13 set 2013

Madre Teresa di Calcutta

Oggi voglio inserire queste bellissime parole di Madre Teresa di Calcutta, che io amo moltissimo:


Non aspettare di finire l’università,
di innamorarti,
di trovare lavoro,
di sposarti,
di avere figli,
di vederli sistemati,
di perdere quei dieci chili,
che arrivi il venerdì sera o la domenica mattina,
la primavera,
l’estate,
l’autunno o l’inverno.
Non c’è momento migliore di questo per essere felice.
La felicità è un percorso, non una destinazione. Lavora come se non avessi bisogno di denaro,
ama come se non ti avessero mai ferito e balla, come se non ti vedesse nessuno.
Ricordati che la pelle avvizzisce,
i capelli diventano bianchi e i giorni diventano anni.
Ma l’importante non cambia: la tua forza e la tua convinzione non hanno età.
Il tuo spirito è il piumino che tira via qualsiasi ragnatela.
Dietro ogni traguardo c’è una nuova partenza. Dietro ogni risultato c’è un’altra sfida.
Finché sei vivo, sentiti vivo.
Vai avanti, anche quando tutti si aspettano che lasci perdere.

(Madre Teresa di Calcutta)


1 set 2013

Recensione di Pensieri Minimi e Massime di Emanuele Marcuccio

Ancora una recensione di un'opera di Emanuele Marcuccio: 
Pensieri Minimi e Massime: saggezza e lungimiranza.





Nella sua silloge poetica “Per una strada”, pubblicata nel 2009, Emanuele Marcuccio descrive con “Il vascello nel mare in tempesta”( Pag 25) la nostra realtà condivisa dove “la nostra vita s’inabissa”  vana,  senza la guida della fede; un passaggio terreno che scorre esattamente come un “orologio che ha lancette sconnesse, ritorte” (Pag.70). In ogni sua opera, il poeta evoca la figura divina che è in ogni memoria ed anima. Sono certa che dalla stessa scintilla divina abbiano origine i suoi Pensieri Minimi e Massime, Edizioni PhotoCity del 2012,  una raccolta di 88 pensieri che vanno ben oltre il cosiddetto aforisma, in cui con stile sobrio e conciso Emanuele Marcuccio indica l’importanza  non del traguardo finale bensì della preziosità di ogni nostro percorso. Considerando l’etimologia della parola greca aphorismós: definizione, è riduttivo chiamare aforismi i pensieri contenuti in questa raccolta, in realtà essi nascono dalla meditazione e dalla spontaneità del poeta e si traducono in saggezza e lungimiranza,  ricchi d’intensità concettuale, di natura etica e sociale. Marcuccio si affida alla sua personale sensibilità ed esperienza di vissuto per suggerire al lettore una profonda riflessione su sentimenti e quella particolare realtà che è oltre il visibile: “Chi si ferma alle apparenze, ha gli occhi foderati dalle nebbie del pregiudizio” (N.87). Intensa e precisa l’interpretazione del dolore e del silenzio che s’identifica nell’arte stessa della poesia. Ancora una volta ritroviamo lo scorrere del tempo, che è istante e il valore fugace degli attimi di felicità che “ si perdono nella nebbia dei giorni, si perdono nel vento degli anni” (N. 77).
Un’emozione, un ricordo, un semplice particolare  osservato con lo sguardo del cuore, fanno scattare nel poeta la molla dell’ispirazione che si concretizza nel desiderio di creare, comunicare le proprie idee ma soprattutto esprimono il suo grande amore per la poesia; un’arte che diviene forza liberatrice di emozioni che altrimenti rimarrebbero intrappolate nella nostra anima. Con delicato e velato vigore la poesia rischiara l’oscurità degli animi, dà voce ai silenzi interiori,  si trasforma in sondaggio all’interno della propria esperienza di vita, ogni intensa emozione trasfigura, si connette con la matrice profonda di ogni verso del poeta. Emanuele Marcuccio nei suoi Pensieri Minimi e Massime non sermoneggia semmai permette al suo cuore di esprimersi in assoluta libertà, con un distillato del meglio di sé, con garbo e rispetto ci sprona a godere delle bellezze nascoste della vita, richiamando la nostra attenzione a non perdere nulla di ogni nostra esperienza. I suoi pensieri s’imprimono nella nostra anima e suscitano emozioni e riflessioni profonde sull’autentica accezione del nostro essere e la rilevante efficacia dell’amore che rimane sempre “l’unica arma contro il dolore” (N. 8). La breve ed illuminata opera di Marcuccio si mostra incisiva ed efficace, evidente ricerca di evasione da una realtà insoddisfacente verso il sogno, quale superamento figurativo dei limiti della realtà e delle sue contraddizioni. L’ascolto interiore con la complicità della fantasia esorta ad elevarsi.



Susanna Polimanti
Cupra Marittima (AP) 1 settembre 2013

30 ago 2013

Recensione alla silloge di Emanuele Marcuccio: Per una strada

Cari amici, oggi vi presento il poeta palermitano Emanuele Marcuccio, una giovane promessa della nostra poesia contemporanea, con ampio curriculum letterario, destinato ad arricchirsi nel tempo, con i miei migliori auguri!





“ Tutto è passato per una strada, luogo fisico, luogo dell’anima, che è stato trasfigurato dalla mia sensibilità, dalla mia immaginazione, che ho cercato di esprimere con la mia poesia”: parole stupende ed essenziali, scritte da Emanuele Marcuccio, poeta palermitano, nella prefazione alla sua  silloge “ Per una strada” - SBC Edizioni.  La nostra vita è cammino lungo sentieri tortuosi e lineari, un passaggio attraverso il tempo terreno. La poesia di Marcuccio  percorre età e stati d’animo differenti, una mescolanza di presente e passato, ogni aspetto della sua realtà poetica è profondamente legato a forti tradizioni artistiche e culturali della sua terra di origine, nonché alla sua storia personale.
Definirei Emanuele Marcuccio un poeta dallo stile arcaico, un’anima antica che predilige l’essere all’avere, un attento ermeneuta alla continua ricerca filologica; in ogni suo verso è estremamente tangibile l’amore per la parola, la sua lirica palesa un’intensa spiritualità, ricorda le antiche odi greche e latine. Memore delle prestigiose liriche classiche, ai cui autori Marcuccio dedica svariati canti, si fa mentore egli stesso, con parole ardenti e passionali penetra tutto ciò che nel mondo è essenziale, suggerisce coraggio ed infonde speranza. Una vena poetica di altri tempi dunque, espressione di affetti e sentimenti su temi come la patria, l’amore, la natura e la libertà dell’individuo; egli manifesta nei suoi versi emozioni che riflettono la contraddizione del proprio tempo in una società moderna di massa,  parole che respirano atmosfere di degrado ed ingiustizie di un progresso pervaso dall’indifferenza verso ogni creatura dell’universo, che siano animali, eventi o luoghi. La dolce e malinconica consapevolezza della capacità distruttiva dell’uomo si alterna e s’intreccia con voci comuni e tradizionali in versi vivaci e coloriti. La sua lirica è echeggiante e pregiata, pregnante di significati connotativi in un insieme di emozioni, immagini ed effetti che la parola è capace di evocare. Imperante il desiderio di un rifugio interiore che sfocia nella dolce catarsi della poesia. Non a caso nella silloge “Per una strada” ritroviamo spesso il verbo “inabissarsi”, il poeta vive ogni suo verso  esattamente come specchio interiore, visione del mondo e mondo essa stessa, secondo quel ritmo purificatorio che le ha impresso. La sua opera è immagine pura della sua stessa integrità  e fedeltà al momento creativo originale.
Profonda e costante la presenza divina la cui ispirazione è tracciato potente e luminoso dell’evoluzione artistica di Emanuele Marcuccio; un poeta-musico, la cui poesia ritengo possa egregiamente essere accompagnata dal suono di uno strumento musicale e magari cantata in un suggestivo teatro, come affascinante può considerarsi la lettura dei suoi versi.



Susanna Polimanti















20 ago 2013

Miseria

http://www.poetipoesia.info/racconti/miseria/

Lettere mai lette- Recensione del critico letterario Lorenzo Spurio

Grazie!




Lettere mai lette

di Susanna Polimanti
Kimerik, Patti (ME), 2010
Pagine: 71
ISBN: 978-88-6096-548-6
Costo: 12 €

Recensione di Lorenzo Spurio


Ma la vita ti riserva grandi gioie e grandi dolori e per ogni momento felice che ci regala ce ne riserva altrettanti tristi. (p. 59)

Susanna Polimanti, amica, bibliofila e scrittrice, ha esordito nel mondo della letteratura attiva con la pubblicazione di “2 Cuori…una cuccia!!” (Lulu, 2009) ed ha pubblicato poi “Lettere mai lette” (Kimerik, 2010) e il romanzo ampiamente autobiografico “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011).
“Lettere mai lette”, di cui mi occuperò in questa recensione, è un libro particolare nel senso che sembrerebbe un tentativo dell’autrice di rompere il legame tra privato e pubblico nel suo percorso di crescita. L’opera, infatti, si costituisce di una serie di lettere che Susanna ha scritto in diversi momenti della sua vita ed indirizzate a varie persone dalle quali traspaiono sentimenti, tormenti interiori, una profonda solitudine, ma anche l’amore per la vita, per la semplicità, per gli affetti sinceri. Chiaramente i destinatari non sono indicati espressamente, ma chi ha conosciuto da vicino Susanna non farà difficoltà a comprendere a chi erano dedicate queste missive.
La scrittura si configura –come lei stessa ha modo di osservare spesso nei suoi scritti- come una necessità dominante alla quale non si può sottrarre e questo si evince anche dalla presente raccolta epistolare che, appunto, dimostra quanto il legame tra Susanna e la penna non sia qualcosa di recente, ma di profondamente radicato già a partire dall’infanzia. Chi scrive qualcosa può avere in mente qualsiasi cosa, può trasporre il vero, cioè quello che ha realmente vissuto e sperimentato sulla sua pelle, può trasfiguralo o addirittura fingere, camuffare e inventare di sana pianta. Non è mai dato al lettore sapere quanto l’autore abbia lavorato di fantasia, quanto si sia dedicato alla costruzione di fiction piuttosto che incanalare tra le righe semplici esperienze realmente appartenutegli, dunque questo discorso vale anche per questa opera di Susanna. È senz’altro lecito chiedersi se la Susanna protagonista delle lettere che si caratterizza per grande attaccamento alla figura paterna, sincerità, animo profondamente generoso, adolescenza a tratti sprofondata in momenti di tormento e solitudine, sia manifestazione diretta della Susanna donna. È una questione che al lettore non deve importare più di tanto, ma ciò che deve tenere in considerazione, da subito, da quando cioè apre il libro e si tuffa in questa lettura interessante e senz’altro piacevole, è capire che queste lettere, come indica il titolo dell’opera, non sono mai state lette.
Perché? Perché il momento in cui la protagonista vive non si sente talmente coraggiosa di comunicare certi messaggi agli altri e quello che scrive rimane dunque muto? Perché spesso è preferibile sfogarsi con se stessi, stendere nero su bianco i propri tormenti, per ricavarne un lenitivo e fare pace con se stessi? Oppure non sono state lette nel senso che il messaggio recondito delle missive in realtà è stato mandato a quei destinatari, ma per un qualche motivo non è stato colto? Le possibilità qui evocate possono coesistere e, ad ogni modo, ciò che preme sottolineare è che queste lettere, mancando del destinatario, finiscono per essere delle pagine di un diario personale di cui l’autrice ci fa confessione.
Tra le varie lettere ritroviamo l’amore indiscusso per il padre, il dolore per la perdita dell’amica e anche per quella dell’amico a quattro zampe Strauss, a cui è dedicato interamente il primo libro di Susanna, alcuni episodi della vita universitaria e lettere d’amore, altre di rifiuto a proposte d’amore. Tra le righe si legge una grande devozione a Dio e la considerazione della famiglia quale ricchezza terrena e baluardo di difesa; l’amore e l’amicizia sono le torri imperscrutabili dell’universo di Susanna sulle quali si ergono due vessilli che sventolano con forza: la generosità e il vitalismo.
A questo punto chiedo al lettore di scusarmi se posso sembrare contraddittorio con quanto ho testé detto, ma posso assicurare che entrambi questi vessilli che sventolano alti in questo cielo metaforico non sono altro che due delle sfaccettature dell’animo di Susanna. È in quel cielo che a tratti sa essere terso, altre volte nebbioso o addirittura in rivolta, che la protagonista-autrice anela a perdersi: “Vorrei essere un’aquila per volare più in alto, per far piovere su di te la mia calda energia, piena di affetto per te” (47). E l’aquila, che pure ritroviamo –non a caso- nell’ultima produzione letteraria di Susanna, il romanzo dal titolo “Penne d’aquila” (Kimerik, 2011), è forse immagine-metafora della stessa autrice, una donna forte e dalla tempra battagliera, che è lì in alto, ad osservare imperscrutata, a volteggiare nel cielo godendosi la sua libertà.
L’operazione fatta da Susanna con la raccolta di missive è coraggiosa ed encomiabile, perché queste lettere, ripulite da nomi dei destinatari, riferimenti toponomastici e date, tornano a vivere e a trasmettere significati e sentimenti che sono universali.
Riaprire un cassetto e ripescare qualcosa del passato è sempre un’azione positiva. Il processo intellettivo della memoria, azionato da immagini e suggestioni, è in grado di far strada battuta al veloce carro delle emozioni.

Lorenzo Spurio

-scrittore, critico letterario-


Jesi, 18 Agosto 2013


http://blogletteratura.com/2013/08/20/lettere-mai-lette-di-susanna-polimanti-recensione-di-lorenzo-spurio/