto? Le possibilità qui evocate possono coesistere e, ad ogni modo, ciò che preme sottolineare è che queste lettere, mancando del destinatario, finiscono per essere delle pagine di un diario personale di cui l’autrice ci fa confessione.
Tra le varie lettere ritroviamo l’amore indiscusso per il padre, il dolore per la perdita dell’amica e anche per quella dell’amico a quattro zampe Strauss, a cui è dedicato interamente il primo libro di Susanna, alcuni episodi della vita universitaria e lettere d’amore, altre di rifiuto a proposte d’amore. Tra le righe si legge una grande devozione a Dio e la considerazione della famiglia quale ricchezza terrena e baluardo di difesa; l’amore e l’amicizia sono le torri imperscrutabili dell’universo di Susanna sulle quali si ergono due vessilli che sventolano con forza: la generosità e il vitalismo.
A questo punto chiedo al lettore di scusarmi se posso sembrare contraddittorio con quanto ho testé detto, ma posso assicurare che entrambi questi vessilli che sventolano alti in questo cielo metaforico non sono altro che due delle sfaccettature dell’animo di Susanna. È in quel cielo che a tratti sa essere terso, altre volte nebbioso o addirittura in rivolta, che la protagonista-autrice anela a perdersi: “Vorrei essere un’aquila per volare più in alto, per far piovere su di te la mia calda energia, piena di affetto per te” (47). E l’aquila, che pure ritroviamo –non a caso- nell’ultima produzione letteraria di Susanna, il romanzo dal titolo “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011), è forse immagine-metafora della stessa autrice, una donna forte e dalla tempra battagliera, che è lì in alto, ad osservare imperscrutata, a volteggiare nel cielo godendosi la sua libertà.
L’operazione fatta da Susanna con la raccolta di missive è coraggiosa ed encomiabile, perché queste lettere, ripulite da nomi dei destinatari, riferimenti toponomastici e date, tornano a vivere e a trasmettere significati e sentimenti che sono universali.
Riaprire un cassetto e ripescare qualcosa del passato è sempre un’azione positiva. Il processo intellettivo della memoria, azionato da immagini e suggestioni, è in grado di far strada battuta al veloce carro delle emozioni.

Lorenzo Spurio

-scrittore, critico letterario-


Jesi, 18 Agosto 2013


http://blogletteratura.com/2013/08/20/lettere-mai-lette-di-susanna-polimanti-recensione-di-lorenzo-spurio/

16 ago 2013

La cucina arancione di Lorenzo Spurio

Con immenso piacere inserisco la mia recensione al nuovo libro di Lorenzo Spurio:  La cucina arancione





La cucina arancione: la novità libraria di Lorenzo Spurio, edito da TraccePerLaMeta Edizioni, è una raccolta di venticinque racconti che reputo in tutta onestà,  altamente creativa e singolare, nonché priva di tratti comuni e contenuti banali. Lorenzo Spurio delinea i protagonisti di ogni suo racconto quali consapevoli di una realtà parallela, costruita con appassionante dialettica in una dimensione paradossale dove ognuno narra la sua storia con struttura  paralogica, un vissuto tra esasperazione del pensiero e delle proprie fobie, tra psiconevrosi, idee deliranti, ossessioni, paranoie ed anancasmi.  La silloge di  Spurio enfatizza contenuti emozionali ed istintivi che si annidano nei rapporti sentimentali, nelle relazioni familiari, sociali  e persino erotiche, risaltandone il senso di profonda inquietudine e tensione che conduce ad una vera e propria distorsione della realtà con atteggiamenti impudenti che passano dalla spensieratezza allo sprezzo, pur tuttavia fortemente agganciati all’attualità di una società “disagiata” dove cercano di sopravvivere  figure dai caratteri emblematici con fantasiose manipolazioni dell’identità.

Lo stile è fluido, linguisticamente perfetto, si attiene ad un’accentuata ricchezza di termini ed il susseguirsi di metafore pittoriche … “ Luisella intanto era estasiata dalla veduta al di là del finestrino, dove si stagliavano nuvole spumose e soffici che invitavano a spaccare il vetro per stendercisi  sopra”, denota un notevole possesso della lingua che, a differenza della maggior parte degli autori contemporanei, segue l’onda del riflusso con restaurazione e ritorno alle vecchie grammatiche normative.  Con la sua narrazione Lorenzo Spurio tiene il lettore incollato allo scorrere delle pagine fino alla fine, creando suspense con sensazioni forti ed estreme, a volte dai tratti grotteschi ed ironici. Ogni racconto è pervaso dalla decisa ed inconfondibile impronta del genio di questo giovane scrittore, dalle spiccate doti inventive, lui stesso il narratore-personaggio che si diverte con il suo stile particolarmente creativo e fantasioso ad interagire tra il suo immaginario e la realtà nascosta ed oscura di ogni individuo. È sempre lui infatti che seleziona dettagli che meritano l’attenzione del lettore nei ritratti e nel seguito di ogni sua storia. Con immagini eccentriche e molto colorite Lorenzo Spurio riesce ad irrompere in quell’involucro invisibile che è la mente, indagando tra le ossessioni del cervello per comprendere caratteri ed azioni di ogni singolo personaggio.  Se è vero che la mente non si avvale sempre e solo di processi logici, occorre infatti studiarne la sua soggettività ed intenzionalità. Certamente, al di là di ogni vissuto presente nei racconti, chiara ed evidente appare l’insoddisfazione di un tempo attuale, dove difficoltà e disagi si mascherano dietro a sentimenti di solitudine, chiusura mentale ed ignoranza.

La cucina arancione , il cui titolo nasce giusto da un racconto alla pagina 113,  ci ricorda  Jorge Luis Borges per i suoi temi sul filo delle realtà parallele del sogno ed il grande Edgar Allan Poe con le sue narrazioni gotiche  impregnate di ossessioni ed incubi personali.  L’equilibrio del paradosso viene trattato e raccontato da Spurio in un sovvertimento di regole, con intensa fantasia ed estrosità.
La cucina arancione è sicuramente un testo da leggere con estrema attenzione, perché sfogliando le sue pagine ci troveremo sempre di fronte l’effetto totale dell’inatteso. All’autore ed amico Lorenzo Spurio porgo i miei più vivi complimenti per questo suo nuovo libro, incitandolo a proseguire il cammino nella sua produzione letteraria mantenendo sempre forte la sua vena artistica così spontanea ed efficace.


Susanna Polimanti


14 ago 2013

Recensione di Lorenzo Spurio al mio: 2 Cuori...una cuccia!!



Recensione di Lorenzo Spurio

Quando ad una persona luccicano gli occhi mentre sta parlando di una cosa, anticipando magari qualche lacrima, è evidente il carico affettivo di ciò che sta tirando fuori, magari con grande nostalgia. Ed è questo che ho potuto vedere chiacchierando con l’amica e scrittrice Susanna Polimanti, folignate ma abitante nella provincia di Ascoli Piceno da vari anni. Il libro in questione in realtà non è solo un libro, ma un fedelissimo reportage della storia d’amicizia ed amore da lei vissuta in compagnia dell’amico a quattro zampe Strauss. Non solo. Il libricino, diviso in capitoli e corredato di varie fotografie di Strauss assieme alla sua padrona definita “capobranco”, ripercorre i momenti centrali dell’esistenza del cane: dalle sue timide perlustrazioni iniziali nel giardino della casa, al suo continuo desiderio di conoscenza e di giocare, sino alle sedute di addestramento e addirittura a un curioso episodio di clamore: la partecipazione di Strauss accompagnato dalla padrona in un noto programma televisivo.
Ma l’intenzione dell’autrice –mi pare di capire- non è tanto quella di trasmettere all’autore le vicende che ha vissuto in compagnia di un animale affettuoso e riconoscente, ma è forse maggiore. Credo che ci sia dietro a questa scrittura una sorta di processo psicologico di recupero del passato con la volontà di “eternizzarlo”, di cristallizzarlo per avere la certezza che anche con il passare del tempo e degli anni, esso sarà lì, concreto, fedele, preciso a testimoniare un rapporto che mai si perderà. Ravvedo dunque un intento oserei dire terapeutico nella scrittura di Susanna nel senso che probabilmente la scrittura di questo libro –che immagino sia stata dolorosa, ma di un dolore dolce- abbia servito alla scrittrice non solo a ricordare Strauss, ma a riviverlo superando il canonico dolore della mancanza.
A livello stilistico si ravvisa un linguaggio semplice, piano e facilmente fruibile a tutti ed è interessante sottolineare la tecnica di narrazione impiegata da Susanna: la narrazione è diretta, in prima persona, chi narra sa tutto sulla storia, non inventa, né cela niente al lettore, ma il narratore è Strauss stesso che, passando attraverso la rielaborazione della coscienza dell’autrice, dà la sua visione del suo rapporto con la “capobranco”.
Una lettura che va fatta, perché ci arricchisce sensibilmente chiarendo al lettore quanto l’amore che alberga nel cuore di persone vere, sensibili e premurose come Susanna, non conosca limiti di nessuna natura.

-scrittore, critico letterario-
Jesi, 13-08-2013