“
L'esperienza morale di ogni uomo avviene nella coscienza[…]”
( Sant’Agostino d’Ippona)
Paolo Landrelli è un uomo rispettoso e riservato, un
poeta di grande generosità, sensibile agli odori e ai profumi della sua terra
di Calabria:“Culla di tradizioni[,]/ di
dolci e caldi cuori[;]/larghi sorrisi/e lacrime di sale”; il culto dei sentimenti più nobili e
delicati costituisce le note più caratteristiche di tutta la sua poetica. Dalle
due sillogi:“Bombilari” in dialetto calabrese di Bombile di Ardore e “Inseguendo
il nulla”, entrambe pubblicate nel 2015 rispettivamente con Arti Grafiche
Edizioni e Aletti Editore, si evince un
animo costantemente in bilico tra la tristezza e l'allegria “e sempi[,]quando mi ment’a scriviri[,]/si
miscita tristizza ed allegria”, così come costanti sono le correlazioni tra
il cielo e la terra e quanto l’uomo e i suoi pensieri siano sopraffatti e
intralciati nella propria condotta morale, tesa a ricercare un senso di verità
che sfugge, tra l’effimero e il fugace di un cammino terreno, inevitabilmente frustrante
e responsabile di una soffusa inquietudine: “Inseguendo il nulla[,]/camminando sopra un filo/io vivo.”
Quelle che sono state la sua esperienza professionale e la consapevolezza di un suo ruolo
istituzionale, hanno permesso a Landrelli
di scandagliare certi rischiosi doppi fondi dell’animo umano che, grazie a una
precisa intuizione poetica, si trasformano in fiamma sottile d’immagini, alla ricerca di un qualcosa di stabile, un
punto di riferimento che si manifesta con la presenza di un dialogo con Dio
“Nell’amore infinito/verso il mio
creatore[.]/Ogni giorno ritrovo/la forza di vivere.”
Il pregio di una semplicità nello
stile, in contrasto con l’artificiosità del ricercato, rende tale poetica l’espressione
genuina, trasparente e diretta di una valida ispirazione lirica e di
conseguenza, non legata a temi evanescenti e lattiginosi oppure a temi civili e
sociali, verbosamente svolti secondo lo schema declamatorio e massificato del
genere attuale. L’io lirico coglie il mondo
umbratile e disperso di voci, di echi fatti di ripiegamenti, di dubbi, di
indistinte e vaghe ansie, di tentativi compiuti
allo scopo di ancorare il proprio spirito alla speranza di un approdo, se non
proprio a una certezza, che genera una fede percepita in un animo che sa assaporare
il senso della vaghezza soggettiva, quella propria solitudine che è conquista di
un alto senso di sé. La poesia, dunque, quale esorcizzazione di falsi scopi e miraggi
illusori, quale procuratrice della salute dell’anima e rifugio nella voce delle
cose, dei luoghi e della natura, della
celebrazione della pace operosa dei campi, dei personaggi dell’infanzia,
della tristezza delle esistenze troncate, del rimpianto, delle attese, delle
speranze deluse, delle vite rimaste senza conforti o semplicemente,del senso
misterioso e trepido di un tramonto o di
un’aurora “Dondola il sole/danzando sul
tramonto[,]// ad infiammare ancora il cielo/ con gli stessi colori
dell’aurora[;]/che mistero.” Un inno commosso alla natura rigeneratrice
della sua terra natia, uno
sguardo indietro verso gli anni in cui la purezza dello sguardo, la semplicità delle
ambizioni e la voglia di vivere non conoscevano limiti. Stupende
le liriche dedicate alla mamma e a “Nonnu Carminu”, ricche del pathos della nostalgia, tra l’invisibile e il visibile sulla distanza del tempo “[…] Tu si la mamma mia[,]mi dasti ‘a vita/e a vita tua fù tutta ‘na volata
[…]pecchì eu ora te tegnu ‘nto cori[…]”. “Nonno[…]volgengo lo sguardo/ verso il
cielo[,]pieno di luce/ troverò il tuo volto[…]”
Significativo valore divulgativo della forma poetica e filone
maggiormente percorso dal Nostro è la parlata locale, ove il fascino dell’antico e del naturale è destinato a essere
considerato quale elemento di un bene culturale legato alla sua stessa identità
calabrese.
Sempre attenti alla creazione suggestiva, i versi si colorano
di uno struggente anelito verso la serenità e il raccoglimento, vi persiste un
avvicinarsi alla realtà in un’alternanza di silenzio ed espressione di fede di
un sentimento ardente nella purità di un
canto: “Dei dubbi miei a Dio chiedo perdono/e schiudo
le ali per un altro volo”;
qui, lo sguardo disilluso del poeta si fa ideale contemplativo di pace, con
accenti di commosso compianto verso l’ombra di un sistema inafferrabile e proteiforme “[…] più avanza il progresso più avanza
l’orrore”.
Elemento
incisivo, costante e determinante della poetica è il colloquio interiore a tu
per tu con una coscienza, intesa come atto
vissuto di “coscienziosità”, connotata dalla caratteristica del tendere verso
la più segreta intimità, dove risuonano la voce di Dio e l’incontro con Lui.
Paolo Landrelli è
consapevole dell’evidenza del rapporto esistente tra il mestiere di poeta e il
mestiere di vivere: “Mi trovi sempre ovunque mi
nascondo[,]/sconquassi il mio corpo e la mia mente[,]/tu scavi[,]scavi sempre
nel profondo[,]/io scappo[,]scappo[,]scappo inutilmente.” e raffigura
l’immagine ideale del poeta che, soffrendo la passione dell’esistenza,
raggiunge infine la trasfigurazione della vita: “ Poi ancora avanti[,]controvento.”
Dallo sconforto alla speranza, dal disorientamento di un
mondo falso alla ricerca di un mondo vero e migliore, ove la concezione poetica
possa realmente divenire luogo privilegiato del linguaggio universale,
fondamento dell’Essere in quanto creatura di Dio.
I poeti “[…]danno
anima alle parole/e non abbassano gli occhi”... essi hanno l’alto incarico
e l’importante missione di giustificare il senso dell’Essere.