“Altidona/tenero fiore/di
sangue piceno […]
Fra mattoni e pietre/di
muri a secco […]
Pendii composti/ dal
vomere degli aratri/e scomposti dal passo/ dei venti di mare[.]”
La
Collina dei Girasoli della poetessa-scrittrice
marchigiana Stefania Pasquali è una
raccolta di poesie dedicate all’antico borgo di Altidona, che si affaccia sulla
Valle dell’Aso e sul mare Adriatico. Qui l’autrice vive, trae ispirazione,
crea, eterna e tramanda valori di grande umanità, in perfetta simbiosi con la
natura e i suoi aromi.
Sin
dalla prima pagina, con l’introduzione dell’autrice stessa, entriamo in
confidenza con il “sentire” della Pasquali
mentre tratteggia i motivi che l’hanno spinta a comporre queste liriche.
Scopriamo
una poetica suggestiva che affonda le sue radici nelle tradizioni popolari di
atmosfere colme di armonia, pace e serenità, ove luoghi, oggetti, animali e
soggetti caratteristici si traducono in
parole ed espressioni scolpite nella
memoria del cuore quasi a cesellare
con cura ogni minimo dettaglio in versi che profumano di passato, di
nostalgia per quelle “tracce del nostro
percorso di vita” che, sottolinea l’autrice, appartengono al ricordo e a
emozioni che sono “fonte di luce” di
una maggiore consapevolezza e saggezza nella preziosità del presente.
La
silloge si apre con versi dedicati al mese di dicembre: “I pettirossi/presentano il freddo/alle porte delle case. Cieli azzurri/
e folate/ di vento/ spazzano foglie inaridite/ nei vicoli silenziosi.” e
proprio partendo dalla stagione invernale, risalta il valore di riscoprire e
innamorarsi di ciò che si conosce, affidandolo allo sguardo del cuore e dello
spirito. Non si fugge dal passato… “Un gatto nero/furtivo scompare/ tra vasi
sfioriti/e malinconicamente/ belli” ma si viaggia con esso, è importante
immergersi in quel segmento tra due confini che l’esistenza disegna, lasciando
dentro tracce indelebili nel ricordo e nel quotidiano. Le liriche si
distinguono per la brevità dei periodi ben allineati e senza difficoltà
sintattiche; gli esordi sono sempre paesaggistici, da cui si palesa il
sentimento della perennità della vita cosmica.
Su ogni poesia aleggiano
sapori antichi di appartenenza, di confidenza e di conforto, traspaiono la mano
del Creatore e il suo potente amore che “benedice natura e uomini”, si perpetuano
nel presente quando “[…] ci si sveglia/ al suono della campane/ in
un’allegria nuova/ che si spande nell’aria/ e abbevera il cuore […]”
Ogni
verso predilige un linguaggio pittoresco
che giova alla chiarezza. La misura di accostamento dei termini predispone
il ritmo a un leggero passo di danza, tra
descrizioni semplici e immediate che ricalcano l’essenzialità della pura poesia;
le emozioni lasciano spazio a una vitalità carezzevole e fluttuante. Una
combinazione di metri tradizionali e variabili ci rammenta la strofa
leopardiana, in cui predomina l’eidýllion
greco, ideale di serena convivenza, improntata allo scenario e allo spirito
di valori semplici ma nobili. Dolcezza,
grazia e vita vissuta nell’amore sono gli elementi che guidano l’io
poetico, in congiunto dialogo tra passato e presente in un profilo figurativo e
identitario che opera una continuità nel variegato insieme della nostra storia
emotiva e culturale.
La natura si amalgama con
la celebrazione del ricordo in una struttura lineare e pulita sul
piano creativo, dalla quale si
evidenziano non solo toni di semplice rimando nostalgico ma soprattutto di spiccato scopo educativo: recuperare il passato per un’occasione di
speranza per il futuro, in particolare per quei bambini che oggi non hanno
più il “sapore bambino”. Il passato con
incantevoli scorci vissuti di vicoli, piazze, campagne e personaggi del ricordo
rivive e si rinnova nel presente della poetessa quale sinonimo di autenticità,
di garanzia e di genuinità perché… “Ad una ad una/s’accendono/le piccole luci/e
il silenzio della sera/riprende il passo/tra le vecchie pietre ancora calde.”
SUSANNA
POLIMANTI