L’uomo
che correva vicino al mare è il secondo libro
eccellente del romanziere Ciro Pinto,
di recente pubblicazione con Edizioni
Psiconline (Collana A tu per Tu).
Dopo
il successo del suo primo libro Il
problema di Ivana, questo nuovo romanzo è una conferma della finezza
letteraria di Ciro Pinto che prende
per mano il lettore e lo trasporta dentro le tante pennellate di realtà, tra mille emozioni e stati d’animo di una
sofferta storia di vita.
Il
protagonista Giorgio Perna scopre un segmento di esistenza finora sconosciuto; uomo
sportivo da sempre, ormai prossimo alla sessantina e con
“qualche incertezza nella memoria”, si trova a dover affrontare un
percorso di vita differente che si snoda grazie al filo della memoria più
lontana in una sequela di “non più” e “mai più”, in cui ricordi familiari,
luoghi e oggetti divengono “Testimoni
muti di sogni dispersi dalla furia
della vita” e spezzano la continuità del suo vissuto senza dar luogo a
legami possibili tra ieri e domani. Giorgio ha rimosso ogni evento traumatico
quasi a scongiurare la vecchiaia e la solitudine. Il dolore provato da bambino
per la morte prematura della madre, il ricordo nostalgico del padre ma in
assoluto la dolorosa perdita di sua moglie Eva, sconvolgono tutti i suoi equilibri
sebbene l'esistenza di ogni giorno prosegua. Sfondo tematico è il mare e lungo
la sua riva, Giorgio Perna ama correre quotidianamente “correre […] era la sua risposta a tutte le angosce della vita […]” La sua corsa è una sfida nei confronti di
se stesso e dello scorrere degli anni, teme di doversi riconoscere in un
corpo biologico depauperato del senso
dell’esistere, desidera rifugiarsi nel comodo ruolo di osservatore ma la
realtà gli impone di esprimere ogni emozione con modalità nuove. Nel momento
stesso in cui si sente destabilizzato dai suoi stessi ricordi che lo assalgono
accanto al respiro del mare, inizia in realtà a elaborare i suoi lutti. Giorgio
continua a correre nonostante non sia più un ragazzo, si costringe all’esercizio
fisico per fuggire dai propri pensieri tuttavia, dovrà fare i conti con quei
meccanismi di difesa che hanno impedito l’accettazione del dolore, favorendo la
censura dell’io e procrastinando solo la sua sofferenza.
La
metafora tematica ci appare quale piena consapevolezza del valore energetico,
spirituale e benefico che la vista del mare può svolgere sul dolore interiore, l’acqua
ci riconduce al nostro elemento originario e genera forza. Per Giorgio la riva
del mare è un luogo riservato dove respirare aria di libertà ma presto si renderà
conto che proprio questa sua passione agirà da mediatore mnemonico a livello più profondo per divenire elemento cognitivo
di una sofferenza inconscia.
Il
mare calma le paure dell’ignoto e le ansie della solitudine, Giorgio si affida
ad esso per ricaricare il suo corpo e raggiungere uno stato radioso di
benessere psico-fisico ma ogni dettaglio intorno a lui lo spinge ogni volta ad
ascoltarsi. Ammira il volo di un gabbiano, lo immagina volare felice ma “Sofferenza, dolore e gioia sembravano alternarsi in ogni suo movimento”,
solo una pausa di riflessione dunque, mentre i ricordi sono semisommersi, mai
soppressi, accantonati nei meandri della sua mente e tornano a imporsi
impietosi. Ogni accettazione raggiunta
permette sempre che il destino si compia, la salvezza arriva comunque e viene delegata
ai viventi, per i quali le immagini del passato, foto o ritratti, sono ormai i
fragili testimoni di una vita che non sembra più appartenerci.
Lo
stile del romanzo è molto fluido con tessuto narrativo realistico e
introspettivo, con sequenze dialogiche centellinate all’indispensabile. Ciro Pinto predilige una forma di comunicazione iconica, uno
stile del tutto personale che si centra sulle immagini; un genere di lirismo descrittivo, fortemente emotivo e coinvolgente,
dove l’elemento verbale feconda l’elemento visivo. La narrazione è molto curata
e attenta. Dalla vicenda emergono anche spaccati di città conosciute, ricchi di
riferimenti architettonici introdotti con la leggerezza disinvolta che è
caratteristica fondamentale dell’autore. Questo romanzo ha una sua forza e
specificità che ne costituiscono l’attrattiva per un lettore attento e
desideroso di riscoprire valori importanti
della vita, quali l’amore e il calore di una famiglia, la nostalgia per il
passato, la sofferenza per la perdita di un congiunto e tanto altro ancora.
La
tecnica narrativa con flashbacks in
vari capitoli in perfetta coordinazione tra presente e passato, rende ogni
elemento maggiormente veritiero.
Il
dolore fa parte della nostra vita e non va mai allontanato, neppure quando
genera senso d’impotenza e sofferenza insopportabile. Rimuovere un
evento traumatico vuol dire provocare una reazione a catena, in cui si vengono
a creare ulteriori instabilità emotive e psicologiche, spesso da traumi
irrisolti nascono vere e proprie patologie.
La
vita di ogni individuo è il frutto di tanti percorsi sia personali che
familiari, sicuramente qualcosa si apprende grazie alla trasmissione
intergenerazionale della memoria di chi perdiamo. Ogni perdita di un nostro
caro è sempre un forte dolore ma anche un insieme di frammenti memoriali
privilegiati.
L’immagine dell’uomo Giorgio Perna avvalora la
propensione dello stesso scrittore verso una chiave di lettura positiva della
vita, nonostante i suoi scenari ed eventi contrari.
L’uomo
che correva vicino al mare è un romanzo denso di
sensibilità e di sensazioni inconsce, a tratti dolente ma pur sempre ricco di
quell’autenticità e di quel senso di forte umanità che impregnano ogni romanzo
di Ciro Pinto, uno dei pochi
romanzieri contemporanei in grado di narrare la vita vera, toccando le note più
intime di ogni lettore.