http://www.amazon.it/2-Cuori-una-cuccia-ebook/dp/B00EBQU6OE/ref=sr_1_2?s=books&ie=UTF8&qid=1375707916&sr=1-2&keywords=2+Cuori...una+cuccia%21%21
5 ago 2013
2 ago 2013
25 lug 2013
Un articolo di Maria Antonietta Pirrigheddu
Vi presento, ospite nel mio blog, l’artista
Maria Antonietta Pirrigheddu di
Tempio Pausania, Sardegna.
La denominazione di “artista” è riduttiva nel caso di Mari,
come tutti i suoi amici affettuosamente la chiamano, lei è un’artista
autentica, a 360 gradi: pittrice su vetro, attrice di teatro, scrittrice,
straordinaria trasformista nei suoi tanti sketch in pubblico, lettrice di prosa
e poesie ed infine… racconta fiabe antiche e rivisitate dalla sua magica fantasia.
Ha un sito fantastico: www.lunadivetro.it, dove scrive articoli
di angelologia, scienza ed attualità.
Oggi pubblico il link del suo articolo su
Uriel, l’Angelo del seme, leggetelo! È un articolo molto interessante, sono
certa vi piacerà. Non dimenticate di visitare i suoi Talismani fatti a mano con minuziosa maestria.
://www.lunadivetro.it/scoperte/Uriel/Uriel%2cl%27angelo_del_seme.htm
16 lug 2013
Collana Racconti- Nuovi autori contemporanei
Online si trova la pubblicazione della Casa Editrice Pagine: Collana di Racconti- Nuovi autori contemporanei 7.
All'interno anche tre miei racconti:
Il mio amico Mosè - Miseria e Telegramma dal cielo
14 lug 2013
Recensione di Donna Ferula di Maria Cinus
Donna
Ferula di Maria Cinus - CF Edizioni, non è semplicemente un libro
autobiografico bensì un’autentica narrazione di sé, è un ritorno
dell’autrice a se stessa, alla conoscenza e nostalgia di sé, dei
luoghi dell’infanzia a lei cari, della sua terra di origine: la Sardegna,
dove ritorna, proprietaria della vecchia casa ristrutturata,
ereditata da sua nonna. Il racconto inizia e coincide con un momento
ben preciso, legato al ritrovamento di un “piccolo quaderno con la
copertina consunta”, tra le sue pagine “un fiore secco” di
ferula e di “una foto in bianco e nero un po’ ingiallita e coi
bordi sfrangiati”; ritratte nella foto, due giovani donne: la zia
Caterina e sua cugina Francesca Ferula. Scorrendo la lettura si
scopre una storia straordinaria nella memoria storica della zia
Caterina, che concede a sua nipote di ascoltare e ripercorrere il
passato; le sue parole fanno rivivere consuetudini ed emozioni
infantili della scrittrice che, costeggiando ed esplorando sentieri
ricchi di sapori, odori ed intime sensazioni, rivive la sua terra con
il suo particolarissimo dialetto ed i suoi antichi costumi. Maria
Cinus parla dell’isola come un’eroina romantica, con estremo
coraggio affronta il tema della nostalgia per quella ricchezza
affettiva, nonostante le difficoltà quotidiane dettate dalla
povertà della sua gente. Lo stile è fresco, pulito, molto
scorrevole, con estrema semplicità l’autrice attrae il lettore
nella descrizione narrativa, nell'attenzione alla resa delle
espressioni e dei dettagli in un insieme di elementi minuziosi e
raffinati che realizzano un preziosismo quasi pittorico.
Il
tema dominante della narrazione è l’amore nostalgico, che ritorna
con incalzanti sequenze di flashbacks e
non riesce a spezzare il legame che si è creato con quel mondo così
lontano e diverso ma allo stesso tempo così vero e profondo. La
scrittrice non fa economia di sentimenti; nel suo libro si percepisce
forte la presenza delle sue emozioni legate alla sua terra, la
tormentata volontà di avere di nuovo quello che si è perso e che
non è possibile rivivere nell'ambiente attuale. La nostalgia
percepita tra le righe del suo racconto è condivisibile per chiunque
viva lontano dal suo paese di origine e diviene a tratti malinconia,
tristezza, assenza di qualcuno ma, nello stesso tempo coraggio, a non
lasciarsi sopraffare da tale struggimento e piacere nel mantenere in
vita ciò o chi non esiste più, è lontano o non può tornare se non
con la potente arma dell’amore.
Conosco
personalmente la scrittrice Maria Cinus da poco tempo, pur avendo già
percepito la purezza e la profondità del suo cuore, leggere il suo Donna
Ferula è
stato per me come sfogliare le pagine più profonde di un’anima,
capace di tradurre ogni parola in immagini vivide e affascinanti. Il
racconto che la Cinus ci presenta travalica il suo tempo presente e
stabilisce una continuità tra passato, presente e futuro,
affidandone la custodia alle donne, principali protagoniste di questo
libro. Altro elemento incredibile è la coincidenza della parola
ferula, oltre ad essere il titolo stesso del libro quale cognome
della maggiore protagonista, di fatto è anche il nome che distingue
la pianta erbacea tipica della Sardegna con il suo “fiore giallo a
forma di ombrello”; non a caso una pianta che “cresce nei prati e
nei terreni aridi, dove ci sono le pietre”. La nostalgia della
scrittrice nel dolore del ritorno diviene amore intenso e
assolutamente spontaneo nella sua memoria; lo stesso amore che la
ricondurrà ancora sulla sua adorata isola e basterà allora “girarsi
verso il cancello” e ritrovare “le due grandi querce che sono lì
da anni, immote sentinelle, mentre la sua vita si svolge altrove”.
Susanna
Polimanti
7 lug 2013
Recensione: Quello che resta di Francesco Casali
Con immenso piacere pubblico la mia recensione a Quello che resta di Francesco Casali
Quello che resta di Francesco Casali- Koi Press (2013) è il secondo libro dell’autore. Dopo Niente da nascondere, ancora una volta Casali
riesce a stimolare sensibilità ed attenzione nel saper cogliere il particolare
soggettivo, che svolge con la sua unitarietà di genere letterario sulla trattazione
del dolore psichico, nel senso più vasto della parola, raggiungendo gradualmente
gli aspetti più salienti del disagio nella vita interiore dell’individuo e di
quel particolarissimo dolore emozionale derivante da stati affettivi complessi,
sottolineati dalla sua brillante e profonda formazione esperienziale. In questa
sua opera Francesco Casali tocca i precordi, esaminando nel vivo temi quali la disperazione,
la rabbia e la depressione che derivano dalla separazione e dall’abbandono per
la perdita di un figlio, la sofferenza fisica che si nasconde dietro un disagio
mentale ed una vulnerabilità cognitiva;
la scelta di una decorazione corporale quale il tatuaggio come formazione,
rinforzo o cambiamento di un’identità che spesso diviene espressione di un conflitto di processi intrapsichici; il
suicidio quale ultima spiaggia, nell’incapacità di accettare e donare amore; la
possessione e vessazione diabolica quali eventi osservati e vissuti dal
punto di vista teologico, con autentici riferimenti a sacerdoti esorcisti, o
inspiegabili e dunque, studiati
scientificamente a livello medico-psichiatrico. Quello che resta
è un’opera di mediazione e psicologia
transpersonale dove risalta l’ingegno
analitico dell’autore che esamina, sviscera, commuove e coinvolge, tra
equilibri fortemente controversi, dove le parole convivono con riferimenti in
lingua, citazioni ed esperienze dirette di noti psicologi, psichiatri,
assolutamente indispensabili per la narrazione di temi assai delicati.
Lo stile è nitido, estremamente
scorrevole, peculiare. Francesco Casali
adotta un metodo efficace che supera la semplice scrittura di contenuti,
rendendo l’esposizione fine e garbata, propria dello psichismo dell’autore,
un’innata sensibilità a livello mentale ed individuale che con molta diplomazia
e profondità di contenuti si riversa nella conclusione del suo libro, rivelando
la vera ineluttabile consapevolezza del dolore che la vita stessa comporta e
nel valore di contrapposizione che il sentimento dell’amore universale può
risolvere se non totalmente almeno in buona parte. Tra le righe si respirano le
motivazioni più subdole che anche il noto dolore del ritorno, la nostalgia,
fa degenerare con sintomi nascosti in un
incipiente disagio che ci allontana dalle emozioni più vere ed autentiche del
nostro io, tanto da trasferire qualunque nostro vissuto nel mondo virtuale dei Social Network, evitando così di
affrontare direttamente l’effettivo contatto di relazione interpersonale.
Trovo molto interessante anche il fatto
che Casali abbia una capacità innata
nel narrare episodi di dolore reale e non fittizio, anche laddove l’individuo
rischia di divenire per se stesso il primo inimicus
homo, lasciandosi sopraffare dal suo stesso dolore, rifiutando l’accettazione
che questa impietosa sofferenza fa comunque parte del nostro essere uomini, nessuno
potrebbe mai cancellarne i conseguenti effetti di afflizione e disperazione,
semmai dovrebbe cercare di raggiungere tramite il dolore una qualche soglia di
verità, che avvicina ogni individuo ad uno stato mentale di equilibrio e
saggezza.
Concludo la mia recensione al bellissimo
libro Quello che resta con queste
poche parole di Siddharta,, dove Hermann Hesse così ha scritto:« E tutto
insieme, tutte le voci, tutte le mete, tutti i desideri, tutti i dolori, tutta
la gioia, tutto il bene e il male, tutto insieme era il mondo. Tutto insieme
era il fiume del divenire, era la musica della vita.»
Susanna Polimanti
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