“Canto, che tanto quel di quaggiù avanza/
che, poi che io torna’ al mondo deserto, / ogni dolce armonia m’è dissonanza.”
(Il Quadriregio di Mons.
Federico Frezzi Libro IV 22-120
“Armonie
e dissonanze” (Le Mezzelane Casa Editrice) è la recente opera poetica
del poeta-scrittore Oscar Sartarelli.
In questa raccolta l’ispirazione dell’autore appare ricca e varia, raggiunge una più matura essenzialità e
nettezza d’espressione, nell’evidente tendenza di dare alla poesia una
sensibilità più ampia e attuale, pur rispettando stilisticamente i principi
della poesia tradizionale. La vita
impegna a una riscoperta di sé e delle diverse fasi legate a quei riti di
passaggio che necessitano d’essere affrontati. L’opera si sviluppa ed evolve in
un percorso formativo al contrario, dall’ora del disincanto quale effetto
discordante e in grado di godere dell’attimo, per via del senso di precarietà
di un inevitabile fluire del tempo, al toccare e svelare il suono gradevole che
è corrispondenza di voci, proprio della fase adolescenziale e giovanile “Erano belli il sole [,] / il suono delle
campane/ che annunciava la festa [,] / la carezza della mamma/ e la speranza
nel cuore. “
La
modalità semantica che racchiude i toni, le immagini e la molteplicità dei
motivi richiama alcune tesi del De
brevitate vitae del filosofo Seneca, laddove il poeta insiste sulla
fragilità dell’esistenza e incita a
considerare ogni suo secondo “ti sei mai
chiesto cosa saresti al mondo[,] / se ti mancasse[, così, uno, un sol secondo?”;
addirittura si commuove, nel riconoscere le responsabilità concrete di ognuno di
fronte alla qualità della vita, del nostro Essere e della nostra stessa terra “Stalattiti di tempo/ sedimenti di anima/che
son appesi al tempio/della vita consunta [,] /e si schiantano a terra […] /
quando il cervello scoppia [,] / ed il tutto si spiega”, rappresentandone
così ogni intima meditazione in una luce particolarmente adatta a illuminare,
non solo l’uomo moderno ma semplicemente, l’uomo. La silloge presenta un accrescersi di suggestioni e un
sovrapporsi di significati che, quasi ammonitori, si trasformano in un invito
ad andare all'origine delle parole e del loro valore per ricaricarle di senso. Nei
versi si sottintende una mancata credibilità del nostro mondo, non solo di
valori ma anche e soprattutto di quanti sono chiamati a trasmetterli e da qui
ha origine la reale malinconia dell’autore, che si rifugia nella purezza e
nella profondità del proprio sentire.
Nella
prima lirica della raccolta, l’albeggiare risuona quale arcaico simbolismo
della giovinezza perenne che s’innesca nelle varie faglie del tempo e dell’età,
non per terminare un ciclo bensì per
riscoprirla nel divenire eraclitiano, poiché ogni cosa si muove, muta e si trasforma,
lasciando indietro qualunque momento. La vita e il suo dolce sparire, di fronte
a cui non esiste ribellione ma solo delicata rimembranza, innervano l’universo
poetico del Sartarelli; dai suoi
slanci e tormenti interiori si evince una personalità sensibile seppur dotata
di notevole plasticità psichica. Una tenerezza composta e misurata fan sì che l’io
poetico avverta la solitudine del mondo: “Vuoto
è ora il teatro, eppure sento voci [,] / voce del tempo, frammenti di vita […]
Chiude il sipario [,] ed anch’io più non sono”; echeggiano voci dissonanti
nel momento stesso in cui l’etica si scontra con le tante nostre miserie. Con
sottile ironia il poeta delinea un’anatomia del mondo, coinvolgendola nelle sue
stesse riflessioni “Nulla [,] sei nulla [,]
nessuno si accorge di te [,] / perché tu sei un ammasso di carne/ attaccato
alle ossa.” ma se ne distacca, non rinnega la propria anima, ponendosi al
riparo da quella maschera che si fa autorevole garante del nostro tempo. Quel “puer
aeternus”, che con coraggio rimane fedele al tempo, si trova in uno spazio
intermedio fra lo stato di partenza e di arrivo e “[…] va cercando della vita il suo metro/che più non sia il ruffiano
sentimento”.
Una
metrica sorgiva, mista di versi endecasillabi e settenari, crea un genere di
poesia di facile grazia e ritmo piacevole nonché una sensazione diffusa
d’intesa ed essenza. Sottigliezze
vocali, passionalità, furore giovanile, tra enfasi e modestia, quintessenze
distillate di un’anima pura e onesta,
accenti e sillabe dure e vibrate, realizzano infine quel tema di un incontro con la vita che è radice della poesia “Spero serva questa grama poesia [,] / per
riacciuffare [,] senza far rumore [,] / il vero senso: d’infanzia l’odore!”.
Il tempo è kronos, ma per Oscar Sartarelli è soprattutto kairòs poiché, in realtà, è sempre e
solo la qualità della nostra vita a scandirne lo scorrere incessante di minuti
e di ore e a palesarne i moti dell’anima “Il
ricordo torna ed il cuore arruffa [;] / allora capisci [,] e d’un tratto senti/
che ancora puoi donare sentimenti [,] / e il senso della vita si riacciuffa.”
Infine trovo preziosa la lirica dal titolo “Memento”,
profusa di quella religiosità che scardina anche la mente più indisciplinata,
divenendo il significato più puro dell’affidamento francescano. La poesia è
raccoglimento ed equilibrato rapporto con se stessi verso il raggiungimento
della saggezza “E la luce alza della
nebbia il velo [,] / scoprendo su te l’indaco del cielo”.
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