21 dic 2017
7 dic 2017
"La limatura del silenzio" di Valeria D'Amico: una poesia senza confini e distinzioni
“ Ci sovrasta già il sole,
in un incendio di luce
che rivela imperterrita
l’imperfezione del giorno
e il fluire lento nelle vene
di tutto ciò
che io chiamo “Amore” “
La silloge poetica “La limatura
del silenzio” di Valeria D’Amico (Lulu.com- 2017) rispecchia la
mappa di un sottile paesaggio interiore che si apre a chiunque decida di
ritirarsi nel proprio silenzio, dando spessore alla parola quale verso poetico.
Degno di
nota è il valore ingressivo del sostantivo “limatura” utilizzato nel titolo
della raccolta, da cui nasce spontaneo l’interrogativo del perché la poetessa
abbia scelto proprio questo termine per dar vita alla sua creatura poetica. -
Limatura- intesa come corrosione, che
provoca cruccio e tormento ma, allo stesso tempo, il lemma instilla nel lettore
la certezza di una correzione, di un miglioramento di quel silenzio dell’anima che restituisce il
senso della tolleranza e della solidarietà collettiva verso una precarietà, un
naufragio delle emozioni di fronte alle esperienze più sofferte della vita. La speranza di una condivisione d’intenti e
di sentimenti, che in qualche modo possa stimolare un senso di forte pietà e la dimensione interpersonale
dell’affettività rappresentano il filo conduttore di tale poetica. Attraverso il processo dell'immaginazione e di una triste realtà,
il verso unisce immagini di attuali tematiche civili e sentimenti privati,
poiché ogni evento tragico accentua il rischio della perdita di equilibrio, in
favore dell’impotenza di fronte al male nel mondo“Burattini
senza fili camminiamo/ inciampando per non cadere[,]/macchine imperfette
roboanti/ spingiamo carrelli pieni di bugie/ e ci nascondiamo dietro
silenzi[,]/ mentre la guerra va avanti/ e la vita è già oltre…”
La
poetessa lancia un messaggio che non va lasciato inascoltato: in un contesto
esistenziale naturalmente fragile e imperfetto, tutte le nostre ferite e debolezze necessitano di riflessione; ogni
pensiero va proiettato verso quel potenziale d’amore e creativo inespresso, affinché agisca e ottemperi al senso di responsabilità nei
riguardi del prossimo “Punti di sospensione/ queste fragili vite[…]”.
Nella
lirica dedicata “A Giulio Regeni”
l’io lirico si piega alla sofferenza di una madre che perde suo figlio e ne
vive la sofferenza più totale; doloroso sentimento che l’autrice stessa vive
nella sua personale esperienza nella profonda ed espressiva lirica “Boato” ove si percepisce quel sottile
filo che separa la speranza dalla disperazione per una malattia invalidante che
fa esplodere quell’esistenza imprecisa, pallida e sfumata riflessa nella vita
terrena “ Accurate dimenticanze[…] È
boato il tuo silenzio”.
Nello
sguardo e nel cuore della Nostra c’è poi la
coerenza-incoerenza dell’amore: quello “sprecato” nelle inutili guerre dove
“brancola/tra lupi e agnelli nella strada”,
quello perduto tra scomode verità dei ricordi che si affacciano a interrompere
la pienezza di vita, lasciando il posto al compito della responsabilità per un
perdurante legame con il presente, nonché l’amore che raccoglie il grido di bambini feriti nel corpo e nell’anima.
Una
poetica che incarna e coniuga la visione della purezza e della semplicità di un
verso libero pur stilisticamente e musicalmente ben organizzato. La forma si
affida più che a una vera e propria punteggiatura, a pause volutamente create
che suggeriscono intervalli di pensiero ed emozioni racchiuse in un intero
vissuto. L’aggettivazione è particolarmente curata e dona,
nell’accostamento con la parola, una forte
evocazione; le metafore rinforzano il valore espressivo e figurativo del
silenzio che non è isolamento bensì
terreno fertile di un autentico senso di appartenenza all’umanità intera. “Percorrono silenzi/ le mie parole inutili/
trapunte di metafore”. I versi di Valeria D’Amico si snodano con il
delicato contegno di una voce bassa che acquista a poco a poco la peculiarità
di un ruolo capace di denunciare e di esprimere il proprio disagio e il rifiuto
di ben altri silenzi, fatti di noncuranza e di distacco dal resto del mondo. Al
contrario, la Nostra
desidera vivere la realtà e vuole esserci con la forza di una poesia senza confini e distinzioni, riconoscendo
che solo una consapevolezza e un’attenta riflessione sui propri valori
permettono una reale comprensione e lo sviluppo di sentimenti maggiormente
altruistici.
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17 nov 2017
8 nov 2017
Il culto dei sentimenti più nobili e delicati nella poetica di Paolo Landrelli
“
L'esperienza morale di ogni uomo avviene nella coscienza[…]”
( Sant’Agostino d’Ippona)
Paolo Landrelli è un uomo rispettoso e riservato, un
poeta di grande generosità, sensibile agli odori e ai profumi della sua terra
di Calabria:“Culla di tradizioni[,]/ di
dolci e caldi cuori[;]/larghi sorrisi/e lacrime di sale”; il culto dei sentimenti più nobili e
delicati costituisce le note più caratteristiche di tutta la sua poetica. Dalle
due sillogi:“Bombilari” in dialetto calabrese di Bombile di Ardore e “Inseguendo
il nulla”, entrambe pubblicate nel 2015 rispettivamente con Arti Grafiche
Edizioni e Aletti Editore, si evince un
animo costantemente in bilico tra la tristezza e l'allegria “e sempi[,]quando mi ment’a scriviri[,]/si
miscita tristizza ed allegria”, così come costanti sono le correlazioni tra
il cielo e la terra e quanto l’uomo e i suoi pensieri siano sopraffatti e
intralciati nella propria condotta morale, tesa a ricercare un senso di verità
che sfugge, tra l’effimero e il fugace di un cammino terreno, inevitabilmente frustrante
e responsabile di una soffusa inquietudine: “Inseguendo il nulla[,]/camminando sopra un filo/io vivo.”
Quelle che sono state la sua esperienza professionale e la consapevolezza di un suo ruolo
istituzionale, hanno permesso a Landrelli
di scandagliare certi rischiosi doppi fondi dell’animo umano che, grazie a una
precisa intuizione poetica, si trasformano in fiamma sottile d’immagini, alla ricerca di un qualcosa di stabile, un
punto di riferimento che si manifesta con la presenza di un dialogo con Dio
“Nell’amore infinito/verso il mio
creatore[.]/Ogni giorno ritrovo/la forza di vivere.”
Il pregio di una semplicità nello
stile, in contrasto con l’artificiosità del ricercato, rende tale poetica l’espressione
genuina, trasparente e diretta di una valida ispirazione lirica e di
conseguenza, non legata a temi evanescenti e lattiginosi oppure a temi civili e
sociali, verbosamente svolti secondo lo schema declamatorio e massificato del
genere attuale. L’io lirico coglie il mondo
umbratile e disperso di voci, di echi fatti di ripiegamenti, di dubbi, di
indistinte e vaghe ansie, di tentativi compiuti
allo scopo di ancorare il proprio spirito alla speranza di un approdo, se non
proprio a una certezza, che genera una fede percepita in un animo che sa assaporare
il senso della vaghezza soggettiva, quella propria solitudine che è conquista di
un alto senso di sé. La poesia, dunque, quale esorcizzazione di falsi scopi e miraggi
illusori, quale procuratrice della salute dell’anima e rifugio nella voce delle
cose, dei luoghi e della natura, della
celebrazione della pace operosa dei campi, dei personaggi dell’infanzia,
della tristezza delle esistenze troncate, del rimpianto, delle attese, delle
speranze deluse, delle vite rimaste senza conforti o semplicemente,del senso
misterioso e trepido di un tramonto o di
un’aurora “Dondola il sole/danzando sul
tramonto[,]// ad infiammare ancora il cielo/ con gli stessi colori
dell’aurora[;]/che mistero.” Un inno commosso alla natura rigeneratrice
della sua terra natia, uno
sguardo indietro verso gli anni in cui la purezza dello sguardo, la semplicità delle
ambizioni e la voglia di vivere non conoscevano limiti. Stupende
le liriche dedicate alla mamma e a “Nonnu Carminu”, ricche del pathos della nostalgia, tra l’invisibile e il visibile sulla distanza del tempo “[…] Tu si la mamma mia[,]mi dasti ‘a vita/e a vita tua fù tutta ‘na volata
[…]pecchì eu ora te tegnu ‘nto cori[…]”. “Nonno[…]volgengo lo sguardo/ verso il
cielo[,]pieno di luce/ troverò il tuo volto[…]”
Significativo valore divulgativo della forma poetica e filone
maggiormente percorso dal Nostro è la parlata locale, ove il fascino dell’antico e del naturale è destinato a essere
considerato quale elemento di un bene culturale legato alla sua stessa identità
calabrese.
Sempre attenti alla creazione suggestiva, i versi si colorano
di uno struggente anelito verso la serenità e il raccoglimento, vi persiste un
avvicinarsi alla realtà in un’alternanza di silenzio ed espressione di fede di
un sentimento ardente nella purità di un
canto: “Dei dubbi miei a Dio chiedo perdono/e schiudo
le ali per un altro volo”;
qui, lo sguardo disilluso del poeta si fa ideale contemplativo di pace, con
accenti di commosso compianto verso l’ombra di un sistema inafferrabile e proteiforme “[…] più avanza il progresso più avanza
l’orrore”.
Elemento
incisivo, costante e determinante della poetica è il colloquio interiore a tu
per tu con una coscienza, intesa come atto
vissuto di “coscienziosità”, connotata dalla caratteristica del tendere verso
la più segreta intimità, dove risuonano la voce di Dio e l’incontro con Lui.
Paolo Landrelli è
consapevole dell’evidenza del rapporto esistente tra il mestiere di poeta e il
mestiere di vivere: “Mi trovi sempre ovunque mi
nascondo[,]/sconquassi il mio corpo e la mia mente[,]/tu scavi[,]scavi sempre
nel profondo[,]/io scappo[,]scappo[,]scappo inutilmente.” e raffigura
l’immagine ideale del poeta che, soffrendo la passione dell’esistenza,
raggiunge infine la trasfigurazione della vita: “ Poi ancora avanti[,]controvento.”
Dallo sconforto alla speranza, dal disorientamento di un
mondo falso alla ricerca di un mondo vero e migliore, ove la concezione poetica
possa realmente divenire luogo privilegiato del linguaggio universale,
fondamento dell’Essere in quanto creatura di Dio.
I poeti “[…]danno
anima alle parole/e non abbassano gli occhi”... essi hanno l’alto incarico
e l’importante missione di giustificare il senso dell’Essere.
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