È appena uscito il nuovo libro dello
scrittore jesino Franco Duranti, dal
titolo La fermata al Caffè Centrale, edito da affinità elettive di Valentina Conti. Trattasi di una narrativa, dal punto di vista
formale e contenutistico, riconducibile a un genere letterario misto tra il Bildungsroman
e l’Erziehungsroman (romanzi di
formazione ed educazione), con evidenti caratteristiche del romanzo
psicologico. La cover del romanzo,
raffigurante una corriera stile retrò, da subito lascia intuire l’ambientazione
anni sessanta, quasi a conferire maggiore animazione a una precisa
retrospettiva culturale nonché ad uno dei tanti scenari pittoreschi del
racconto. L’incipit della fermata della
corriera, vicino al Caffè Centrale introduce il lettore e lo trasporta
all’interno dei ventinove capitoli, divisi tra i mesi di novembre e dicembre. Protagonista
è Fausto, un ragazzino di undici anni, giudizioso e bene educato il quale, a causa
delle precarie condizioni di salute della mamma, viene affidato dal padre
Renzo, alle cure della zia Flora, nubile e ancora
una donna di bella presenza nonostante i suoi cinquant’anni. Faustino, così
chiamato perché di costituzione esile e
mingherlino, ritrovandosi fuori dal
suo semenzaio… senza amici, senza mamma, senza certezze e improvvisamente
catapultato in un mondo tutto nuovo, si sente abbandonato e trascurato, piomba
in una profonda tristezza dove, in un increspato flusso d’identità, affiora un’interiorità
pagata a caro prezzo. Sebbene la zia Flora, che vuole comportarsi come una vera mamma, ma non ci riuscirà mai e
ogni altro familiare facciano di tutto per farlo sentire a casa, la mancanza
della figura guida diviene peso predominante nell’animo di Fausto. La non
presenza della mamma accanto a lui, l’allontanamento dalla sua città d’origine
e l’affidamento intrafamiliare, destano
in lui un improvviso disorientamento
nell’affrontare le delicate questioni esistenziali di un’età alle soglie della
pubertà.
Persino la
cameretta, da lui stesso definita ‘cella’, è metafora di un percorso che è mare
in tempesta, pur restando un punto di osservazione privilegiato e un porto
sicuro in cui rifugiarsi e dove Fausto avvia l’esperienza del dialogo interiore
con Dio, in attesa di risposte concrete. È lì che ogni notte l’ansia da separazione si fa via via sempre
più pungente, aumenta l’angoscia, i brutti pensieri lo assillano, mille
interrogativi lo agitano, deve conviverci ma fino a quando? Sta arrivando il
Natale, le voci sulla salute della mamma sono sempre più vaghe e Dio è ancora
percepito come assente.
Tuttavia,
se da una parte si sente solo ed inutile come
un oggetto, riluttante e privo di interesse di fronte a qualunque
situazione insolita, dall’altra, i nuovi incontri creano in lui una sorta di
esercizio di libertà, con relazioni di tipo orizzontale tra coetanei e non,
esperienze, sfide e nuove scoperte che lo portano a maturare prima del tempo. In particolare, la vera amicizia instaurata con il suo compagno di scuola Dolce, un
ragazzino di campagna di appena un anno più grande di lui, lo aiuterà a
comprendere le dinamiche di un diverso ambiente sociale, stimolando il sostegno
reciproco e una maggiore attenzione alla virtù della fragilità e della condivisione.
Il tema dell’assenza-presenza genera
il conflitto interiore di un disagio, di una soggettività frantumata e diviene centralità del romanzo.
L’arricchimento lessicale, le sequenze descrittive di personaggi, luoghi e
ambienti e la competenza narrativa nonché
l’abilità propria del Duranti nel raccontare gli eventi, con focalizzazione
interna, in maniera chiara e ben strutturata, rendono partecipe il lettore e lo
coinvolgono emotivamente.
La forte carica espressiva e l’attenzione ai particolari anche più
insignificanti mostrano l’ipersensibilità del piccolo protagonista e i suoi
opposti stati d’animo, tra presente e passato, giorno e notte, conforto e
angoscia ma forte è anche il desiderio di compiacere soprattutto i nuovi amici.
Il romanzo è una storia toccante, imperniata sulla ricchezza di contenuto che fa
riflettere dal punto di vista psicologico: fino a che limite si può sostenere
il peso dell’assenza? Ed è proprio il giorno di Natale che Fausto si ritrova di
fronte all’immagine di una mamma diversa
che non riconosce perché lei stava lì,
assente, con lo sguardo fisso rivolto alle lingue di fuoco che guizzavano nel
camino…
Il regalo che attende da parte dei suoi genitori, alla fine non ha più
senso, perché in realtà preferirebbe avere la mamma di un tempo: una donna di particolare e raffinata bellezza… gli occhi
castani, con intarsi di pagliuzze nocciola, ma con lo sguardo offuscato da un
velo di tristezza, quello stesso velo di tristezza che aleggia di continuo
intorno a lui, imprigionandolo in quel penoso distacco. Nessun bambino dovrebbe
vivere una simile esperienza, soprattutto nell’età dello sviluppo, in cui la
figura della mamma è essenziale ed imprescindibile.