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11 giu 2024

"La croce di carta" silloge poetica di Luciano Giovannini (Ciò che viene scritto sulla carta... rimane)

 



La croce di carta, edita da Daimon Edizioni per la collana Arcadia (2024) è la terza silloge del pluripremiato poeta romano Luciano Giovannini. L’opera corredata di un’accurata prefazione dell’editore Alessandra Prospero, ci presenta un io lirico vibrante di umana partecipazione, dove ogni verso equivale a un abbraccio condiviso.

Importante ed emozionante al tempo stesso, il titolo svela la diffusa metafora della croce, ne accoglie ogni significato oltre l’aspetto storico. Consapevole della caducità e fragilità della condizione umana e della vita, il poeta è spettatore “superstite” di un’esistenza dai valori autentici: in questo mondo vuoto e virtuale/popolato da ombre e da controfigure, crea in sé e nel suo canto la pena e il tormento di un’umanità incredula, che s’interroga sulla sofferenza e sul divino, di fronte alle grandi e piccole angosce quotidiane. L’arte poetica, percepita come vera e propria missione, è dimora necessaria per raccogliersi e divulgare “incanto di parole” che s’insinua rispettoso nei cuori, suscitando una maggiore sensibilità verso la condivisione: Poesia [,] tu sei la certa salvezza [,] /la goccia di pioggia [,] /L’essenza vitale [,] /Il mio solo strumento.

L’esperienza artistica di Giovannini è intuizione ed espressione di una chiamata interiore; si traduce in ascolto delle voci della propria anima al fine di armonizzarle con altrettante voci che salgono dall’universo, si fa tramite fra ciò che è umano e ciò che non lo è, benché si ritenga, umilmente, solo un venditore ambulante di parole.

Il poeta è soprattutto un uomo che non si limita ad osservare la parte più superficiale della “croce” ma penetra nel mistero delle miserie umane, assegna volti reali agli affanni e ai dolori che affliggono ogni individuo; riconosce l’impegno di una partecipata sofferenza ma si dimostra determinato ad accettare questo grande fardello Non lascerò che questo mio dolore/appassisca ai raggi di un timido sole/ma lo tramuterò in mille rivoli d’inchiostro.

Il tema centrale è il ritratto di una quotidianità, con i suoi ripetuti conflitti; inarrestabile è il fluire del tempo [] il tempo passa e fugge/come sottile sabbia/che scivola via dalle tue dita, riuscire a liberarsi è esprimere il dono che si possiede, il dono della poesia Io cammino con le spalle piegate/dal peso di una croce di carta […] / io sono soltanto quello che vivo [,] / io sono soltanto quello che scrivo.

Oltre alle esperienze personali, le liriche sono dedicate a sportivi, a vittime di femminicidio e del sabato sera, a scrittrici e poetesse, umili ed emarginati, tutti personaggi dietro cui si cela il vero significato della vita.

Tutti noi, di fronte al mistero della vita e della morte, non siamo nulla: Siamo vacillanti foglie/sul precario ramo della vita / [] siamo solo un debole tratto di matita. È indubbio che, secondo la tradizione cristiana, la croce sia simbolo universale e cosmico, chiunque è destinato a “portare la croce”, tuttavia, serve coraggio, quale unica speranza di sopravvivenza: al di là delle sbarre/ della tua subdola gabbia.

Al di sopra di uno stile personalissimo di un verso intimo e raccolto, si leva una soave e velata attesa di redenzione e rinascita, capace di manifestare flussi di immagini metaforiche e di sentimento. Il ritmo non è mai pesante ma possiede grazia, snellezza, leggerezza pur pieno di echi vivi aderenti alle cose e alle persone del mondo, mondo che respira e vive in una continua ricerca spirituale e di senso. La scansione delle strofe, infine, è segnata talvolta da figure di ripetizione: intere strofe o parte di esse, all’inizio, al centro o alla fine della lirica. Chiaramente, la ricorsività conferisce alle parole un maggiore valore significativo, mantenendo coeso il testo.

«Per crucem ad lucem», recita la Sequenza di Pasqua, poiché attraverso la Croce si giunge alla luce della Resurrezione e il buio non può vincere.