“Certe notti mi fermo
a parlare con la luna.
Non le dedico versi,
le sussurro nemmeno parole, le dico sguardi che girano il mondo
E lei si volta, mi
mette a parte del segreto
Che è la sua vita dove
non si vede.”
“ La luce, a volte” (Liberilibri di AMA Srl- 2016), recente
opera poetica di Filippo Davoli, è
senza alcun dubbio degna di essere ascritta tra le maggiori produzioni
letterarie del nostro tempo. Il suo valore di certa rilevanza stilistica
rappresenta un modello intellettuale per gli amanti della poesia, per i neofiti
del genere nonché per quanti si accostano alla poesia ancora “imberbi”,
trasformando in mere elucubrazioni mentali la sublimità di tale arte o, peggio,
rimangono ingabbiati in tematiche di massa ”[…]
dove si sporca/la più fitta integrità del dono[,][…]”.
Siamo di fronte a squarci di vera
poesia che denotano una ricchezza di sensibilità e padronanza tecnica del verso
per forma, linguaggio e contenuti dal carattere esegetico e omnicomprensivo. Davoli, serenamente, riesce a
trasformare in poesia anche quegli aspetti impoetici della realtà con le
attenzioni e la delicatezza proprie di chi accarezza un essere amato.
Una poetica melodiosa e garbata che evoca e fissa melodie antiche di
una quotidianità di colori, suoni e tempi di chi sa accettare, sorridere,
tacere con la sua rappresentazione interiore ricostruita, pronta ad
accogliere in sé, a incorporare un mondo esterno. La musicalità e il ritmo del verso sono il risultato di un impegno
onesto e di un’espressione dignitosa, nel rispetto di una metrica modulata
e ben distribuita negli accenti, senza con ciò caricare con particolari
articolazioni ciò che puramente è ispirazione e che approda a una poetica
forte, sincera, pulita ed esatta, di autentica essenzialità anche laddove il
verso si allunga.
L’io poetico si esprime, esplode e implode “Ma forse è della poesia questo farsi/uno in altri[,]io un altro[.] Un
altro io”, si moltiplica, ristabilisce le sue potenzialità relazionali con
gli sfondi quotidiani e trova qui modo di esprimersi liberamente, dandoci un completo
ritratto degli aspetti più o meno buoni di una personalità complessa. Nelle
poesie si evince un superamento del dubbio scettico sulla base
dell’ineliminabile connessione fra pensare ed essere “ Abito nel segreto i miei sogni a colori[.]/ Vivo una vita parallela[,]
a puntate”
Il divino albeggia nell’anima, del finito con l’infinito,
poiché nella parola l’Essere esprime se stesso immediatamente e la poesia è
stato di grazia, di illuminazione, di veggenza e di purezza.
La rivelazione e una lettura
provvidenziale dei
segni del tempo rendono essenziale il valore della poesia e della sua singolare forza carismatica;
la nascita assolutamente incontaminata del poetico, in quanto originario
sgorgo, è anche il più alto sentimento di sacralità “ Ma non privarmi[,]tu[,] del tuo sorriso/che addolcisce la pena[.] Tu
che mi ascolti tremare/ nel delirio del fuoco e dell’aria”.
L’intimismo di una dimensione di
quotidianità, di sfondi di una natura cittadina, di paesaggi abituali, persino
l’incontro con il ricordo dei propri cari, creano immagini di vibrante e
sincera effusione lirica. Il poeta è capace di subitanee illuminazioni,
indubbiamente sostenuto dalla religiosità della contemplazione e da quella luce
ritrovata nell’attesa notturna, silenziosa e trepidante che sembra scavare nel
profondo “Nessuno lo può sapere se non Ti
incontra[.]/ Che la gloria che Ti riveste è la luce/ dei nostri giorni redenti”.
La poesia di Davoli meriterebbe un discorso più ampio e completo che non queste
semplici note. Sicuramente una conoscenza della sua opera non può che arricchire
l’anima umana, dacché il suo tempo non sarà perduto se il nostro spirito
conserva dopo la lettura delle sue liriche, una vivificante leggerezza, data
dall’analisi di una poetica che sa adattarsi a ogni aspetto o momento della sua
attenta psicologia, della sua profonda cultura
e familiarità con concetti e parametri di pensieri tipici anche della
filosofia.