Da
un uomo e un politico dell’800 una preziosa “imbeccata” di alto valore
culturale e sociale.
Il
Marchese “SCOMODO”
è
l’ultima fatica letteraria dello scrittore e giornalista Fabiano Del Papa (ZEFIRO Edizioni- giugno 2015), una biografia di genere memorialistico e storiografica di tipo
moderno che ritrae la figura di un noto personaggio fermano dell’800: il Marchese Giuseppe Ignazio Trevisani.
Senza alcuna incertezza è
il caso di affermare che l’autore sia stato ispirato nello scrivere un’opera
utile a chi la intenda, con misterioso entusiasmo interiore e con efficacia
espressiva, quale doveroso sentimento di riconoscenza che bene ha meritato chi,
per oltre un quarantennio ha utilizzato le sue brillanti quanto complesse qualità,
unicamente con benevolenza verso il prossimo. Attraverso la ricostruzione di un
contesto storico in cui s’inserisce la vicenda umana di un aristocratico di
fervido ingegno “[…] un cuore grande come
una casa” e “Dotato di un senso di umanità particolare”, Del Papa accarezza quel sogno di pace e
di onestà che si tramuta in toni
nostalgici per una suprema potenza morale contrapposta a un sentimento di
estraneità e di non appartenenza a quell’immagine disastrata che, al contrario,
mostra l’uomo di oggi verso il suo Paese. La vita del marchese Trevisani e il
suo intrecciarsi di eventi storici che riguardano non solo una storia privata e
della sua città bensì una memoria
collettiva, costituiscono per il
lettore un indicatore di cammino e di comportamento, un vero e proprio monito, effuso di una particolare attenzione
critica alla politica e alla società, mostrandone ogni contraddizione e mancata
genuinità di principi […] “Giuseppe
Ignazio voleva un’Italia libera e non calpesta. Ed ebbe la fortuna di vederla
così. Se improvvisamente resuscitasse e vedesse com’è ridotta oggi, il nostro
marchese, per quanto forte di carattere e virile nel contegno, scoppierebbe a
piangere disperato”.
La narrazione veritiera
con citazioni di date, luoghi e documenti originali, rende ogni questione
affrontata e le posizioni assunte una reale esigenza dell’autore di avvicinarsi
alla dimensione intima e privata di un uomo di alto prestigio, eticamente
affidabile, che ha lottato per l’unità d’Italia e si è reso portavoce della
fascia più debole della società, mettendo a disposizione persino il suo stesso
patrimonio durante i suoi mandati di Sindaco della città di Fermo. L’autentica
rievocazione delle varie esperienze, tra ideali, correttezza morale e umanità, vengono
qui descritte e illustrate con lo stile
di chi si affida a un linguaggio concreto, a un lessico colloquiale, molto
diretto, quasi confidenziale nei riguardi del lettore e infine di puro affetto ed
estremo rispetto per “una figura non
comune”. Una biografia di un
personalità così controversa e per certi aspetti persino sfuggente, è stata
sicuramente un’impresa difficile ma che ha condotto a ottimi risultati di un
testo piacevolissimo, appassionato e coinvolgente; una trasposizione narrativa che stilla inevitabilmente ammirazione e approvazione.
È vero che il Marchese Giuseppe Ignazio
Trevisani era un fermano ma la testimonianza di un cittadino illustre e
soprattutto “Italiano”, che ha saputo vivere con profonda
convinzione e rigore personale i valori in cui credeva, non può che suscitare
orgoglio e fierezza in chiunque abbia a cuore il destino della propria città, della
sua regione e dell’intera nazione.
La sottile e sagace
capacità dell’autore nel cogliere l’essenza di vita e gli ideali di patriottismo
di un uomo d’altri tempi comporta necessariamente la riflessione su differenze
di spirito e volontà verso un bene comune; un puro caso che il protagonista sia
stato un uomo di alto rango […] “Poteva
capitare con un orologiaio, un medico o
un contadino. È capitato con un aristocratico”. Ogni vicenda umana e
storica viene evocata e sottolineata a chiare lettere, poiché legata a doppio
filo alla stretta attualità, s’identifica con una spontanea
reazione viscerale di fronte a una situazione socio-politica non più
sostenibile. Nasce spontaneo il desiderio, se mai ne avessimo il potere, di far
rinascere un simile temperamento “dall’esistenza
mirabile, nobile e avventurosa”. È come se il marchese in persona si
aggirasse tra le pagine di questo breve e prezioso testo, quasi a dettare un
suo preciso identikit
psico-comportamentale e tra le righe, lanciasse
il suo sguardo scrutatore e disapprovante verso azioni contrastanti del
benessere di un popolo. Sicuramente ai nostri giorni qualunque
amministratore della “cosa pubblica” si sentirebbe infastidito dalla presenza
di un tale personaggio!
Il messaggio è più che
evidente: onestà, correttezza, rispetto,
umanità, soprattutto etica e morale fanno di un qualunque uomo, che sia
benestante o indigente, un valido esempio da seguire. Persino una
personalità dell’800 potrebbe veicolare delle piccole verità, seminare dubbi e
smascherare ipocrisie, attaccando pregiudizi e mettendo in discussioni le
convinzioni.
SUSANNA POLIMANTI
Cupra Marittima, 19.08.2015