Dalla parte del figlio
è il nuovo libro di Giuseppe Filidoro, edito da Bertoni Editore (febbraio 2023),
un romanzo psicologico illuminante e
pregevole. La narrazione si fonde con una minuziosa analisi della parte più
profonda della psiche umana, con estrema delicatezza oltre che con specifica
conoscenza. Dalle sfaccettature comportamentali di ogni protagonista, si evincono tematiche complesse di disagi
‘sommersi’ quali importanti testimonianze di indiscutibile verità. Il romanzo
individua con chiarezza e precisione il valore di equilibri familiari che
coinvolgono una coppia e il rapporto genitori-figli e di come tali relazioni si
ripercuotano su ogni singola esistenza e soprattutto, sull’immagine fornita
verso il mondo esterno.
La
scena quotidiana e rituale della prima colazione è l’incipit descrittivo della
storia, coerente e credibile, di una famiglia tradizionale composta dalla
triade padre, madre e figlio, protagonisti e narratori in prima persona. Ludovico
è un padre molto preso dal lavoro, la sua attività professionale copre la
maggior parte del tempo ed è eccessivamente esigente e meticoloso; Crystal è una
bella donna, madre e moglie premurosa e compiacente ma palesemente insicura, nel
suo tempo libero si diverte a postare le sue foto in rete; Samuele è il figlio quasi
diciannovenne, diligente e coscienzioso che ogni genitore vorrebbe avere, studente
brillante ma poco eloquente, sfuggente e
abbastanza enigmatico: “Quando ho
voglia di estraniarmi dal mondo intorno a me mi concentro sulle mie mani […]Dall’età di cinque anni ho iniziato
a superare i momenti di imbarazzo in questo modo”.
Da
subito entriamo in contatto con l’intimità di un contesto familiare riservato, apparentemente
normale e ben inserito nel tessuto sociale, come tanti altri. «La perfezione in
tutto è l’obiettivo che ognuno dovrebbe avere nel condurre la propria vita» è
il motto vigente quale simbolo di una famiglia felice. La loro esistenza scorre
pacificamente nella convivenza domestica, nel lavoro, nelle amicizie e nello
studio finché non emergono situazioni segrete e non sempre confessabili, che
trasformano quella normalità senza macchia a cui i protagonisti ambiscono, in
una realtà vulnerabile e ingannevole. In particolare, il bagaglio
emotivo e gli strascichi di una mancata affettività nel passato di Ludovico e
Crystal, ricordi e reminiscenze di traumi infantili rimossi come fantasmi ma
mai risolti, sono costantemente presenti. I pensieri, espressi sempre con
monologhi interiori, inconsapevolmente, ingabbiano in meccanismi disfunzionali
che non danno pace, condizionano e determinano ogni futura azione e personale
visione dei fatti.
Al
contrario, la personalità di Samuele, chiamato Sam, poco visibile nella prima
parte del romanzo, si concretizza solo dalla descrizione della sua camera, il
cui accesso è proibito ma dove Crystal entra comunque e di nascosto: “Mi sento
inquieta. In questa camera ci sono un silenzio e un ordine irreale […] Mi
chiedo cosa non conosco di mio figlio”. A quanto pare, Sam è un adolescente
tranquillo, non ha mai causato alcun problema ai suoi genitori, all’ultimo anno
di liceo raggiunge il massimo del profitto tanto da meritare una borsa di
studio per l’Università di Harvard. “Samuele è sempre nella sua camera a
studiare, concedendosi un’uscita solo al sabato sera con i suoi due amici, Dado
e Filippo”, entrambi soggetti strani: Dado ha un carattere un po’ ribelle
mentre Filippo è un ragazzo fragile ma Sam si trova bene con loro, li protegge
e allo stesso tempo, li domina da vero ‘capobranco’. Vanno spesso a giocare a bowling e si eccitano nel fare strike: un gioco che si dimostra
tutt’altro che strumento ludico e di divertimento.
Tutto
è ‘razionale’ nella logica delle emozioni ma l’etichetta della perfezione che
Ludovico ossessivamente pretende da se stesso, dalla moglie nonché dal figlio,
inizia a vacillare. La narrazione suggerisce che l’equilibrio familiare è
indubbiamente fittizio, esiste solo in virtù di un’illusione narcisistica della
famiglia perfetta pertanto, destinato a rompersi. Inizia tutto quando Crystal
scopre l’esistenza di un diario che Sam è solito scrivere quando si chiude in
camera: “Tutti i ragazzi hanno un diario […] Le pagine sono scritte con
caratteri insoliti[.] Le lettere maiuscole sono finemente disegnate, con orli
colorati e volute e le lettere minuscole terminano tutte con una specie di
virgola ricurva, un segno che avverto come minaccioso, non so perché”.
Secondo
la concezione pirandelliana la «trappola della forma che imprigiona l’uomo è la
famiglia» e per Sam, infatti, il suo ambiente familiare è opprimente, pieno di
ipocrisie e menzogne; le personalità dei suoi genitori sono delle illusioni: “Mio
padre e mia madre sono entrambi piuttosto insignificanti, ma in fondo mi sembra
siano buone persone”. Nei suoi scritti Sam si rivela senza inibizioni, non
finge di essere qualcosa di diverso, mostra chiaramente il senso apatico,
frustrato e cinico della sua esistenza nonché la sua predisposizione
aggressiva. Il mondo bello e pulito gli
va stretto, vuole avere più esperienze, manifesta la voglia di riservatezza,
vede i genitori sotto un’ottica completamente diversa. Un atteggiamento quale primo
segnale di un temuto allarme tuttavia, sottovalutato dai suoi genitori. Essere genitori è l’esperienza più difficile
che ci sia, non esiste un manuale istruzioni e può accadere che figure adulte
della famiglia siano esse stesse in difficoltà nell’ affrontare il dolore a
livello emotivo o peggio, abbiano per prime la necessità di essere aiutate.
Dal
punto vista tecnico e strutturale, nella sequenza dei capitoli, sono presenti
sia dialoghi diretti che brevi messaggi di telefonia, a conferma dell’attualità
degli argomenti; il procedimento narrativo è ricco di metafore, simbologie e utilizza
l’analessi, interrompendo il presente per raccontare eventi passati, quali
elementi essenziali per una maggiore comprensione dei fatti. La trama coinvolgente ed emozionante, lo stile e la struttura
ineccepibili, rendono il romanzo una valida esperienza di riflessione e
consapevolezza, oltre che un’ottima lettura.
Da sottolineare gli
aspetti della psicologia delle emozioni e del disturbo psichico, con una naturalezza che determina un passo
avanti, al fine di sdoganare dei temi ancora poco diffusi, dissimulati quasi
sempre dietro la vergogna.
La penna di Filidoro è un
inquieto scatto fotografico che denuda da tutte le angolazioni
e offre una nuova e sorprendente comprensione umana di cause e conseguenze, in
quel concetto fin troppo stereotipato di disagio giovanile, che diventa esistenziale
nel momento in cui manca la realizzazione del Sé futuro e del mondo. Partendo
dalle esperienze genitoriali, ci si rende conto degli infiniti lati oscuri ereditati
e troppo spesso, dietro la trappola del
perfezionismo si celano vere e proprie psicopatologie. Si nasce in
famiglia, si deve poter nascere da una famiglia sana e normale ed è compito della
famiglia introdurre il figlio alla vita e ai rapporti sociali. Ma, soprattutto,
oltre all’amore, è importante l’accettazione dei propri figli, nel rispetto
della loro unicità. La famiglia perfetta non è mai esistita, si rivela un
fallimento anche nella finzione.
Dalla parte del figlio: un’opera dove le problematiche di ‘ferite’ irrisolte danno origine a qualunque cosa… l’interpretazione dell’epilogo della vicenda familiare, più che attendibile, spetta ai lettori.
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